Gli scatti di Arturo Ghergo, dal Fascismo alla Dolce Vita
 
										
										 
										
										
																		
																	®ARCHIVIO GHERGO | 
																									Alida Valli
															
							30/03/2012
							Roma -  Dal 3 aprile all’8 luglio 2012 il Palazzo delle Esposizioni presenta la mostra “Arturo Ghergo. Fotografie 1930-1959”, oltre 250 scatti del fotografo che più di ogni altro in Italia riuscì ad immortalare la bellezza e l’eleganza dell’alta società degli anni ’30, ’40 e ’50. Stelle del cinema, personaggi dell’alta borghesia, discendenti di nobili casati, furono innumerevoli le celebrità che, in posa davanti all’obiettivo di Arturo Ghergo, cercarono nel suo famoso “tocco” la chiave glamour attraverso la quale lasciarsi ritrarre, in un’epoca in cui le fotografie di moda che incantavano il pubblico dalle pagine di Vogue o Harper’s Bazaar tardavano invece nel nostro Paese a trovare la risposta di riviste specializzate. Ghergo è stato un pioniere della fotografia di moda in Italia. Tra le sue modelle Marella Caracciolo, Consuelo Crespi, Mary Colonna, Josè del Drago, testimonial per le creazioni esclusive delle nascenti case di moda Fontana, Gabriella Sport, Galitzine, Simonetta, Carosa, Gattinoni. Cultore della perfezione e professionista dal gusto impeccabile, Ghergo (1901-1959) inventò un suo stile fatto di sofisticata classicità, costruito attentamente senza  timore delle sperimentazioni, attraverso tagli diagonali, dissonanze spiazzanti, illuminazioni ricercate. Alida Valli, i fratelli Bulgari, Sophia Loren, Silvana Pampanini, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Vittorio Gassman sono solo alcuni dei nomi del ricchissimo archivio del fotografo marchigiano, trasferitosi a Roma ventottenne per aprire il celebre studio di via Condotti, dove realizzò la maggior parte dei suoi lavori. Nella rassegna vi sarà anche uno spazio riservato a Ghergo pittore che, soprattutto negli anni ’50, influenzato in particolar modo dal cubismo picassiano e dall’esperienza futurista e cinematografica, coniugò la ricerca istintiva per l’inquadratura, propria del suo mestiere, con l’esaltazione di un allestimento visivo di più ampia regia, tipico della pittura.						
						
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