Dal 31 gennaio all'8 aprile alle Gallerie Nazionali di Arte Antica
La Madonna Esterházy di Raffaello da Budapest a Palazzo Barberini
Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520), Madonna col Bambino e San Giovannino (Madonna Esterhazy), 1508 ca., Tempera e olio su tavola, 29 x 21.5 cm, Museum of Fine Arts, Budapest | Public Domain
Samantha De Martin
30/01/2018
Roma - Qualcuno, davanti alla piccola tavola in pioppo dalla sontuosa cornice, invoca la bellezza ammiccante e sensuale della Fornarina, che ha da poco lasciato Palazzo Barberini per sua la prestigiosa trasferta bergamasca.
Il dipinto è piccolo - 29 x 21,5 cm - un po’ arcuato, a causa del legno che tende lentamente a recuperare la sua posizione naturale, e probabilmente incompiuto. Ma a guardarla bene, la delicata Madonna Esterházy realizzata da Raffaello intorno al 1508, proveniente dallo Szépművészeti Múzeum di Budapest - il Museo Nazionale di Belle Arti ungherese, dal quale esce molto raramente - segna un momento cruciale nella carriera del maestro, ovvero il passaggio intellettuale dell’artista dal mondo fiorentino a quello romano.
La composizione, con al centro la Madonna con il Bambino in braccio, entrambi rivolti verso il piccolo San Giovanni, inginocchiato e intento a leggere il cartiglio, incarna una delle opere più interessanti e significative dell’intera produzione raffaellesca. L'opera cattura lo spettatore attraverso la sua delicata poetica degli affetti, in cui l’intesa sentimentale dei personaggi è affidata a gesti e a sguardi incrociati.
Le rovine romane sullo sfondo, non presenti nel disegno preparatorio, lasciano pensare che l'intero lavoro sia stato progettato a Firenze, ma concluso immediatamente dopo l’arrivo del pittore a Roma, nel 1508. Il confronto con il disegno conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi - visibile in mostra grazie a una riproduzione in grande formato - evidenzia il momento di passaggio intellettuale dell’artista, da pittore di corte a maestro della fabbrica pontificia.
Nel disegno, infatti, realizzato prima del 1508, quando Raffaello si trovava ancora a Firenze, il fondale presenta elementi tipicamente fiorentini, come le colline e gli alberi. Si tratterebbe quindi di un primo stato, diverso da quello che si scorge sulla tavola in mostra a Palazzo Barberini, dove le antiche rovine di sapore romano, nelle quali si sono voluti riconoscere i resti del Tempio di Vespasiano e della Torre dei Conti nel Foro Romano, alluderebbero al contatto tra Raffaello e la Città eterna.
A indicare i passaggi di proprietà della prestigiosa tavola, da papa Clemente XI Albani a Isabella d’Aviz, dal principe Kaunitz alla famiglia ungherese Esterházy, una scritta sul retro del pannello, anche se la committenza, forse riconducibile a Elisabetta, madre di Maria Teresa d'Asburgo, rimane ancora misteriosa.
Entrata nelle collezioni dello Szépművészeti Múzeum nel 1871, l’opera fu anche al centro di una vicenda rocambolesca: trafugata nel 1983, fu rinvenuta dai Carabinieri in un convento greco abbandonato, nella località di Eghion.
La Madonna di Raffaello condividerà la sala dedicata alla mostra con altre tre significative opere ad essa correlate, per formato e ambiente, proveniente dalle Gallerie Nazionali: la Madonna Hertz di Giulio Romano - allievo prediletto del maestro di Urbino, la Madonna dei garofani e un Gesù Bambino, tele del XVI secolo tratte da Raffaello.
«Ci troviamo davanti a uno dei dipinti più delicati e sentimentali di Raffaello - spiega la curatrice Cinzia Ammannato, che si sofferma sull’importanza per le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini di quello che definisce un “prestito etico”. Il Szépművészeti Múzeum, infatti, rimarrà chiuso per lavori fino all’autunno del 2018, motivo per cui la prestigiosa istituzione non verrà privata di una delle sua opere più illustri.
In realtà, più che di un prestito, si tratta di uno scambio “anticipato”.
«In cambio di tre opere, la Madonna della paglia di Antoon Van Dyck, il San Sebastiano curato dagli angeli di Rubens e Giuditta e Oloferne - anticipa il direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, Flaminia Gennari Santori - che tra tre anni voleranno a Budapest in occasione di una mostra, Palazzo Barberini ospiterà fino all’8 aprile la Madonna Esterházy dell’urbinate. Siamo del parere che gli scambi offrano al museo un ritmo più interessante rispetto al consueto percorso di visita».
A proposito di prestiti, invece, a Palazzo Barberini si fa sentire l’assenza di uno degli sguardi più seducenti dell'arte. In occasione della mostra Raffaello e l’eco del mito, infatti, in corso all’Accademia Carrara di Bergamo, la celeberrima Fornarina ha temporaneamente lasciato la sua dimora romana per sfilare in terra lombarda accanto ad altri 13 capolavori di Raffaello e di altri illustri artisti. Tornerà a casa il prossimo 6 maggio.
Leggi anche:
• Il giovane Raffaello arriva a Bergamo con prestiti importanti
• Raffaello e l'Eco del mito
• Verso il 2020: il mito di Raffaello da Bergamo a Urbino
Il dipinto è piccolo - 29 x 21,5 cm - un po’ arcuato, a causa del legno che tende lentamente a recuperare la sua posizione naturale, e probabilmente incompiuto. Ma a guardarla bene, la delicata Madonna Esterházy realizzata da Raffaello intorno al 1508, proveniente dallo Szépművészeti Múzeum di Budapest - il Museo Nazionale di Belle Arti ungherese, dal quale esce molto raramente - segna un momento cruciale nella carriera del maestro, ovvero il passaggio intellettuale dell’artista dal mondo fiorentino a quello romano.
La composizione, con al centro la Madonna con il Bambino in braccio, entrambi rivolti verso il piccolo San Giovanni, inginocchiato e intento a leggere il cartiglio, incarna una delle opere più interessanti e significative dell’intera produzione raffaellesca. L'opera cattura lo spettatore attraverso la sua delicata poetica degli affetti, in cui l’intesa sentimentale dei personaggi è affidata a gesti e a sguardi incrociati.
Le rovine romane sullo sfondo, non presenti nel disegno preparatorio, lasciano pensare che l'intero lavoro sia stato progettato a Firenze, ma concluso immediatamente dopo l’arrivo del pittore a Roma, nel 1508. Il confronto con il disegno conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi - visibile in mostra grazie a una riproduzione in grande formato - evidenzia il momento di passaggio intellettuale dell’artista, da pittore di corte a maestro della fabbrica pontificia.
Nel disegno, infatti, realizzato prima del 1508, quando Raffaello si trovava ancora a Firenze, il fondale presenta elementi tipicamente fiorentini, come le colline e gli alberi. Si tratterebbe quindi di un primo stato, diverso da quello che si scorge sulla tavola in mostra a Palazzo Barberini, dove le antiche rovine di sapore romano, nelle quali si sono voluti riconoscere i resti del Tempio di Vespasiano e della Torre dei Conti nel Foro Romano, alluderebbero al contatto tra Raffaello e la Città eterna.
A indicare i passaggi di proprietà della prestigiosa tavola, da papa Clemente XI Albani a Isabella d’Aviz, dal principe Kaunitz alla famiglia ungherese Esterházy, una scritta sul retro del pannello, anche se la committenza, forse riconducibile a Elisabetta, madre di Maria Teresa d'Asburgo, rimane ancora misteriosa.
Entrata nelle collezioni dello Szépművészeti Múzeum nel 1871, l’opera fu anche al centro di una vicenda rocambolesca: trafugata nel 1983, fu rinvenuta dai Carabinieri in un convento greco abbandonato, nella località di Eghion.
La Madonna di Raffaello condividerà la sala dedicata alla mostra con altre tre significative opere ad essa correlate, per formato e ambiente, proveniente dalle Gallerie Nazionali: la Madonna Hertz di Giulio Romano - allievo prediletto del maestro di Urbino, la Madonna dei garofani e un Gesù Bambino, tele del XVI secolo tratte da Raffaello.
«Ci troviamo davanti a uno dei dipinti più delicati e sentimentali di Raffaello - spiega la curatrice Cinzia Ammannato, che si sofferma sull’importanza per le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini di quello che definisce un “prestito etico”. Il Szépművészeti Múzeum, infatti, rimarrà chiuso per lavori fino all’autunno del 2018, motivo per cui la prestigiosa istituzione non verrà privata di una delle sua opere più illustri.
In realtà, più che di un prestito, si tratta di uno scambio “anticipato”.
«In cambio di tre opere, la Madonna della paglia di Antoon Van Dyck, il San Sebastiano curato dagli angeli di Rubens e Giuditta e Oloferne - anticipa il direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, Flaminia Gennari Santori - che tra tre anni voleranno a Budapest in occasione di una mostra, Palazzo Barberini ospiterà fino all’8 aprile la Madonna Esterházy dell’urbinate. Siamo del parere che gli scambi offrano al museo un ritmo più interessante rispetto al consueto percorso di visita».
A proposito di prestiti, invece, a Palazzo Barberini si fa sentire l’assenza di uno degli sguardi più seducenti dell'arte. In occasione della mostra Raffaello e l’eco del mito, infatti, in corso all’Accademia Carrara di Bergamo, la celeberrima Fornarina ha temporaneamente lasciato la sua dimora romana per sfilare in terra lombarda accanto ad altri 13 capolavori di Raffaello e di altri illustri artisti. Tornerà a casa il prossimo 6 maggio.
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