Fino al 19 maggio al Palazzo Vescovile di Portogruaro
La dogaressa, tra storia e mito, si racconta in una mostra
Francesco Pavona, Dogaressa Pisana Corner, 1763 circa, Pastello su carta, Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo
Samantha De Martin
15/02/2024
Venezia - La si potrebbe considerare una sorta di first lady ante litteram nel luminoso contesto della Serenissima.
Promotrice di progettualità imprenditoriali e di diverse altre iniziative innovative e visionarie arrivate fino a noi, importatrice talvolta di mode forestiere, la dogaressa, consorte del doge veneziano, si racconta in una mostra in corso fino al 19 maggio al Palazzo Vescovile di Portogruaro.
Coordinata da Chiara Squarcina, dirigente Attività Museali della Fondazione MUVE, coadiuvata da Pietroluigi Genovesi e curata, per MUVE, da Daniele D’Anza e Luigi Zanini, e per il Distretto Turistico Venezia Orientale da Pierpaola Mayer, l’esposizione La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento esplora, in cinque sezioni, la venezianità al femminile attraverso un’antologia di episodi estrapolati dalla vita di alcune tra le più celebri dogaresse.
Francesco Hayez, I due Foscari, Olio su tela, 1840-1850 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi
Fu grazie all’ultima dogaressa straniera, la greca Teodora, moglie del doge Domenico Selvo, che Venezia conobbe la raffinata arte profumiera, che ebbe poi nei secoli successivi un impulso senza eguali, raggiungendo nel Rinascimento l’apice che la portò ad essere riconosciuta come capitale del profumo.
Porta profumo veneziani in vetro di Murano del XVII e XVIII secolo e una selezione di materie prime impiegate nell'arte profumatoria saranno al centro di un’interessante esperienza sensoriale olfattiva e tattile. Dall’abito morigerato indossato dalla dogaressa Felicita Malipiero in un dipinto di Bellini a quelli che impreziosiscono le riproduzioni incise in alcuni importanti volumi a stampa, i visitatori scopriranno le trasformazioni che, nel tempo, hanno coinvolto il vestiario delle dogaresse. Come dimostra Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero e discendente da una delle famiglie più illustri della Repubblica (grazie a lei Burano divenne il primo centro al mondo del merletto), queste "prime donne" ebbero un ruolo cardine nel concorrere, con i loro patrocini, a difendere ed incrementare la locale produzione artigianale.
Riunendo presso di sé un gran numero di giovani donne del popolo per avviarle al delicato lavoro dell’intreccio, che dava lustro alla città per la squisitezza del prodotto offrendo mezzi di sostentamento a molta gente del popolo, Giovanna Dandolo passò alla storia come patronessa della stampa e dei merletti.
Giovanni Bellini, Il doge Pietro Orseolo e la dogaressa Felicita Malipiero in adorazione, Tempera su tavola, Venezia, Museo Correr
Marchesina, moglie di Lorenzo Tiepolo, divenne celebre per essere stata la prima dogaressa a fare l’ingresso solenne a Palazzo Ducale, insieme al doge, in una processione capeggiata dalle corporazioni delle arti e dei mestieri. La mostra affida a quadri e stampe il compito di testimoniare l’originalissima pratica d’incoronazione della dogaressa. Sempre a Venezia ebbe luogo un’altra famosissima e ancor più pomposa incoronazione, quella di Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani. La Rosa d’oro che le fu donata per l’occasione venne alla sua morte assegnata al Tesoro della Basilica di San Marco.
I due Foscari di Francesco Hayez sono invece al centro della quarta sezione del percorso, “Miti e revival del mondo dogale”. Questo prestito della Galleria degli Uffizi ben illustra lo strazio vissuto da Marina Nani, seconda moglie del doge Francesco Foscari, quando il figlio Jacopo venne incarcerato per aver accettato doni e denari da gentiluomini, e persino dal duca di Milano. Essendo questa operazione preclusa al figlio di un doge, si configurò il reato di peculato. A nulla valsero le suppliche della donna. La ragion di stato prevaleva su tutto. A questa vicenda Lord Byron dedicò il dramma I due Foscari, rappresentato poi a teatro da Giuseppe Verdi nel 1944.
Ken Scott, Abito e soprabito in organza di seta appartenuti a Peggy Guggenheim, 1966, Venezia, Palazzo Mocenigo
All’Ultima Dogaressa, appellativo riservato a quelle donne che si distinsero per il patrocinio riservato alle arti, e che diedero lustro a Venezia in un’epoca in cui la Serenissima Repubblica era già decaduta, guarda infine l’ultima sezione della mostra. Ultima Dogaressa fu Peggy Guggenheim, e, prima di lei, la contessa Anna Morosini, donna dotata di una personalità affascinante e complessa, amica di Rilke, di D’Annunzio, di Maeterlinck e di Shaw, del Principe von Bulow e dello Scià di Persia, nonché dei sovrani di tutta Europa.
Non mancano alcuni focus del territorio dedicati ad altre donne, da Isabella da Passano, signora della Frattina, a Lucia Memmo.
In un allestimento pensato in forma dinamica e interattiva che abbraccia opere come il ritratto del Doge Alvise I Mocenigo di Jacopo Tintoretto delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, disegni, incisioni, vetri, stoffe, merletti ed altri manufatti della cultura materiale veneta, provenienti dalle collezioni civiche veneziane, restituiscono quel particolare modo di sentire e di esprimersi che solo una città come Venezia ha consentito nei secoli alle donne, fornendo loro la possibilità di testimoniare la propria intelligenza, lungimiranza e generosità.
Leggi anche:
• La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento
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Coordinata da Chiara Squarcina, dirigente Attività Museali della Fondazione MUVE, coadiuvata da Pietroluigi Genovesi e curata, per MUVE, da Daniele D’Anza e Luigi Zanini, e per il Distretto Turistico Venezia Orientale da Pierpaola Mayer, l’esposizione La dogaressa tra storia e mito. Venezianità al femminile dal Medioevo al Novecento esplora, in cinque sezioni, la venezianità al femminile attraverso un’antologia di episodi estrapolati dalla vita di alcune tra le più celebri dogaresse.
Francesco Hayez, I due Foscari, Olio su tela, 1840-1850 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi
Fu grazie all’ultima dogaressa straniera, la greca Teodora, moglie del doge Domenico Selvo, che Venezia conobbe la raffinata arte profumiera, che ebbe poi nei secoli successivi un impulso senza eguali, raggiungendo nel Rinascimento l’apice che la portò ad essere riconosciuta come capitale del profumo.
Porta profumo veneziani in vetro di Murano del XVII e XVIII secolo e una selezione di materie prime impiegate nell'arte profumatoria saranno al centro di un’interessante esperienza sensoriale olfattiva e tattile. Dall’abito morigerato indossato dalla dogaressa Felicita Malipiero in un dipinto di Bellini a quelli che impreziosiscono le riproduzioni incise in alcuni importanti volumi a stampa, i visitatori scopriranno le trasformazioni che, nel tempo, hanno coinvolto il vestiario delle dogaresse. Come dimostra Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero e discendente da una delle famiglie più illustri della Repubblica (grazie a lei Burano divenne il primo centro al mondo del merletto), queste "prime donne" ebbero un ruolo cardine nel concorrere, con i loro patrocini, a difendere ed incrementare la locale produzione artigianale.
Riunendo presso di sé un gran numero di giovani donne del popolo per avviarle al delicato lavoro dell’intreccio, che dava lustro alla città per la squisitezza del prodotto offrendo mezzi di sostentamento a molta gente del popolo, Giovanna Dandolo passò alla storia come patronessa della stampa e dei merletti.
Giovanni Bellini, Il doge Pietro Orseolo e la dogaressa Felicita Malipiero in adorazione, Tempera su tavola, Venezia, Museo Correr
Marchesina, moglie di Lorenzo Tiepolo, divenne celebre per essere stata la prima dogaressa a fare l’ingresso solenne a Palazzo Ducale, insieme al doge, in una processione capeggiata dalle corporazioni delle arti e dei mestieri. La mostra affida a quadri e stampe il compito di testimoniare l’originalissima pratica d’incoronazione della dogaressa. Sempre a Venezia ebbe luogo un’altra famosissima e ancor più pomposa incoronazione, quella di Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani. La Rosa d’oro che le fu donata per l’occasione venne alla sua morte assegnata al Tesoro della Basilica di San Marco.
I due Foscari di Francesco Hayez sono invece al centro della quarta sezione del percorso, “Miti e revival del mondo dogale”. Questo prestito della Galleria degli Uffizi ben illustra lo strazio vissuto da Marina Nani, seconda moglie del doge Francesco Foscari, quando il figlio Jacopo venne incarcerato per aver accettato doni e denari da gentiluomini, e persino dal duca di Milano. Essendo questa operazione preclusa al figlio di un doge, si configurò il reato di peculato. A nulla valsero le suppliche della donna. La ragion di stato prevaleva su tutto. A questa vicenda Lord Byron dedicò il dramma I due Foscari, rappresentato poi a teatro da Giuseppe Verdi nel 1944.
Ken Scott, Abito e soprabito in organza di seta appartenuti a Peggy Guggenheim, 1966, Venezia, Palazzo Mocenigo
All’Ultima Dogaressa, appellativo riservato a quelle donne che si distinsero per il patrocinio riservato alle arti, e che diedero lustro a Venezia in un’epoca in cui la Serenissima Repubblica era già decaduta, guarda infine l’ultima sezione della mostra. Ultima Dogaressa fu Peggy Guggenheim, e, prima di lei, la contessa Anna Morosini, donna dotata di una personalità affascinante e complessa, amica di Rilke, di D’Annunzio, di Maeterlinck e di Shaw, del Principe von Bulow e dello Scià di Persia, nonché dei sovrani di tutta Europa.
Non mancano alcuni focus del territorio dedicati ad altre donne, da Isabella da Passano, signora della Frattina, a Lucia Memmo.
In un allestimento pensato in forma dinamica e interattiva che abbraccia opere come il ritratto del Doge Alvise I Mocenigo di Jacopo Tintoretto delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, disegni, incisioni, vetri, stoffe, merletti ed altri manufatti della cultura materiale veneta, provenienti dalle collezioni civiche veneziane, restituiscono quel particolare modo di sentire e di esprimersi che solo una città come Venezia ha consentito nei secoli alle donne, fornendo loro la possibilità di testimoniare la propria intelligenza, lungimiranza e generosità.
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