Allyson Strafella. viveka
Dal 20 Maggio 2021 al 28 Agosto 2021
Milano
Luogo: Galleria Raffaella Cortese
Indirizzo: Via A. Stradella 4
Telefono per informazioni: +39 02 2043555
E-Mail info: galleria@raffaellacortese.com
Sito ufficiale: http://raffaellacortese.com
Il disegno è protagonista e trait d’union fra le tre mostre personali di Silvia Bächli, Jessica Stockholder e Allyson Strafella negli spazi di Galleria Raffaella Cortese dal 20 maggio 2021. Il medium viene esercitato da ciascun artista differentemente, ma con il desiderio condiviso di varcare i confini del foglio di carta e superare i limiti della cornice e della bidimensionalità. Il disegno, in tutte e tre le mostre, assume una dimensione installativa ed esprime un desiderio di osmosi con lo spazio che abita.
In via Stradella 4 Allyson Strafella, con cui la galleria collabora dal 2016, presenta la sua prima personale, dopo la mostra realizzata a quattro mani con Helen Mirra nel 2016, fieno fieno fieno, da cui è nato il progetto presentato dalle due artiste ad Art Basel nel 2019.
Il titolo della mostra, viveka, viene dall'antica lingua Pali. È un termine che per Strafella descrive l'esperienza dell'ultimo anno. Nonostante esistano diverse traduzioni del termine, quella con cui l'artista si immedesima si riferisce ai concetti di 'seclusion + absorption' (isolamento + assorbimento, nelle parole dello studioso buddista Gil Fronsdal). Lo scorso anno ci ha visti rifugiarci, stare a casa, e vivere soli con noi stessi a causa della pandemia. Anche se sia stato spiacevole per molti, il tempo in isolamento dal mondo è stato occasione per immergersi nella pratica – la pratica della mediazione, la pratica del disegno. Lo studio di Strafella è stato un gradito rifugio per impegnarsi in questo concetto di isolamento + assorbimento.
Negli anni la ricerca di Strafella ha abbracciato la scultura, la scrittura e il lavoro su carta. Le opere “digitate”, per cui l'artista è più nota, riescono a fondere tutte queste dimensioni in una sintesi estetica coerente e riconoscibile sin dai primi anni ‘90. Strafella applicò la ripetizione di simboli tipografici battuti a macchina – due punti, parentesi, trattini brevi e lunghi – inizialmente motivata dai prodotti del suo uso improprio della macchina da scrivere. Ha poi iniziato a digitare per produrre un risultato puramente visivo, sviluppando un proprio linguaggio in cui le parole hanno lentamente lasciato la pagina e ciò che è rimasto è il disegno.
“Nel 2003”, racconta l’artista, “ho lavorato in un’azienda agricola biologica. Guidare un trattore, segnando la terra con motivi molto simili a quelli che producevo con la macchina da scrivere, è stata un’esperienza liberatoria per la mia concezione del disegno. Dopo aver considerato, per anni, lo spazio dei miei disegni come forme di paesaggio, disegnare su venticinque acri ha avuto un significato particolare per me. Non ci sono limiti al disegno nella mia mente, ed è con questa nozione di campo espanso, letteralmente e retoricamente, che interagisco con il mondo attraverso il mio lavoro”. – Allyson Strafella, 2019.
Nell'evolversi della sua ricerca più recente, le opere di Strafella hanno trovato nuove dimensioni fisiche. Il processo di marcatura è diventato sempre più essenziale fino a scomparire del tutto. Ciò che rimane è la carta, piegata o rifilata, resa superficie solida dalla trama di colori, in tonalità che si animano nella combinazione delle opere con altri disegni, forme e condizioni nello spazio.
Le forme che si possono intravedere in molti disegni sembrano essere il risultato di un’osservazione diversa dell’ambiente circostante. In un anno che ha trasformato così profondamente il nostro rapporto con l'esterno, l'isolamento + assorbimento rappresentato da viveka si è dimostrato essenziale.
Allyson Strafella è nata a Brooklyn (NY) nel 1969. Vive e lavora a Hudson (NY). Allyson Strafella ha realizzato disegni attraverso l’uso della sua macchina da scrivere sin dai primi anni ‘90. Con pazienza e costanza ha sviluppato un linguaggio visivo unico e personale che disegna frasi e scrive immagini nella costante affermazione e negazione della forma. Battere a macchina è un’azione cadenzata che scandisce il passare del tempo: imprimendo la carta emergono le forme astratte che rimandano al suo intimo legame con la natura, ai paesaggi, ai campi e all’alternarsi delle stagioni. Le opere di Strafella sono state esposte a livello internazionale; tra le mostre più recenti ricordiamo Rock me baby, CAC Centre Art Contemporain Yverdon-les-Bains, Svizzera (2020); New Typographics: Typewriter Art as Print, The Print Center, Philadelphia, Pennsylvania (2019); Allyson Strafella. wander, Sleeper, Edinburgo, Scozia (2018); Spatial Flux: Contemporary Drawings from the JoAnn Gonzalez Hickey Collection, Gregory Allicar Museum of Art, Colorado State University, Fort Collins, Colorado (2018). L’artista è presente nelle collezioni di importanti musei come il Metropolitan Museum of Art, New York; il MoMA Museum of Modern Art, New York; il Fogg Art Museum, Harvard University, Cambridge, Massachusetts; l’Hammer Museum, Los Angeles, il Yale University Art Museum, New Haven, Connecticut e altre collezioni pubbliche e private. Strafella è stata Workspace Program artist-in-residence al Dieu Donné nel 2007 e ha attivamente partecipato a programmi di residenze artistiche al MacDowell Colony, Peterborough, Inghilterra (2002); a Yaddo, Saratoga Springs, New York (2001) e alla Skowhegan School of Painting & Sculpture, Maine (1995). Tra i maggiori riconoscimenti si ricorda la Guggenheim Fellowship e il Pollock-Krasner Foundation Grant.
In via Stradella 4 Allyson Strafella, con cui la galleria collabora dal 2016, presenta la sua prima personale, dopo la mostra realizzata a quattro mani con Helen Mirra nel 2016, fieno fieno fieno, da cui è nato il progetto presentato dalle due artiste ad Art Basel nel 2019.
Il titolo della mostra, viveka, viene dall'antica lingua Pali. È un termine che per Strafella descrive l'esperienza dell'ultimo anno. Nonostante esistano diverse traduzioni del termine, quella con cui l'artista si immedesima si riferisce ai concetti di 'seclusion + absorption' (isolamento + assorbimento, nelle parole dello studioso buddista Gil Fronsdal). Lo scorso anno ci ha visti rifugiarci, stare a casa, e vivere soli con noi stessi a causa della pandemia. Anche se sia stato spiacevole per molti, il tempo in isolamento dal mondo è stato occasione per immergersi nella pratica – la pratica della mediazione, la pratica del disegno. Lo studio di Strafella è stato un gradito rifugio per impegnarsi in questo concetto di isolamento + assorbimento.
Negli anni la ricerca di Strafella ha abbracciato la scultura, la scrittura e il lavoro su carta. Le opere “digitate”, per cui l'artista è più nota, riescono a fondere tutte queste dimensioni in una sintesi estetica coerente e riconoscibile sin dai primi anni ‘90. Strafella applicò la ripetizione di simboli tipografici battuti a macchina – due punti, parentesi, trattini brevi e lunghi – inizialmente motivata dai prodotti del suo uso improprio della macchina da scrivere. Ha poi iniziato a digitare per produrre un risultato puramente visivo, sviluppando un proprio linguaggio in cui le parole hanno lentamente lasciato la pagina e ciò che è rimasto è il disegno.
“Nel 2003”, racconta l’artista, “ho lavorato in un’azienda agricola biologica. Guidare un trattore, segnando la terra con motivi molto simili a quelli che producevo con la macchina da scrivere, è stata un’esperienza liberatoria per la mia concezione del disegno. Dopo aver considerato, per anni, lo spazio dei miei disegni come forme di paesaggio, disegnare su venticinque acri ha avuto un significato particolare per me. Non ci sono limiti al disegno nella mia mente, ed è con questa nozione di campo espanso, letteralmente e retoricamente, che interagisco con il mondo attraverso il mio lavoro”. – Allyson Strafella, 2019.
Nell'evolversi della sua ricerca più recente, le opere di Strafella hanno trovato nuove dimensioni fisiche. Il processo di marcatura è diventato sempre più essenziale fino a scomparire del tutto. Ciò che rimane è la carta, piegata o rifilata, resa superficie solida dalla trama di colori, in tonalità che si animano nella combinazione delle opere con altri disegni, forme e condizioni nello spazio.
Le forme che si possono intravedere in molti disegni sembrano essere il risultato di un’osservazione diversa dell’ambiente circostante. In un anno che ha trasformato così profondamente il nostro rapporto con l'esterno, l'isolamento + assorbimento rappresentato da viveka si è dimostrato essenziale.
Allyson Strafella è nata a Brooklyn (NY) nel 1969. Vive e lavora a Hudson (NY). Allyson Strafella ha realizzato disegni attraverso l’uso della sua macchina da scrivere sin dai primi anni ‘90. Con pazienza e costanza ha sviluppato un linguaggio visivo unico e personale che disegna frasi e scrive immagini nella costante affermazione e negazione della forma. Battere a macchina è un’azione cadenzata che scandisce il passare del tempo: imprimendo la carta emergono le forme astratte che rimandano al suo intimo legame con la natura, ai paesaggi, ai campi e all’alternarsi delle stagioni. Le opere di Strafella sono state esposte a livello internazionale; tra le mostre più recenti ricordiamo Rock me baby, CAC Centre Art Contemporain Yverdon-les-Bains, Svizzera (2020); New Typographics: Typewriter Art as Print, The Print Center, Philadelphia, Pennsylvania (2019); Allyson Strafella. wander, Sleeper, Edinburgo, Scozia (2018); Spatial Flux: Contemporary Drawings from the JoAnn Gonzalez Hickey Collection, Gregory Allicar Museum of Art, Colorado State University, Fort Collins, Colorado (2018). L’artista è presente nelle collezioni di importanti musei come il Metropolitan Museum of Art, New York; il MoMA Museum of Modern Art, New York; il Fogg Art Museum, Harvard University, Cambridge, Massachusetts; l’Hammer Museum, Los Angeles, il Yale University Art Museum, New Haven, Connecticut e altre collezioni pubbliche e private. Strafella è stata Workspace Program artist-in-residence al Dieu Donné nel 2007 e ha attivamente partecipato a programmi di residenze artistiche al MacDowell Colony, Peterborough, Inghilterra (2002); a Yaddo, Saratoga Springs, New York (2001) e alla Skowhegan School of Painting & Sculpture, Maine (1995). Tra i maggiori riconoscimenti si ricorda la Guggenheim Fellowship e il Pollock-Krasner Foundation Grant.
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