Fino al 13 giugno al MAN protagonista la fotografia
Voci allegre nel buio: a Nuoro l'omaggio di Lisetta Carmi alla Sardegna
Orgosolo, 1976, Stampa ai sali d’argento | Courtesy @ Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti
Samantha De Martin
21/01/2021
Nuoro - La fotografa e l’isola. Con i suoi boschi, i laghi colti nella loro dimensione più arcana, l’entroterra selvaggio. E ancora le donne, i bambini, le famiglie sorprese nella loro quotidianità, un funerale, la “carta musica”, il pane sardo, a sedurre, gustoso, la Leica.
Un dialogo estetico prende forma nelle sale del MAN di Nuoro che tornano ad accogliere i visitatori con una mostra sul capitolo (inesplorato) della fotografia di Lisetta Carmi dedicato alla Sardegna.
Il percorso Voci allegre nel buio. Fotografie in Sardegna 1962-1976 a cura di Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini si colloca nell’ambito della ricerca condotta dal MAN sulla relazione tra i grandi fotografi italiani e l’isola.
Orgosolo - Murales
Un cammino fotografico costruito nel corso di quindici anni di ritorni in Sardegna - dal 1962 al 1976 - trascorsi a documentare e raccontare l’universo sociale dell’isola, ma anche l’avvento del turismo d’élite e il divario tra mondo rurale e modernità, si dipana nel Museo d'arte della Provincia di Nuoro fino al prossimo 13 giugno.
Dal rapporto con la famiglia Piras di Orgosolo - dove nel 1962 Lisetta giunge senza preavviso - il lavoro fotografico dell’autrice in Sardegna si allarga a raggiera verso la Barbagia e il nord dell'isola, fino a raccontare la costruzione - tra speculazione e turismo d’élite - della Costa Smeralda.
Un percorso a più voci scandisce le vicende biografiche delle persone incontrate, ma anche dei luoghi, interessati da una stagione di grandi trasformazioni economiche, culturali, sociali.
Servendosi degli strumenti del “sentire” e del "comprendere" per avvicinare i suoi soggetti, restituendoci intatto, a quasi sessant’anni di distanza, la percezione di un mondo vivo,“capace di nutrire sentimenti di speranza e di entusiasmo per il tempo futuro”, Carmi ci riporta a un contesto antico.
Ed eccoci in un ovile di Orgosolo, dove un pastore si concede una pausa dal lavoro, in basso a sinistra la forma di un braciere, al centro lo sguardo assorto del giovane intento nella lettura di un libro.
Di questa trattazione del lavoro come epica del quotidiano colpiscono una donna che spacca la legna, e ancora le lavoratrici della fabbrica di tappi in sughero di Calangianus.
Calangianus - sugherificio, 1964 | Courtesy @ Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti
Qui le giovani operaie, con un forte senso di individualità e autodeterminazione racchiuso nei volti e nelle mani, attirano l'attenzione di Carmi. D’altra parte, la fotografa genovese di origini ebraiche ha da sempre documentato, nel corso della sua carriera, e con profondo interesse socio-antropologico,le condizioni di marginalità lavorativa ed esistenziale, le situazioni di subordinazione e disagio.
Nel suo racconto antropologico, e al tempo stesso paesaggistico, l’umano e il naturale si fondono fino a sparire l’uno nell’altro.
Non mancano, nei suoi scatti, i bambini di Orgosolo, il cui ruolo appare centrale nella festa della Candelaria e dei quali l’artista coglie il ritmo dinamico dei movimenti - le voci allegre nel buio - l’entusiasmo della ricerca dei doni e la sensazione di febbrile novità in quelle ore di sorpresa e meraviglia.
Orgosolo - festa della candelaria, 1966, Stampa ai sali d’argento | Courtesy @ Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti
Nonostante lo spazio pubblico dei paesi battuti da Carmi sia dominio degli uomini, donne e bambini manifestano una forza performativa che li rende protagonisti, alleati nella costruzione del presente e nella progettazione del futuro, in una suggestiva liturgia della speranza.
Accanto agli scatti in bianco e nero, il percorso presenta una serie inedita di diapositive a colori che ritraggono i paesaggi. Due sezioni della mostra sono dedicate alla serie de I Travestiti (1965-1971) e agli operai del porto di Genova (1964). La prima è frutto degli anni di frequentazione di Lisetta Carmi della comunità dei travestiti di Genova, relegata ai margini della società. La seconda è l'esito di un servizio fotografico del 1964 sui lavoratori del porto del capoluogo ligure, nel quale l’artista denuncia le durissime condizioni del lavoro.
In osservanza delle normi anti-covid il museo resterà aperto dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19.
Nuoro, Sala d'attesa, 1966 | Courtesy © Lisetta Carmi
Leggi anche:
• Lo sguardo appassionato di Lisetta Carmi in 170 scatti
Un dialogo estetico prende forma nelle sale del MAN di Nuoro che tornano ad accogliere i visitatori con una mostra sul capitolo (inesplorato) della fotografia di Lisetta Carmi dedicato alla Sardegna.
Il percorso Voci allegre nel buio. Fotografie in Sardegna 1962-1976 a cura di Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini si colloca nell’ambito della ricerca condotta dal MAN sulla relazione tra i grandi fotografi italiani e l’isola.
Orgosolo - Murales
Un cammino fotografico costruito nel corso di quindici anni di ritorni in Sardegna - dal 1962 al 1976 - trascorsi a documentare e raccontare l’universo sociale dell’isola, ma anche l’avvento del turismo d’élite e il divario tra mondo rurale e modernità, si dipana nel Museo d'arte della Provincia di Nuoro fino al prossimo 13 giugno.
Dal rapporto con la famiglia Piras di Orgosolo - dove nel 1962 Lisetta giunge senza preavviso - il lavoro fotografico dell’autrice in Sardegna si allarga a raggiera verso la Barbagia e il nord dell'isola, fino a raccontare la costruzione - tra speculazione e turismo d’élite - della Costa Smeralda.
Un percorso a più voci scandisce le vicende biografiche delle persone incontrate, ma anche dei luoghi, interessati da una stagione di grandi trasformazioni economiche, culturali, sociali.
Servendosi degli strumenti del “sentire” e del "comprendere" per avvicinare i suoi soggetti, restituendoci intatto, a quasi sessant’anni di distanza, la percezione di un mondo vivo,“capace di nutrire sentimenti di speranza e di entusiasmo per il tempo futuro”, Carmi ci riporta a un contesto antico.
Ed eccoci in un ovile di Orgosolo, dove un pastore si concede una pausa dal lavoro, in basso a sinistra la forma di un braciere, al centro lo sguardo assorto del giovane intento nella lettura di un libro.
Di questa trattazione del lavoro come epica del quotidiano colpiscono una donna che spacca la legna, e ancora le lavoratrici della fabbrica di tappi in sughero di Calangianus.
Calangianus - sugherificio, 1964 | Courtesy @ Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti
Qui le giovani operaie, con un forte senso di individualità e autodeterminazione racchiuso nei volti e nelle mani, attirano l'attenzione di Carmi. D’altra parte, la fotografa genovese di origini ebraiche ha da sempre documentato, nel corso della sua carriera, e con profondo interesse socio-antropologico,le condizioni di marginalità lavorativa ed esistenziale, le situazioni di subordinazione e disagio.
Nel suo racconto antropologico, e al tempo stesso paesaggistico, l’umano e il naturale si fondono fino a sparire l’uno nell’altro.
Non mancano, nei suoi scatti, i bambini di Orgosolo, il cui ruolo appare centrale nella festa della Candelaria e dei quali l’artista coglie il ritmo dinamico dei movimenti - le voci allegre nel buio - l’entusiasmo della ricerca dei doni e la sensazione di febbrile novità in quelle ore di sorpresa e meraviglia.
Orgosolo - festa della candelaria, 1966, Stampa ai sali d’argento | Courtesy @ Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti
Nonostante lo spazio pubblico dei paesi battuti da Carmi sia dominio degli uomini, donne e bambini manifestano una forza performativa che li rende protagonisti, alleati nella costruzione del presente e nella progettazione del futuro, in una suggestiva liturgia della speranza.
Accanto agli scatti in bianco e nero, il percorso presenta una serie inedita di diapositive a colori che ritraggono i paesaggi. Due sezioni della mostra sono dedicate alla serie de I Travestiti (1965-1971) e agli operai del porto di Genova (1964). La prima è frutto degli anni di frequentazione di Lisetta Carmi della comunità dei travestiti di Genova, relegata ai margini della società. La seconda è l'esito di un servizio fotografico del 1964 sui lavoratori del porto del capoluogo ligure, nel quale l’artista denuncia le durissime condizioni del lavoro.
In osservanza delle normi anti-covid il museo resterà aperto dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19.
Nuoro, Sala d'attesa, 1966 | Courtesy © Lisetta Carmi
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