Autrice della scoperta, una dottoranda dell’Università di Ca’ Foscari
Un Bellini in Croazia? Tutto quello che sappiamo sul dipinto ritrovato
Giovanni Bellini (attrib.), Madonna con Bambino, 1455-1465 circa I Courtesy Università Ca' Foscari, Venezia
Francesca Grego
31/10/2023
Venezia - La notizia arriva dalla rivista britannica Burlington Magazine: una giovane studiosa dell’Università Ca’ Foscari di Venezia avrebbe scoperto in Croazia una Madonna con Bambino di Giovanni Bellini finora sconosciuta. Conservata nel piccolo museo del monastero benedettino di Santa Margherita sull’isola di Pag, l’opera è un dipinto su tavola di 54.5 per 44.5 cm e presenta notevoli problemi di conservazione. Ma Beatrice Tanzi, dottoranda in Storia delle Arti in Dalmazia per un viaggio studio, non ha avuto dubbi e ha riconosciuto nel quadro la mano del giovane Bellini, che l’avrebbe eseguito tra il 1455 e il 1465. Se l’attribuzione fosse confermata, si tratterebbe della prima opera realizzata dall’artista per i territori orientali della Serenissima.
“L'importanza peculiare del dipinto - ha spiegato l’autrice della scoperta all’agenzia Adnkronos - è, in primis, che si tratta di un'opera giovanile di quello che sarà il più grande pittore del Quattrocento veneziano, riemersa non dal mercato antiquario, ma nel luogo a cui era verosimilmente destinata”. È da oltre un secolo, infatti, che un dipinto di Bellini non viene ritrovato nella sua sede originaria. “Nonostante lo stato di conservazione variamente compromesso – prosegue la studiosa - le parti sane toccano vertici di commozione acutissimi e sono sufficienti per poterla attribuire con certezza al patriarca della pittura veneziana, collocandosi in quella congiuntura complessa e affascinante dei rapporti precoci con il cognato Andrea Mantegna”.
Noto agli storici croati da circa quarant’anni, ma sconosciuto in ambito internazionale, il quadro era stato attribuito in passato alla bottega di Francesco Squarcione, alla cerchia di Andrea Mantegna e a Bartolomeo Vivarini. Al di là delle estese cadute di colore, le porzioni rimaste integre rivelano una qualità raffinatissima, esente da importanti ridipinture.
La tavola presenta una Madonna con Bambino con in mano un frutto, probabilmente un melograno, e un paesaggio collinare sullo sfondo. Ed è proprio nel paesaggio che Tanzi ha rintracciato uno degli elementi caratteristici della pittura di Bellini: la vegetazione delle colline e i corsi d’acqua prendono forma in tocchi brevi e quasi miniaturistici, come nella Crocifissione del Museo Correr, nell’Uomo dei doloridel Museo Poldi Pezzoli di Milano o nella Madonna Fodor di Parigi.
Il volto imbronciato del piccolo Gesù ricorda invece l’angioletto che sorregge il Cristo sulla sinistra nella Pietà del Museo Correr, ma anche il Bambino della Madonna Davis del Metropolitan Museum di New York, o della Madonna con Bambino del Rijksmuseum di Amsterdam.
Il viso della Vergine, per quanto più compromesso, è stato ricondotto dalla studiosa alle figure femminili presenti nella Natività della Vergine della Galleria Sabauda di Torino o a quelli della Sant’Orsola con le compagne e la donatrice delle Gallerie dell’Accademia e della Madonna Johnson del Philadelphia Museum of Art, nelle quali si può cogliere ancora l’intreccio con le opere mature del padre Jacopo, come la Madonna dei cherubini.
Come è facile immaginare, non abbiamo notizie certe su come e perché il dipinto sia arrivato in Dalmazia. L’ipotesi è che anticamente fosse collocato nella cappella di San Nicola, all’interno della chiesa del monastero di Pag, e che fosse inserito in una carpenteria a cuspide, forse come parte di un trittico o di un polittico, anche se, sottolinea Tanzi, i frammenti di pittura presenti negli angoli superiori della tavola sembrano escludere questa possibilità.
Sulla scorta di ricerche condotte dal croato Emil Hilje, la studiosa di Ca’ Foscari ha ipotizzato un legame dell’opera con la famiglia Mišolić (latinizzato in De Missolis), tra le più in vista sull’isola di Pag tra il Quattrocento e il Cinquecento. A commissionarla potrebbe essere stato Giorgio Mišolić, nobile e membro del Gran Consiglio della città, conte palatino, capitano di galea e incaricato di dirimere le questioni legate alla vendita del sale a Venezia.
Mišolić, inoltre, aveva avuto un ruolo di rilievo nella costruzione della nuova chiesa delle benedettine a Pag, commissionando a Giorgio Dalmata, il più grande architetto e scultore della Dalmazia, una cappella al suo interno. È molto probabile che un personaggio della sua statura economica e culturale avesse dimestichezza con i circuiti artistici più innovativi nella Venezia quattrocentesca, dei quali Giovanni Bellini fu la punta di diamante.
“L'importanza peculiare del dipinto - ha spiegato l’autrice della scoperta all’agenzia Adnkronos - è, in primis, che si tratta di un'opera giovanile di quello che sarà il più grande pittore del Quattrocento veneziano, riemersa non dal mercato antiquario, ma nel luogo a cui era verosimilmente destinata”. È da oltre un secolo, infatti, che un dipinto di Bellini non viene ritrovato nella sua sede originaria. “Nonostante lo stato di conservazione variamente compromesso – prosegue la studiosa - le parti sane toccano vertici di commozione acutissimi e sono sufficienti per poterla attribuire con certezza al patriarca della pittura veneziana, collocandosi in quella congiuntura complessa e affascinante dei rapporti precoci con il cognato Andrea Mantegna”.
Noto agli storici croati da circa quarant’anni, ma sconosciuto in ambito internazionale, il quadro era stato attribuito in passato alla bottega di Francesco Squarcione, alla cerchia di Andrea Mantegna e a Bartolomeo Vivarini. Al di là delle estese cadute di colore, le porzioni rimaste integre rivelano una qualità raffinatissima, esente da importanti ridipinture.
La tavola presenta una Madonna con Bambino con in mano un frutto, probabilmente un melograno, e un paesaggio collinare sullo sfondo. Ed è proprio nel paesaggio che Tanzi ha rintracciato uno degli elementi caratteristici della pittura di Bellini: la vegetazione delle colline e i corsi d’acqua prendono forma in tocchi brevi e quasi miniaturistici, come nella Crocifissione del Museo Correr, nell’Uomo dei doloridel Museo Poldi Pezzoli di Milano o nella Madonna Fodor di Parigi.
Il volto imbronciato del piccolo Gesù ricorda invece l’angioletto che sorregge il Cristo sulla sinistra nella Pietà del Museo Correr, ma anche il Bambino della Madonna Davis del Metropolitan Museum di New York, o della Madonna con Bambino del Rijksmuseum di Amsterdam.
Il viso della Vergine, per quanto più compromesso, è stato ricondotto dalla studiosa alle figure femminili presenti nella Natività della Vergine della Galleria Sabauda di Torino o a quelli della Sant’Orsola con le compagne e la donatrice delle Gallerie dell’Accademia e della Madonna Johnson del Philadelphia Museum of Art, nelle quali si può cogliere ancora l’intreccio con le opere mature del padre Jacopo, come la Madonna dei cherubini.
Come è facile immaginare, non abbiamo notizie certe su come e perché il dipinto sia arrivato in Dalmazia. L’ipotesi è che anticamente fosse collocato nella cappella di San Nicola, all’interno della chiesa del monastero di Pag, e che fosse inserito in una carpenteria a cuspide, forse come parte di un trittico o di un polittico, anche se, sottolinea Tanzi, i frammenti di pittura presenti negli angoli superiori della tavola sembrano escludere questa possibilità.
Sulla scorta di ricerche condotte dal croato Emil Hilje, la studiosa di Ca’ Foscari ha ipotizzato un legame dell’opera con la famiglia Mišolić (latinizzato in De Missolis), tra le più in vista sull’isola di Pag tra il Quattrocento e il Cinquecento. A commissionarla potrebbe essere stato Giorgio Mišolić, nobile e membro del Gran Consiglio della città, conte palatino, capitano di galea e incaricato di dirimere le questioni legate alla vendita del sale a Venezia.
Mišolić, inoltre, aveva avuto un ruolo di rilievo nella costruzione della nuova chiesa delle benedettine a Pag, commissionando a Giorgio Dalmata, il più grande architetto e scultore della Dalmazia, una cappella al suo interno. È molto probabile che un personaggio della sua statura economica e culturale avesse dimestichezza con i circuiti artistici più innovativi nella Venezia quattrocentesca, dei quali Giovanni Bellini fu la punta di diamante.
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