A Roma dal 13 febbraio all’11 maggio
In volo con Brancusi alle Uccelliere Farnesiane
![](http://www.arte.it/foto/600x450/45/155089-attachment_direct.jpg)
Brancusi: scolpire il volo I Courtesy Parco Archeologico del Colosseo
Francesca Grego
13/02/2025
Roma - Lo scorso anno il Centre Pompidou lo ha celebrato a Parigi con una mostra senza precedenti. Ora il padre della scultura moderna approda a Roma per un progetto speciale. Le Uccelliere Farnesiane sul Palatino, storica dimora di volatili rari ed esotici, accolgono gli uccelli scolpiti da Costantin Brancusi, che per gli animali signori del cielo nutrì un’autentica fascinazione. Nata dalla collaborazione del Parco Archeologico del Colosseo con il Centre National d’art e de la culture Georges Pompidou, Brancusi: scolpire il volo porta in Italia capolavori come Il Gallo (Le Coq, 1935), L’Uccellino (L’Oiselet, 1928) e Leda (1920/26), insieme a scatti e filmati che raccontano, sempre seguendo il fil rouge degli uccelli, le meno note esperienze di Brancusi nel campo del cinema e della fotografia.
Il celebre scultore declinò il tema dei volatili in versioni differenti nel corso di tutta la sua vita, fino a farne uno dei propri soggetti prediletti. L’artista guardava al mondo della natura e delle origini, ai miti fondatori delle civiltà antiche e alle tradizioni della sua terra natale, l’Oltenia, regione rurale della Romania ai piedi dei Carpazi. Con la loro simbologia sacro-rituale, gli uccelli appaiono come portatori di messaggi divini, in connessione con la sfera celeste. Simboleggiano il volo, il sogno dell’uomo di sfuggire alla propria condizione terrena, in un’ascesa verso l’infinito e la trascendenza: “Non è l’uccello che voglio rappresentare, ma il dono, il volo, lo slancio”. Con una vera e propria rivoluzione del gesto, Brancusi abbandona la tecnica del modellato per l’intaglio diretto del marmo, della pietra, del legno, liberandone l’essenza, “la scintilla dello spirito” che si annida nella materia. Le sue sculture si allontanano così dal modello reale per inventare forme simboliche, connotate da un’impronta mitica e spirituale.
“La figura dell’uccello ricorre nell’opera di Brancusi con particolare insistenza”, osserva Philippe-Alain Michaud, direttore delle Collezioni di cinema sperimentale del Centre Pompidou e curatore della mostra con Alfonsina Russo: “Per lo scultore, tuttavia, non si tratta di rappresentare il volo in sé, ma il levarsi in volo, quindi l’emancipazione della forma dalla materia. Quale luogo migliore delle Uccelliere Farnesiane per esporre un gruppo di opere di Brancusi legate a questo tema?”.
![](http://www.arte.it/foto/orig/45/155091-attachment_direct_3.jpg)
Brancusi: scolpire il volo I Courtesy Parco Archeologico del Colosseo
Negli spazi delle Uccelliere la mostra è scandita in due momenti distinti. Il primo, dedicato unicamente alla scultura, vede opere emblematiche del maestro modernista dialogare con sculture antiche arrivate dal Museo Nazionale Romano, dal Museo Archeologico Nazionale di Venezia e dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia per raccontare come l’arte del passato abbia influenzato la cultura visiva dell’artista. Leda, per esempio, incarna la metamorfosi, il continuo mutare delle forme. Brancusi sovverte il mito antico trasformando Leda in un cigno: il corpo del volatile ricorda quello di una donna che si muove con eleganza e sembra fluttuare nello spazio. Il Gallo, invece, evoca il sorgere del giorno e, nella versione in bronzo, esprime la potenza della luce del cielo, il suo potere di trasformare lo sguardo.
Negli anni Venti e Trenta Brancusi si dedicherà al cinema, il mezzo più adatto a cogliere il movimento e l’effimero, al centro della seconda sezione della mostra. Nei filmati l’artista esalta le qualità plastiche delle sue sculture, che mette in scena in composizioni ricercate, variando angoli di ripresa, illuminazione e inquadrature. Nel film Leda in movimento del 1936 la scultura è colllocata su un grande disco rotante in acciaio lucido che rappresenta la superficie dell’acqua in cui il cigno si riflette e modifica le sue forme all’infinito.
Fotografando Brancusi moltiplica gli scatti per catturare le mutevoli sfumature delle sue opere, impossibili da fissare in un unico fotogramma. Utilizza sfocature, sovraesposizioni e imperfezioni della stampa per restituirne l’immagine più autentica. “Forse aveva ragione”, osserva Man Ray, che lo aveva introdotto ai linguaggi della fotografia e del cinema: “Uno dei suoi uccelli d’oro era stato fotografato con la luce del sole che lo illuminava direttamente, trasformandolo nella sorgente di un’aura radiosa, quasi un’alba, che conferiva alla sua opera un carattere esplosivo”. Abbandonando l’idea di una forma finita, cinema e fotografia proiettano le sculture di Brancusi nella dimensione del tempo: le sue opere appaiono ora come strutture in divenire, in perenne tensione tra genesi e distruzione. Gli uccelli, emancipati dal peso della materia, incarnano questa dinamica nel modo più efficace.
![](http://www.arte.it/foto/orig/f2/155093-attachment_direct_2.jpg)
Brancusi: scolpire il volo I Courtesy Parco Archeologico del Colosseo
“Le Uccelliere Farnesiane, con la loro storia e il loro legame simbolico con il volo, rappresentano la cornice ideale per accogliere le opere di Brancusi, in un dialogo tra antico e moderno che esalta la capacità dell’arte di superare il tempo e lo spazio”, commenta il direttore del Parco Archeologico del Colosseo Alfonsina Russo: “Attraverso questo percorso espositivo, il pubblico potrà immergersi nella visione di un artista che ha saputo reinterpretare la tradizione con uno sguardo rivolto al futuro. Con questa mostra il Parco Archeologico del Colosseo conferma la sua vocazione di luogo di incontro tra culture, sperimentazione e rilettura del passato alla luce delle sensibilità contemporanee”.
Il celebre scultore declinò il tema dei volatili in versioni differenti nel corso di tutta la sua vita, fino a farne uno dei propri soggetti prediletti. L’artista guardava al mondo della natura e delle origini, ai miti fondatori delle civiltà antiche e alle tradizioni della sua terra natale, l’Oltenia, regione rurale della Romania ai piedi dei Carpazi. Con la loro simbologia sacro-rituale, gli uccelli appaiono come portatori di messaggi divini, in connessione con la sfera celeste. Simboleggiano il volo, il sogno dell’uomo di sfuggire alla propria condizione terrena, in un’ascesa verso l’infinito e la trascendenza: “Non è l’uccello che voglio rappresentare, ma il dono, il volo, lo slancio”. Con una vera e propria rivoluzione del gesto, Brancusi abbandona la tecnica del modellato per l’intaglio diretto del marmo, della pietra, del legno, liberandone l’essenza, “la scintilla dello spirito” che si annida nella materia. Le sue sculture si allontanano così dal modello reale per inventare forme simboliche, connotate da un’impronta mitica e spirituale.
“La figura dell’uccello ricorre nell’opera di Brancusi con particolare insistenza”, osserva Philippe-Alain Michaud, direttore delle Collezioni di cinema sperimentale del Centre Pompidou e curatore della mostra con Alfonsina Russo: “Per lo scultore, tuttavia, non si tratta di rappresentare il volo in sé, ma il levarsi in volo, quindi l’emancipazione della forma dalla materia. Quale luogo migliore delle Uccelliere Farnesiane per esporre un gruppo di opere di Brancusi legate a questo tema?”.
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Brancusi: scolpire il volo I Courtesy Parco Archeologico del Colosseo
Negli spazi delle Uccelliere la mostra è scandita in due momenti distinti. Il primo, dedicato unicamente alla scultura, vede opere emblematiche del maestro modernista dialogare con sculture antiche arrivate dal Museo Nazionale Romano, dal Museo Archeologico Nazionale di Venezia e dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia per raccontare come l’arte del passato abbia influenzato la cultura visiva dell’artista. Leda, per esempio, incarna la metamorfosi, il continuo mutare delle forme. Brancusi sovverte il mito antico trasformando Leda in un cigno: il corpo del volatile ricorda quello di una donna che si muove con eleganza e sembra fluttuare nello spazio. Il Gallo, invece, evoca il sorgere del giorno e, nella versione in bronzo, esprime la potenza della luce del cielo, il suo potere di trasformare lo sguardo.
Negli anni Venti e Trenta Brancusi si dedicherà al cinema, il mezzo più adatto a cogliere il movimento e l’effimero, al centro della seconda sezione della mostra. Nei filmati l’artista esalta le qualità plastiche delle sue sculture, che mette in scena in composizioni ricercate, variando angoli di ripresa, illuminazione e inquadrature. Nel film Leda in movimento del 1936 la scultura è colllocata su un grande disco rotante in acciaio lucido che rappresenta la superficie dell’acqua in cui il cigno si riflette e modifica le sue forme all’infinito.
Fotografando Brancusi moltiplica gli scatti per catturare le mutevoli sfumature delle sue opere, impossibili da fissare in un unico fotogramma. Utilizza sfocature, sovraesposizioni e imperfezioni della stampa per restituirne l’immagine più autentica. “Forse aveva ragione”, osserva Man Ray, che lo aveva introdotto ai linguaggi della fotografia e del cinema: “Uno dei suoi uccelli d’oro era stato fotografato con la luce del sole che lo illuminava direttamente, trasformandolo nella sorgente di un’aura radiosa, quasi un’alba, che conferiva alla sua opera un carattere esplosivo”. Abbandonando l’idea di una forma finita, cinema e fotografia proiettano le sculture di Brancusi nella dimensione del tempo: le sue opere appaiono ora come strutture in divenire, in perenne tensione tra genesi e distruzione. Gli uccelli, emancipati dal peso della materia, incarnano questa dinamica nel modo più efficace.
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Brancusi: scolpire il volo I Courtesy Parco Archeologico del Colosseo
“Le Uccelliere Farnesiane, con la loro storia e il loro legame simbolico con il volo, rappresentano la cornice ideale per accogliere le opere di Brancusi, in un dialogo tra antico e moderno che esalta la capacità dell’arte di superare il tempo e lo spazio”, commenta il direttore del Parco Archeologico del Colosseo Alfonsina Russo: “Attraverso questo percorso espositivo, il pubblico potrà immergersi nella visione di un artista che ha saputo reinterpretare la tradizione con uno sguardo rivolto al futuro. Con questa mostra il Parco Archeologico del Colosseo conferma la sua vocazione di luogo di incontro tra culture, sperimentazione e rilettura del passato alla luce delle sensibilità contemporanee”.
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