Dal 28 giugno al 29 ottobre artisti contemporanei in mostra a Roma

Da Duchamp a Cattelan. Il Palatino incontra l'arte contemporanea

Vedovamazzei, After Love legno dipinto, 2003, 700 x 650
 

Samantha De Martin

14/06/2017

Roma - Una casetta sbilenca con i pilastri sconnessi e una porta che affaccia sul vuoto, collocata al centro dello Stadio di Domiziano sul Palatino, ammicca con beffarda provocazione ai turisti incuriositi che la ammirano dall'alto. È indubbiamente curioso vedere quest'opera intitolata After Love di Vedovamazzei tra le colonne e i resti di quello che ha rappresentato, un tempo, il tempio del potere nell'antica Roma.
La casa “pericolante” è solo una delle cento opere della mostra Da Duchamp a Cattelan. Arte contemporanea sul Palatino, che dal 28 giugno al 29 ottobre vedrà numerosi artisti - da Marcel Duchamp a Michelangelo Pistoletto, da Marina Abramović a Mario Schifano, da Maurizio Cattelan a Vedovamazzei - “aggirarsi” all'interno dello Stadio Palatino, tra il peristilio inferiore della Domus Augustana e le Arcate Severiane.

Al momento si intravede solo qualche anticipazione tra i pilastri e le monumentali rovine che emanano ancora un fascino che non invecchia. Dal 28 giugno, giorno dell'apertura al pubblico, il percorso artistico sarà invece completo, con le sue grandi installazioni, le sculture, i dipinti, le fotografie e le opere su carta di artisti provenienti da 25 diverse nazioni.

«Questo progetto - spiega Alberto Fiz, curatore della mostra - presenta molte opere commissionate agli artisti e realizzate appositamente per questa esposizione. Abbiamo voluto riproporre il concetto di rovina che gode di vita propria e trasmetttere l'idea di una dimensione quotidiana, al di là della sacralizzazione dello spazio antico che deve diventare parte integrante del nostro paesaggio. Con la loro ironia e con quella provocazione colta, le installazioni si pongono come elementi di nuova analisi, divenendo parte integrante di una nuova archeologia».

L'intero percorso - che consentirà al pubblico di entrare in spazi solitamente inaccessibili - segue tre tematiche essenziali: le installazioni architettoniche in situ - che celebrano l'interessante connubio tra archeologia e arte contemporanea - le Mani, fotografate, disegnate, scolpite, dipinte, straordinaria icona comunicativa, e i Ritratti, elemento simbolo di identità.

«Il gesto vitale degli artisti contemporanei - spiega il capo della Soprintendenza Speciale di Roma, Francesco Prosperetti - aiuta a superare il senso di morte derivante da questi luoghi nei quali la vita è sparita da millenni».
E infatti l'Archipensiero di Gianni Pettena, il Tempio capitolino con una lupa smunta, incapace di allattare i due gemelli, del designer Ugo La Pietra, la Nuvola di Denis Santachiara, e ancora gli ombrelloni “fuori misura” di Mario Airò, lo Space Rendez-vous di Christian Müller, la Diagonale Palatina di Mauro Staccioli si confronteranno con disinvolta ironia con le imponenti architetture dei palazzi imperiali dell'antico colle di Roma, interrogando il visitatore sul senso del tempo e della permanenza.

Maurizio Cattelan stupirà il pubblico con una sorta di telescopio rovesciato, uno specchio-zerbino calpestabile, un'opera, come la definisce il curatore, “per guardoni e guardiani”, posta in una zona di passaggio obbligato, nel tunnel che collega lo Stadio con l'Ovale di Teodorico. L'impronta di Mario Schifano sará, invece, racchiusa in una tela scenografica che celebra la gestualitá.

I lavori provengono dal museo ALT realizzato dall'architetto Tullio Leggeri, lungimirante e appassionato collezionista che ha scelto di esporre, tra le antiche rovine dell'antico colle di Roma, una significativa selezione delle oltre mille opere che costituiscono la sua raccolta.

Da Duchamp a Cattelan. Arte contemporanea sul Palatino è la terza mostra frutto della collaborazione tra la Soprintendenza Speciale di Roma - Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ed Electa, dopo Post Classici, realizzata nel 2013, e Par Tibi, Roma, Nihil, tenutasi lo scorso anno.
Un'occasione certamente insolita per entrare in punta di piedi nell'immortale tempio dell'arte, accendendo un dialogo che magari, chissà, agli antichi non sarebbe parso poi così male.