Una misteriosa scoperta archeologica
L'ultimo enigma di Roma antica riaffiora dalle rive del Tevere: scoperti edifici del I e IV secolo d.C
Una panoramica dello scavo sulle rive del Tevere, nei pressi di Ponte Milvio. Foto: © Romano d’Agostini - Giorgio Cargnel
Samantha De Martin
13/07/2018
Roma - Potrebbe trattarsi di un’antica villa suburbana di epoca tardo antica o, più probabilmente, di un luogo di culto cristiano con annessi due mausolei e alcune sepolture all’aperto.
Quello che è certo, è che i quattro ambienti rinvenuti sulle rive del Tevere, lungo via Capoprati, a pochi passi da Ponte Milvio e dal tracciato delle antiche via Cassia e Flaminia, resta per la Soprintendenza Speciale di Roma un autentico mistero. Motivo per cui il ritrovamnento è stato ribattezzato come “l’enigma di Ponte Milvio”.
Questa volta, infatti, la città eterna restituisce un nuovo tassello di storia, ma non rivela molto circa gli indizi che possano aiutare a risalire all’identità di un altro dei suoi scorci magici e misteriosi. In realtà strutture antiche sono cominciate a venire alla luce nell’autunno scorso durante gli scavi di archeologia preventiva della Soprintendenza Speciale di Roma per i lavori di Areti sui sottoservizi della rete elettrica Acea.
Lo scavo che ha dato alla luce la stratigrafia che dal I arriva al IV secolo d.C., nella suggestiva cornice del fiume Tevere, era stato interrotto prima dell’inverno per ragioni climatiche, per essere ripreso il mese scorso grazie a un finanziamento della Soprintendenza.
Le costruzioni emerse - probabilmente ad uso commerciale considerata la prossimità del fiume - risalirebbero al I-II secolo d.C. Sopra queste, tra il III e il IV secolo, sarebbe stato edificato un complesso che si caratterizza per le ricche decorazioni marmoree e per la presenza di sepolture.
Ambiente L 2 dello scavo. Foto: © Romano d’Agostini - Giorgio Cargnel
Nella complessa stratigrafia che caratterizza lo scavo, è possibile identificare chiaramente due fasi. Le costruzioni più antiche - murature in opera mista cui si affiancano successivamente strutture di notevole ampiezza interamente realizzate con cortina laterizia - risalirebbero alla piena età imperiale (tra I e II secolo dopo Cristo) e sarebbero parte di un edificio più ampio edificio con funzione commerciale. La presenza di scale è un indizio del probabile sviluppo in elevato a più piani degli edifici.
C’è poi una seconda fase che segnerebbe una radicale trasformazione architettonica. Tra il III e il IV secolo d.C. le strutture più antiche secolo sono state rasate e sopra di esse sono state edificate le murature in opera vittata e gli straordinari pavimenti in opus sectile.
L’aula absidata, affiancata su un lato da una stanza rettangolare, regala sui pavimenti e sulle pareti una preziosa decorazione marmorea ancora visibile.
Ambiente H 2 dello scavo. Foto: © Romano d’Agostini – Giorgio Cargnel
Sul lato sud-ovest di questi due ambienti e in stretta relazione con lo spazio absidato, si collocano due costruzioni circolari. Tra i reperti venuti alla luce grazie allo scavo, c'è anche un esteso nucleo cimiteriale caratterizzato da sepolture di varia tipologia architettonica, “alla cappuccina, entro anfore africane tardo antiche e a cupa” spiegano dalla Soprintendenza.
“L’ipotesi che gli edifici tardo antichi venuti alla luce in via Capoprati possano essere un luogo di culto cristiano - si legge in una nota - sarà approfondita e verificata nei prossimi mesi dai tecnici, attraverso l’analisi dei reperti trovati durante lo scavo e con accurate ricerche d’archivio sulle fonti”.
Ambiente B (dettaglio). Foto: © Romano d’Agostini - Giorgio Cargnel
Lo scavo di via Capoprati, diretto da diretto da Marina Piranomonte, rappresenta un’ennesima, eloquente testimonianza della ricchezza e complessità archeologica custodita nel sottosuolo cittadino, che corre dall’antico centro urbano alla fascia esterna alle Mura Aureliane.
Leggi anche:
• La Domus del Centurione all'International Discovery Award
• Una piccola Pompei nel cuore di Roma
Quello che è certo, è che i quattro ambienti rinvenuti sulle rive del Tevere, lungo via Capoprati, a pochi passi da Ponte Milvio e dal tracciato delle antiche via Cassia e Flaminia, resta per la Soprintendenza Speciale di Roma un autentico mistero. Motivo per cui il ritrovamnento è stato ribattezzato come “l’enigma di Ponte Milvio”.
Questa volta, infatti, la città eterna restituisce un nuovo tassello di storia, ma non rivela molto circa gli indizi che possano aiutare a risalire all’identità di un altro dei suoi scorci magici e misteriosi. In realtà strutture antiche sono cominciate a venire alla luce nell’autunno scorso durante gli scavi di archeologia preventiva della Soprintendenza Speciale di Roma per i lavori di Areti sui sottoservizi della rete elettrica Acea.
Lo scavo che ha dato alla luce la stratigrafia che dal I arriva al IV secolo d.C., nella suggestiva cornice del fiume Tevere, era stato interrotto prima dell’inverno per ragioni climatiche, per essere ripreso il mese scorso grazie a un finanziamento della Soprintendenza.
Le costruzioni emerse - probabilmente ad uso commerciale considerata la prossimità del fiume - risalirebbero al I-II secolo d.C. Sopra queste, tra il III e il IV secolo, sarebbe stato edificato un complesso che si caratterizza per le ricche decorazioni marmoree e per la presenza di sepolture.
Ambiente L 2 dello scavo. Foto: © Romano d’Agostini - Giorgio Cargnel
Nella complessa stratigrafia che caratterizza lo scavo, è possibile identificare chiaramente due fasi. Le costruzioni più antiche - murature in opera mista cui si affiancano successivamente strutture di notevole ampiezza interamente realizzate con cortina laterizia - risalirebbero alla piena età imperiale (tra I e II secolo dopo Cristo) e sarebbero parte di un edificio più ampio edificio con funzione commerciale. La presenza di scale è un indizio del probabile sviluppo in elevato a più piani degli edifici.
C’è poi una seconda fase che segnerebbe una radicale trasformazione architettonica. Tra il III e il IV secolo d.C. le strutture più antiche secolo sono state rasate e sopra di esse sono state edificate le murature in opera vittata e gli straordinari pavimenti in opus sectile.
L’aula absidata, affiancata su un lato da una stanza rettangolare, regala sui pavimenti e sulle pareti una preziosa decorazione marmorea ancora visibile.
Ambiente H 2 dello scavo. Foto: © Romano d’Agostini – Giorgio Cargnel
Sul lato sud-ovest di questi due ambienti e in stretta relazione con lo spazio absidato, si collocano due costruzioni circolari. Tra i reperti venuti alla luce grazie allo scavo, c'è anche un esteso nucleo cimiteriale caratterizzato da sepolture di varia tipologia architettonica, “alla cappuccina, entro anfore africane tardo antiche e a cupa” spiegano dalla Soprintendenza.
“L’ipotesi che gli edifici tardo antichi venuti alla luce in via Capoprati possano essere un luogo di culto cristiano - si legge in una nota - sarà approfondita e verificata nei prossimi mesi dai tecnici, attraverso l’analisi dei reperti trovati durante lo scavo e con accurate ricerche d’archivio sulle fonti”.
Ambiente B (dettaglio). Foto: © Romano d’Agostini - Giorgio Cargnel
Lo scavo di via Capoprati, diretto da diretto da Marina Piranomonte, rappresenta un’ennesima, eloquente testimonianza della ricchezza e complessità archeologica custodita nel sottosuolo cittadino, che corre dall’antico centro urbano alla fascia esterna alle Mura Aureliane.
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