Picasso, Fontana, Burri e il Novecento
Dal 11 Novembre 2021 al 07 Gennaio 2022
Foggia
Luogo: Contemporanea Galleria d'Arte
Indirizzo: Viale Michelangelo 65
Orari: dal lunedì al sabato 10.30-13.00 / 16.30-20.30
Curatori: Giuseppe Benvenuto
E-Mail info: artebenvenuto@gmail.com
Si terrà alla Contemporanea Galleria d'Arte di Foggia, dall'11 novembre al 7 gennaio 2022, una imperdibile mostra intitolata “Picasso, Fontana, Burri e il Novecento”, curata dal gallerista Giuseppe Benvenuto. Il ricchissimo repertorio, dedicato ai più grandi maestri del Novecento, comprende prestigiosi capolavori di artisti internazionali, articolati entro un percorso espositivo che, partendo dalla prima metà del secolo scorso, ci offre uno spaccato dell'evoluzione artistica fino ai nostri giorni.
A parlarci della mostra la Dott.ssa Sara Maffei, con un suo intervento critico.
L'itinerario artistico sorprendentemente vasto e differenziato si compone di un corpus di circa 30 opere, tra cui il celebre Harlequin (1966, 54x69 cm) del grande genio del XX secolo Pablo Picasso(1881-1973), litografia parte di un'edizione limitata di 60 esemplari firmati dall'artista.
Nell'opera tutto contribuisce a creare una sensazione di malinconia: dalla predominanza del blu e del rosa negli abiti, all'atteggiamento mesto e pensoso, fino allo sguardo sommesso di unArlecchino estremamente lontano dallo stereotipo della maschera allegra, solitamente dedita a scherzi e burle, cui siamo abituati. L'arte di Picasso, a lungo teatro dell'emarginazione sociale, riserva molto spazio ai personaggi del circo e alle maschere della commedia dell'arte e in particolare l'Arlecchino è un tema ricorrente con cui esprimere vicinanza al mondo degli emarginati.
L'artista conosce nel corso del tempo una profonda evoluzione, cambiando radicalmente, e con fare quasi camaleontico, la fisionomia del proprio fare arte: dopo gli esordi spagnoli ed il “periodo blu” (1901-1904), affronta l'esperienza parigina ed il “periodo rosa”(1904-06). Successivamente approda ad una semplificazione delle forme in puri volumi, testimoniata da Les demoiselles d'Avignon (New York, MoMA, 1907), opera alla quale lavora per sei mesi, realizzando moltissimi disegni preparatori.
I primi autentici paesaggi cubisti di Picasso, risalenti al 1909, danno avvio alla fase analitica in cui la scomposizione dell'immagine determina una moltiplicazione dei punti di vista. Segue la fase sintetica (1913-14), in cui si accentua il carattere sintetico delle forme e compaiono citazioni sovrapposte di carta da parati, finto legno ed elementi extra- pittorici. È attribuibile a Picasso infatti l'invenzione del collage - avvenuta nel 1912 con Natura morta con sedia impagliata (Parigi, Musée Picasso) - una pratica che, assieme al papier collé di Braque, gioca un ruolo di primaria importanza nell'ambito dello sviluppo dell'arte successiva, dal Dadaismo, alla Pop Art, fino all'Informale materico.
È in primis con Picasso e Duchamp – il cui primo ready-made, Ruota di bicicletta (The Israel Museum, Jerusalem, 1913), nasce prima del movimento dadaista - che l'oggetto comune, estrapolato dalla quotidianità, si trasforma in oggetto artistico. Successivamente il Dadaismo eleva l'oggetto d'uso a dignità di opera d'arte, attraverso accostamenti inediti e, nel farlo, anticipa la Pop Art. Quest'ultima, anziché l'oggetto usato e gettato, manipola l'oggetto consumistico, ingigantendolo o proponendolo in serie.
Del massimo rappresentante della Pop Art americana, Andy Warhol (1928-1987), Contemporanea Galleria permette di ammirare da vicino la serigrafia intitolata Ladies and Gentlemen II.130 (1975), parte di una provocatoria serie di 10 tele realizzate in edizione limitata di 125 esemplari - firmati e numerati in originale – commissionata dal collezionista Anselmino un anno prima. Il soggetto, con lo sguardo sfrontato e diretto verso chi guarda, è dapprima fotografato con una polaroid ed in seguito dallo scatto è realizzata la serigrafia, completando il tutto con larghi tocchi di colore. Con questa serie l'artista prende le distanze dagli iconici ritratti dedicati alle celebrità, fotografando le drag queen al The Gilded Grape, il night club di New York sulla West 45th Street, e consentendo così l'ingresso nell'arte a figure che non ne hanno mai fatto parte e considerate a lungo ai margini, catturate in tutta la loro teatralità.
Restando sull'onda della Pop Art italiana ed europea, nel percorso espositivo incontriamo due Smalti e acrilico su tela (1990-96) di Schifano (1934-1998), artista e regista italiano ed anche il principale esponente della Scuola di Piazza del Popolo, movimento artistico nato a Roma negli anni '60. Schifano si allontana dalle fredde immagini patinate di Warhol, dando all'atto creativo un accento più emotivo, ravvisabile nelle pennellate irregolari, testimoni della materialità del gesto pittorico.
Appartengono alla medesima scuola anche Giosetta Fioroni (1932), Valerio Adami (1935) e Tano Festa(1938-1988), dei quali la mostra presenta rispettivamente L'angelo custode (2003, 70x50 cm), Disegno (1970) e Tecnica mista su carta intelata (1962). L'opera della Fioroni è una tecnica mista su carta che rivela la sua caratteristica visionarietà, attraverso la quale esprime la sua infanzia, memore dei lavori di Klein, apprezzati negli anni parigini. Schizzi, macchie e campiture di colore si fanno così portatori di una narrazione e di un messaggio legato al ricordo e al substrato della memoria.
Al movimento della Scuola di Piazza del Popolo si avvicina anche Jannis Kounellis (1936-2017), importante esponente dell'Arte Povera e del quale, presso la Galleria, si può osservare un disegno Senza Titolo (1990, 20x30 cm), realizzato con tecnica mista su carta (20x30 cm). Fautore di un'arte intesa come uscita dal quadro, in cui l'artista passa dalla rappresentazione alla presenza, nei suoi disegni si nasconde il substrato più intimo e profondo di sé, in un horror vacui di traiettorie confuse sulla superficie bianca.
È a Lucio Fontana (1899-1968), ideatore dello Spazialismo, che si deve un'autentica rivoluzione spaziale, attraverso incisioni e tagli nella tela, alla ricerca di possibilità inedite oltre il quadro. Con il Manifiesto blanco l'arte di Fontana, concepita come un'unità fisico-psichica, focalizza i propri elementi fondanti, quali luce, suono, tempo e spazio. La serigrafia con incisioni intitolata Concetto spaziale (1965, 49.6 x 69.9 cm), presente in mostra, è firmata e datata in basso a matita. La tela smette di essere un supporto, divenendo materia plasmabile, modificabile, oltrepassabile ed in grado di inglobare lo spazio nell'opera d'arte.
Con Alberto Burri (1915-1995) ed Enrico Castellani (1930-2017) il processo creativo continua a rispondere alla necessità di esprimersi in maniera totalmente libera, fino ad intaccare la normale configurazione dell'oggetto e del supporto. Entrambi, tra gli anni '40 e '60, lavorano sul superamento del concetto di tela: il primo manipolando sacchi e plastiche, attraverso processi di combustione, tagli e cuciture; il secondo facendo uso di superfici estroflesse e introflesse. Esponente dell'informale materico, Burri dà un significato nuovo e poetico alla cosa banale e all'oggetto ritenuto uno scarto. Dell'artista la mostra accoglie Museo di Capodimonte (1978, 64,50x89,50 cm), opera appartenente alla Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello 1986, con tiratura e firma in basso a matita.
Castellani sviluppa l'eredità di Lucio Fontana, trasformando la bidimensionalità della tela in uno spazio fisico e concettuale e negli anni '60, assieme a Piero Manzoni, dà vita alla Galleria Azimut di Milano, il cui punto di partenza è l'indagine del tempo, dello spazio e del ritmo nel supporto della tela violata. Superficie bianca (58x44 cm) è un'opera portatrice di una notevole carica emotiva che offre una partecipazione attiva, invitando lo spettatore ad esplorare realtà intime mai indagate.
Anche la Dadamaino (1930-2004), pseudonimo di Edoarda Emilia Maino, entra in contatto con gli artisti del gruppo Azimuth. Osservabile in galleria è il suo Progetto per serigrafia (Inversione Cromatica) (1975, 30x30 cm), un acrilico su tela cartonata, proveniente dall'Archivio Dadamaino, in cui nega il colore, optando per un bianco totale da cui scaturisce un ritmo dinamico.
Questi solo alcuni dei nomi degli artisti le cui opere presenzieranno presso Contemporanea Galleria d'Arte di Foggia nella stagione autunnale.
A completare la cospicua raccolta, non mancheranno opere di Raoul Dufy (1877–1953), Fortunato Depero (1892-1960), Massimo Campigli (1895–1971), André Masson (1896-1987), Graham Sutherland (1903-1980), Renato Guttuso (1911-1987), Maria Lai (1919–2013), Enrico Baj (1924-2003), Piero Dorazio (1927-2005), Agostino Bonalumi (1935-2013), Renato Mambor (1936-2014), Dennis Oppenheim (1938–2011), Haring Keith (1958-1990) Arnaldo Pomodoro (1926), Mario Ceroli (1938), Giulio Paolini (1940), Ugo Nespolo (1941), Enzo cucchi (1949), Omar Galliani (1954) e tanti altri.
Dott.ssa Sara Maffei
A parlarci della mostra la Dott.ssa Sara Maffei, con un suo intervento critico.
L'itinerario artistico sorprendentemente vasto e differenziato si compone di un corpus di circa 30 opere, tra cui il celebre Harlequin (1966, 54x69 cm) del grande genio del XX secolo Pablo Picasso(1881-1973), litografia parte di un'edizione limitata di 60 esemplari firmati dall'artista.
Nell'opera tutto contribuisce a creare una sensazione di malinconia: dalla predominanza del blu e del rosa negli abiti, all'atteggiamento mesto e pensoso, fino allo sguardo sommesso di unArlecchino estremamente lontano dallo stereotipo della maschera allegra, solitamente dedita a scherzi e burle, cui siamo abituati. L'arte di Picasso, a lungo teatro dell'emarginazione sociale, riserva molto spazio ai personaggi del circo e alle maschere della commedia dell'arte e in particolare l'Arlecchino è un tema ricorrente con cui esprimere vicinanza al mondo degli emarginati.
L'artista conosce nel corso del tempo una profonda evoluzione, cambiando radicalmente, e con fare quasi camaleontico, la fisionomia del proprio fare arte: dopo gli esordi spagnoli ed il “periodo blu” (1901-1904), affronta l'esperienza parigina ed il “periodo rosa”(1904-06). Successivamente approda ad una semplificazione delle forme in puri volumi, testimoniata da Les demoiselles d'Avignon (New York, MoMA, 1907), opera alla quale lavora per sei mesi, realizzando moltissimi disegni preparatori.
I primi autentici paesaggi cubisti di Picasso, risalenti al 1909, danno avvio alla fase analitica in cui la scomposizione dell'immagine determina una moltiplicazione dei punti di vista. Segue la fase sintetica (1913-14), in cui si accentua il carattere sintetico delle forme e compaiono citazioni sovrapposte di carta da parati, finto legno ed elementi extra- pittorici. È attribuibile a Picasso infatti l'invenzione del collage - avvenuta nel 1912 con Natura morta con sedia impagliata (Parigi, Musée Picasso) - una pratica che, assieme al papier collé di Braque, gioca un ruolo di primaria importanza nell'ambito dello sviluppo dell'arte successiva, dal Dadaismo, alla Pop Art, fino all'Informale materico.
È in primis con Picasso e Duchamp – il cui primo ready-made, Ruota di bicicletta (The Israel Museum, Jerusalem, 1913), nasce prima del movimento dadaista - che l'oggetto comune, estrapolato dalla quotidianità, si trasforma in oggetto artistico. Successivamente il Dadaismo eleva l'oggetto d'uso a dignità di opera d'arte, attraverso accostamenti inediti e, nel farlo, anticipa la Pop Art. Quest'ultima, anziché l'oggetto usato e gettato, manipola l'oggetto consumistico, ingigantendolo o proponendolo in serie.
Del massimo rappresentante della Pop Art americana, Andy Warhol (1928-1987), Contemporanea Galleria permette di ammirare da vicino la serigrafia intitolata Ladies and Gentlemen II.130 (1975), parte di una provocatoria serie di 10 tele realizzate in edizione limitata di 125 esemplari - firmati e numerati in originale – commissionata dal collezionista Anselmino un anno prima. Il soggetto, con lo sguardo sfrontato e diretto verso chi guarda, è dapprima fotografato con una polaroid ed in seguito dallo scatto è realizzata la serigrafia, completando il tutto con larghi tocchi di colore. Con questa serie l'artista prende le distanze dagli iconici ritratti dedicati alle celebrità, fotografando le drag queen al The Gilded Grape, il night club di New York sulla West 45th Street, e consentendo così l'ingresso nell'arte a figure che non ne hanno mai fatto parte e considerate a lungo ai margini, catturate in tutta la loro teatralità.
Restando sull'onda della Pop Art italiana ed europea, nel percorso espositivo incontriamo due Smalti e acrilico su tela (1990-96) di Schifano (1934-1998), artista e regista italiano ed anche il principale esponente della Scuola di Piazza del Popolo, movimento artistico nato a Roma negli anni '60. Schifano si allontana dalle fredde immagini patinate di Warhol, dando all'atto creativo un accento più emotivo, ravvisabile nelle pennellate irregolari, testimoni della materialità del gesto pittorico.
Appartengono alla medesima scuola anche Giosetta Fioroni (1932), Valerio Adami (1935) e Tano Festa(1938-1988), dei quali la mostra presenta rispettivamente L'angelo custode (2003, 70x50 cm), Disegno (1970) e Tecnica mista su carta intelata (1962). L'opera della Fioroni è una tecnica mista su carta che rivela la sua caratteristica visionarietà, attraverso la quale esprime la sua infanzia, memore dei lavori di Klein, apprezzati negli anni parigini. Schizzi, macchie e campiture di colore si fanno così portatori di una narrazione e di un messaggio legato al ricordo e al substrato della memoria.
Al movimento della Scuola di Piazza del Popolo si avvicina anche Jannis Kounellis (1936-2017), importante esponente dell'Arte Povera e del quale, presso la Galleria, si può osservare un disegno Senza Titolo (1990, 20x30 cm), realizzato con tecnica mista su carta (20x30 cm). Fautore di un'arte intesa come uscita dal quadro, in cui l'artista passa dalla rappresentazione alla presenza, nei suoi disegni si nasconde il substrato più intimo e profondo di sé, in un horror vacui di traiettorie confuse sulla superficie bianca.
È a Lucio Fontana (1899-1968), ideatore dello Spazialismo, che si deve un'autentica rivoluzione spaziale, attraverso incisioni e tagli nella tela, alla ricerca di possibilità inedite oltre il quadro. Con il Manifiesto blanco l'arte di Fontana, concepita come un'unità fisico-psichica, focalizza i propri elementi fondanti, quali luce, suono, tempo e spazio. La serigrafia con incisioni intitolata Concetto spaziale (1965, 49.6 x 69.9 cm), presente in mostra, è firmata e datata in basso a matita. La tela smette di essere un supporto, divenendo materia plasmabile, modificabile, oltrepassabile ed in grado di inglobare lo spazio nell'opera d'arte.
Con Alberto Burri (1915-1995) ed Enrico Castellani (1930-2017) il processo creativo continua a rispondere alla necessità di esprimersi in maniera totalmente libera, fino ad intaccare la normale configurazione dell'oggetto e del supporto. Entrambi, tra gli anni '40 e '60, lavorano sul superamento del concetto di tela: il primo manipolando sacchi e plastiche, attraverso processi di combustione, tagli e cuciture; il secondo facendo uso di superfici estroflesse e introflesse. Esponente dell'informale materico, Burri dà un significato nuovo e poetico alla cosa banale e all'oggetto ritenuto uno scarto. Dell'artista la mostra accoglie Museo di Capodimonte (1978, 64,50x89,50 cm), opera appartenente alla Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello 1986, con tiratura e firma in basso a matita.
Castellani sviluppa l'eredità di Lucio Fontana, trasformando la bidimensionalità della tela in uno spazio fisico e concettuale e negli anni '60, assieme a Piero Manzoni, dà vita alla Galleria Azimut di Milano, il cui punto di partenza è l'indagine del tempo, dello spazio e del ritmo nel supporto della tela violata. Superficie bianca (58x44 cm) è un'opera portatrice di una notevole carica emotiva che offre una partecipazione attiva, invitando lo spettatore ad esplorare realtà intime mai indagate.
Anche la Dadamaino (1930-2004), pseudonimo di Edoarda Emilia Maino, entra in contatto con gli artisti del gruppo Azimuth. Osservabile in galleria è il suo Progetto per serigrafia (Inversione Cromatica) (1975, 30x30 cm), un acrilico su tela cartonata, proveniente dall'Archivio Dadamaino, in cui nega il colore, optando per un bianco totale da cui scaturisce un ritmo dinamico.
Questi solo alcuni dei nomi degli artisti le cui opere presenzieranno presso Contemporanea Galleria d'Arte di Foggia nella stagione autunnale.
A completare la cospicua raccolta, non mancheranno opere di Raoul Dufy (1877–1953), Fortunato Depero (1892-1960), Massimo Campigli (1895–1971), André Masson (1896-1987), Graham Sutherland (1903-1980), Renato Guttuso (1911-1987), Maria Lai (1919–2013), Enrico Baj (1924-2003), Piero Dorazio (1927-2005), Agostino Bonalumi (1935-2013), Renato Mambor (1936-2014), Dennis Oppenheim (1938–2011), Haring Keith (1958-1990) Arnaldo Pomodoro (1926), Mario Ceroli (1938), Giulio Paolini (1940), Ugo Nespolo (1941), Enzo cucchi (1949), Omar Galliani (1954) e tanti altri.
Dott.ssa Sara Maffei
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