Due antiche culture a confronto
Volti di Palmira: in mostra le meraviglie della "sposa del deserto"
Rilievo funerario con ritratto di Batmalkû e Hairan, III secolo d.C., Calcare dorato e dipinto, 47.3 x 16.5 x 53.5 cm, Museo delle Civiltà - Collezioni d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ di Roma
Samantha De Martin
28/06/2017
Udine - Palmira resiste alla furia iconoclasta dell'Isis e guarda con speranza a quella ricostruzione, ci si auspica prossima, che potrebbe portare, sebbene con un complesso e difficile sforzo, al recupero di circa il 99% dello straordinario patrimonio culturale di questa città carovaniera dai contorni mistici, divenuta simbolo di resistenza a fronte della devastante “pulizia culturale” attuata dai miliziani contro un patrimonio che conta i millenni.
È un rassicurante messaggio di speranza quello lanciato dall'archeologo Paolo Matthiae, in occasione della presentazione alla stampa della mostra "Volti di Palmira ad Aquileia"in programma fino al 3 ottobre al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.
AD AQUILEIA UNA MOSTRA INEDITA SU PALMIRA
Si tratta della prima esposizione allestita in Europa e dedicata alla “Venezia delle sabbie”, dopo le distruzioni recentemente perpetrate dal fondamentalismo islamico contro i simboli considerati espressione di eresia e idolatria.
«Palmira ad Aquileia - ha commentato il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini - rinnova in questo straordinario sito archeologico per la terza volta, dopo le mostre sul Bardo di Tunisi e sui tesori dell’antica Persia, l’attenzione verso l’arte ferita. Una sensibilità condivisa dai vertici della Fondazione Aquileia e della Regione Friuli Venezia Giulia, insieme a cui il MiBACT sostiene il progetto che è pienamente in linea con la politica proposta in ambito internazionale dall’Italia».
Sedici pezzi originari della città di Palmira - vivace crocevia di idee, aspirazioni, tradizioni - alcuni dei quali riuniti per la prima volta dopo la loro dispersione nelle collezioni occidentali, si affiancheranno a otto “gioielli” provenienti da Aquileia, a dimostrazione del fatto che, pur nella distanza geografica e stilistico-formale, c'è un medesimo sostrato culturale che unisce i due luoghi, caratterzzato da modelli autorappresentativi e formule iconografiche affini.
Prestiti concessi, tra gli altri, dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme - come la testa ornata da una corona di foglie e bacche di alloro fissata da un medaglione - o dai Musei Vaticani - come la raffinata testa in cui la mansione del sacerdote di Bel è riconoscibile dal copricapo tronco-conico - e ancora dai Musei Capitolini, dal Civico Museo Archeologico di Milano e da una collezione privata, faranno luce sull'identità di una città e dei suoi antichi abitanti.
Muovendosi tra incanto e meraviglia il visitatore potrà apprezzare i volti dei cittadini aquilesi, accanto alla ricchezza delle fibulae e dei diademi delle donne palmirene, agli anelli e agli amuleti, ma anche alle acconciature e agli abiti fortemente influenzati dalla moda greca. Perché, nonostante la loro identità spiccatamente orientale, i rilievi palmireni condividono forme e modalità di auto-rappresentazione comuni a tutto l'Impero romano.
FOTO: VOLTI DI PALMIRA AD AQUILEIA
DUE CULTURE TOLLERANTI
«L'obiettivo di questa mostra - ha spiegato Antonio Zanardi, presidente della Fondazione Aquileia - è quello di portare all'attenzione dell'Europa i danni all'identità dell'uomo e del patrimonio culturale, causati da distruzioni che sono destinate a segnare la vita europea nel corso dei secoli. Sia Palmira che Aquileia erano luoghi di tolleranza e fruttuosa convivenza tra culture e religioni diverse, oltre a essere testimoni del fatto che, diciotto secoli fa, il Mediterraneo rappresentava un'unità integrata non solo dal punto di vista dei commerci, ma anche della circolazione di idee e di canoni artistici».
D'altra parte, mirra e incenso, pepe e avorio, stoffe e perle giungevano a Roma proprio da Palmira che vendeva questi beni di lusso, acquistati dai persiani, in cambio di grano, vino, olio.
Anche Plinio il Vecchio guardava con lungimirante ammirazione a questa “Porta d'Oriente”, definita “nobile per il sito in cui si trova, per le riccezze del suolo, per la piacevolezza delle sue acque”, ma anche “sollecitata dai due maggiori imperi, quello dei Romani e quello dei Parti, quando si scatenano le discordie”.
Ed infatti proprio questa sua posizione, tra Oriente e Occidente, ha da sempre segnato, sin dall'antichità, il destino della“sposa del deserto”, oltre a determinare, come spiega l'archeologo Paul Veyne, «lo stile eclettico della sua arte fortemente permeata di quella tradizione orientale che, sovrapponendosi e mescolandosi all'influenza dell'arte classica greco-romana, grande parte avrà nello sviluppo dell'arte tardo-antica».
“SGUARDI SU PALMIRA”: GLI EMOZIONANTI SCATTI DI ELIO CIOL
Ad affiancarela mostra "Volti di Palmira ad Aquileia", nei nuovi spazi della Domus e Palazzo Episcopale in piazza Capitolo ad Aquielia, saranno i venti scatti inediti di Elio Ciol eseguiti il 29 marzo 1996, prima delle recenti distruzioni.
L'occhio del visitatore potrà perdersi tra la sublime Via Colonnata e l'Arco Severiano, affondare nel Teatro, penetrare all'interno del Santuario e del Tempio di Bel, sconfinando poi nella veduta mozzafiato della Valle delle Tombe.
Inoltre, per tutta la durata della mostra, in piazza Capitolo si potrà ammirare la scultura Le memorie di Zenobia, realizzata dall'artista contemporaneo siriano Elias Naman, un omaggio alla prima e unica regina di Palmira.
NON SOLO MOSTRE: UN CORTO ALL'AQUILEIA FILM FESTIVAL
La celebrazione di Palmira, da parte della colonia romana fondata nel 181 a.C, prosegue, tra incontri e conferenze, con l'Aquileia Film Festival, durante il quale, il 26 luglio, verrà proiettato il cortometraggio "Quel giorno a Palmira". Un'intervista di Alberto Castellani a Khaled al-Asaad, l'archeologo ed ex capo della direzione generale delle antichità e dei musei di Palmira, ucciso per mano dei jihadisti per il suo immenso amore nei confronti del patrimonio culturale della gloriosa città Patrimonio Unesco.
«Mai nella storia dell'uomo, neppure nei momenti più bui dei conflitti mondiali del secolo scorso, il patrimonio culturale dell'umanità aveva subito devastazioni così sistematiche e intenzionali come oggi in Siria e in Iraq» ha commentato l'archeologo Daniele Morandi Bonacossi.
Ma Palmira può farcela, risorgendo dalle sue macerie, molte delle quali fortunatamente recuperabili, come l'araba fenice.
È un rassicurante messaggio di speranza quello lanciato dall'archeologo Paolo Matthiae, in occasione della presentazione alla stampa della mostra "Volti di Palmira ad Aquileia"in programma fino al 3 ottobre al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.
AD AQUILEIA UNA MOSTRA INEDITA SU PALMIRA
Si tratta della prima esposizione allestita in Europa e dedicata alla “Venezia delle sabbie”, dopo le distruzioni recentemente perpetrate dal fondamentalismo islamico contro i simboli considerati espressione di eresia e idolatria.
«Palmira ad Aquileia - ha commentato il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini - rinnova in questo straordinario sito archeologico per la terza volta, dopo le mostre sul Bardo di Tunisi e sui tesori dell’antica Persia, l’attenzione verso l’arte ferita. Una sensibilità condivisa dai vertici della Fondazione Aquileia e della Regione Friuli Venezia Giulia, insieme a cui il MiBACT sostiene il progetto che è pienamente in linea con la politica proposta in ambito internazionale dall’Italia».
Sedici pezzi originari della città di Palmira - vivace crocevia di idee, aspirazioni, tradizioni - alcuni dei quali riuniti per la prima volta dopo la loro dispersione nelle collezioni occidentali, si affiancheranno a otto “gioielli” provenienti da Aquileia, a dimostrazione del fatto che, pur nella distanza geografica e stilistico-formale, c'è un medesimo sostrato culturale che unisce i due luoghi, caratterzzato da modelli autorappresentativi e formule iconografiche affini.
Prestiti concessi, tra gli altri, dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme - come la testa ornata da una corona di foglie e bacche di alloro fissata da un medaglione - o dai Musei Vaticani - come la raffinata testa in cui la mansione del sacerdote di Bel è riconoscibile dal copricapo tronco-conico - e ancora dai Musei Capitolini, dal Civico Museo Archeologico di Milano e da una collezione privata, faranno luce sull'identità di una città e dei suoi antichi abitanti.
Muovendosi tra incanto e meraviglia il visitatore potrà apprezzare i volti dei cittadini aquilesi, accanto alla ricchezza delle fibulae e dei diademi delle donne palmirene, agli anelli e agli amuleti, ma anche alle acconciature e agli abiti fortemente influenzati dalla moda greca. Perché, nonostante la loro identità spiccatamente orientale, i rilievi palmireni condividono forme e modalità di auto-rappresentazione comuni a tutto l'Impero romano.
FOTO: VOLTI DI PALMIRA AD AQUILEIA
DUE CULTURE TOLLERANTI
«L'obiettivo di questa mostra - ha spiegato Antonio Zanardi, presidente della Fondazione Aquileia - è quello di portare all'attenzione dell'Europa i danni all'identità dell'uomo e del patrimonio culturale, causati da distruzioni che sono destinate a segnare la vita europea nel corso dei secoli. Sia Palmira che Aquileia erano luoghi di tolleranza e fruttuosa convivenza tra culture e religioni diverse, oltre a essere testimoni del fatto che, diciotto secoli fa, il Mediterraneo rappresentava un'unità integrata non solo dal punto di vista dei commerci, ma anche della circolazione di idee e di canoni artistici».
D'altra parte, mirra e incenso, pepe e avorio, stoffe e perle giungevano a Roma proprio da Palmira che vendeva questi beni di lusso, acquistati dai persiani, in cambio di grano, vino, olio.
Anche Plinio il Vecchio guardava con lungimirante ammirazione a questa “Porta d'Oriente”, definita “nobile per il sito in cui si trova, per le riccezze del suolo, per la piacevolezza delle sue acque”, ma anche “sollecitata dai due maggiori imperi, quello dei Romani e quello dei Parti, quando si scatenano le discordie”.
Ed infatti proprio questa sua posizione, tra Oriente e Occidente, ha da sempre segnato, sin dall'antichità, il destino della“sposa del deserto”, oltre a determinare, come spiega l'archeologo Paul Veyne, «lo stile eclettico della sua arte fortemente permeata di quella tradizione orientale che, sovrapponendosi e mescolandosi all'influenza dell'arte classica greco-romana, grande parte avrà nello sviluppo dell'arte tardo-antica».
“SGUARDI SU PALMIRA”: GLI EMOZIONANTI SCATTI DI ELIO CIOL
Ad affiancarela mostra "Volti di Palmira ad Aquileia", nei nuovi spazi della Domus e Palazzo Episcopale in piazza Capitolo ad Aquielia, saranno i venti scatti inediti di Elio Ciol eseguiti il 29 marzo 1996, prima delle recenti distruzioni.
L'occhio del visitatore potrà perdersi tra la sublime Via Colonnata e l'Arco Severiano, affondare nel Teatro, penetrare all'interno del Santuario e del Tempio di Bel, sconfinando poi nella veduta mozzafiato della Valle delle Tombe.
Inoltre, per tutta la durata della mostra, in piazza Capitolo si potrà ammirare la scultura Le memorie di Zenobia, realizzata dall'artista contemporaneo siriano Elias Naman, un omaggio alla prima e unica regina di Palmira.
NON SOLO MOSTRE: UN CORTO ALL'AQUILEIA FILM FESTIVAL
La celebrazione di Palmira, da parte della colonia romana fondata nel 181 a.C, prosegue, tra incontri e conferenze, con l'Aquileia Film Festival, durante il quale, il 26 luglio, verrà proiettato il cortometraggio "Quel giorno a Palmira". Un'intervista di Alberto Castellani a Khaled al-Asaad, l'archeologo ed ex capo della direzione generale delle antichità e dei musei di Palmira, ucciso per mano dei jihadisti per il suo immenso amore nei confronti del patrimonio culturale della gloriosa città Patrimonio Unesco.
«Mai nella storia dell'uomo, neppure nei momenti più bui dei conflitti mondiali del secolo scorso, il patrimonio culturale dell'umanità aveva subito devastazioni così sistematiche e intenzionali come oggi in Siria e in Iraq» ha commentato l'archeologo Daniele Morandi Bonacossi.
Ma Palmira può farcela, risorgendo dalle sue macerie, molte delle quali fortunatamente recuperabili, come l'araba fenice.
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