Boetti Salvo. Vivere lavorando giocando

Alighiero Boetti e Salvo Vernazza, 1969. Foto di Anne Marie Sauzeau

DAL 09/04/2017 AL 23/07/2017

Lugano

LUOGO: Lugano - Piazza Bernardino Luini 6 | Museo MASI Museo della Svizzera italiana

ORARI: Da martedì a domenica 10-18. Giovedì fino alle 20. Lunedì chiuso

COSTO DEL BIGLIETTO: Intero CHF 15, ridotto CHF 10

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +41 058 866 4230

E-MAIL: info@masilugano.ch

SITO UFFICIALE: http://www.masilugano.ch/

ARTISTI: Alighiero Boetti, Salvo


L’esposizione “Boetti/Salvo. Vivere lavorando giocando” presenta circa centocinquanta opere e si avvale di prestiti internazionali concessi dall’Archivio Alighiero Boetti di Roma, dall’Archivio Salvo di Torino, da musei e gallerie e collezioni private.

La prima parte dell’esposizione si concentra sul dialogo e lo scambio di matrice concettuale tra i due artisti al volgere degli anni ‘70, periodo d’intensissima frequentazione nel clima di generale rinnovamento della Torino dell’Arte povera, allora animata da spazi vitali e innovativi quali le 2/6 gallerie Sperone, Notizie e Christian Stein. In questi anni Boetti è orientato verso una costante riformulazione della sua identità d’artista: l’idea di autorialità, di messa in scena del soggetto nel suo raddoppiarsi, moltiplicarsi o perdersi è ossessivamente presente nella sua ricerca.

Parallelamente il tempo, inteso sia come oggetto di riflessione sia come attiva forza creatrice, diviene motivo di sfida e confronto costante. Nello stesso periodo prende avvio la fascinazione per l’“ordine e disordine” dei fenomeni della realtà indagati da Alighiero alla ricerca di un sistema di regole, leggi, criteri ordinatori che, applicati a parole e immagini, dettino la configurazione dell’opera su spazi bidimensionali.

Per Salvo gli anni a cavallo tra il 1969 e i primi ‘70 rappresentano il momento dell'affermazione della propria identità e l’assunzione del proprio Ego a soggetto di riferimento e di celebrazione del sé attraverso un processo di autostoricizzazione venato d’ironia. Fino al 1972 circa, lavori fotografici di matrice concettuale si alternano alle lapidi e ai ricami caratterizzati da iscrizioni di parole e frasi. Attorno al 1973 Salvo, noto per la sua memoria prodigiosa e il suo sapere enciclopedico, vira verso una pittura figurativa intrisa di riferimenti alla storia dell’arte, scelta del tutto insolita in quella stagione di concettualismo dominante.

Sia Boetti sia Salvo si interrogano dunque, pur con accezioni e modalità diverse, sulla rappresentazione del sé, sulla loro identità di individui e di artisti mantenendo sempre fisso lo sguardo sulla complessità del reale (Boetti) e sul mistero dell’arte (Salvo). Nelle prime sezioni il percorso espositivo si articola in capitoli quali “Immagine del sé”, “Fare frasi”, “Tautologie”, “Pensare il tempo” e “Mappe”, in cui le opere dei due artisti dialogano direttamente.

La seconda parte della mostra, dal titolo “Infinita varietà del tutto”, mette a fuoco, invece, gli sviluppi successivi delle rispettive ricerche condotte ormai in modo completamente autonomo, l’allestimento tiene conto, dunque, della progressiva distanza venutasi a creare tra i due artisti. A partire dal 1972, anno del trasferimento di Boetti a Roma, rimane tra i due artisti una comune adesione a temi quali l’identità, il viaggio o la morte, ma è la concezione stessa della superficie bidimensionale nell’uno e della pittura nell’altro a dividerli irrimediabilmente. Salvo, da metà degli anni Settanta, si dedica al mezzo pittorico in modo totalizzante, mentre Boetti si orienta, sebbene non esclusivamente, verso la pratica concettuale della proliferazione e della delega assegnando cioè ad assistenti, collaboratori e artigiani, a volte a lui sconosciuti, la realizzazione delle opere, spesso concepite in serie, cicli o varianti. Entrambi aprono la strada a una molteplicità di linguaggi e tecniche offrendo un fondamentale contributo alla riflessione concettuale degli anni ‘60 e ‘70 del Novecento. Boetti e Salvo rimangono ancora oggi figure di riferimento per le generazioni di artisti postconcettuali del ventunesimo secolo.

Agata Boetti, dell’Archivio Alighiero Boetti, e Norma Mangione con Cristina Tuarivoli, dell’Archivio Salvo, hanno svolto un ruolo essenziale nella preparazione della mostra. Le preziose informazioni e i materiali, talvolta inediti, generosamente messi a disposizione hanno costituito un valore fondamentale per il progetto espositivo.


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