Online da oggi un doppio ritratto firmato Stanley Tucci

120 anni di Giacometti su NEXO+

Geoffrey Rush nei panni di Alberto Giacometti in Final Portrait - L'arte di essere amici, un film di Stanley Tucci I Courtesy Nexo Digital
 

Francesca Grego

17/04/2021

A sentir lui, Alberto Giacometti non era nemmeno capace di “copiare una testa”. Ma il suo talento era destinato a fare storia: tra gli artisti più famosi del mondo già negli anni Cinquanta, lo scultore svizzero ha conquistato spettatori, critici e collezionisti disposti a spendere fortune per portare a casa le sue creazioni. Fino al 2015, quando l’allampanato Homme au Doigt è stato battuto all’asta per 141 milioni di dollari, diventando la scultura più costosa di sempre. 
Per festeggiare i 120 anni dalla nascita dell’artista, da oggi, domenica 18 aprile, la piattaforma online NEXO+ propone un doppio omaggio d’autore firmato Stanley Tucci. Da sempre affascinato dall’opera di Giacometti, l’attore e regista statunitense ne ha tratteggiato la singolare personalità nel film Final Portrait - L’arte di essere amici (2017), per poi andare più in profondità con un documentario nuovo al pubblico italiano, Giacometti by Stanley Tucci. “Giacometti è uno degli artisti più interessanti che io conosca. Potrebbe appartenere indifferentemente alla modernità o alla preistoria”, ha detto il regista, che è figlio di un insegnante d’arte e dipinge sua volta: “Quello che mi colpisce di lui è la capacità di catturare l’essenza dell’uomo, la verità di ciò che ha davanti, che distilla nei dipinti, nei disegni, nei bronzi scarni e filiformi che lo hanno reso famoso”.


Giacometti by Stanley Tucci I Courtesy Nexo Digital

Al centro dell’interesse di Tucci ci sono i tortuosi - e, a guardarli dall’esterno, tragicomici - processi creativi di Giacometti che, come testimoniano unanimi i suoi modelli, passava il tempo a fare e disfare ogni opera decine di volte in preda al demone dell’insoddisfazione, per poi magari lasciarla incompiuta e rifiutarsi di venderla. Tratto da un libro autobiografico dello scrittore americano James Lord, Final Portrait descrive il genio inquieto dell’artista di Stampa attraverso il racconto intenso e surreale di due settimane di lavoro, con il bravissimo - e incredibilmente somigliante - Geoffrey Rush nei panni del protagonista.  
Dietro c’è una passione che Tucci si porta dietro da più di vent’anni, durante i quali non ha mai smesso di documentarsi sul suo artista favorito. E se la bellezza, la frustrazione e il caos ossessivo di Final Portrait appartengono in realtà a ogni atto creativo, in Giacometti by Stanley Tucci il regista decide di indagarne le peculiarità ripercorrendo le orme dello scultore modernista attraverso interviste ed eccezionali testimonianze. 



Nel film incontriamo persone che posarono per lui in giovane età, come Lord David Sainsbury e Aika Sapone, figlia del sarto di Giacometti e Picasso, e poi l’artista contemporaneo Anthony Gormley, grande ammiratore del maestro svizzero, la direttrice della Tate Modern Frances Morris, il collezionista Adrien Maeght, figlio del mercante che ne scoprì il talento. Insieme ai suoi ospiti Tucci si interroga sulla nevrotica vita sentimentale di Giacometti, sospeso tra la stanca moglie Annette, la giovane ed esuberante Caroline, protagonista di numerosi ritratti, e la frequentazione di prostitute, o sul suo inusuale rapporto con il denaro, che per lui “era come carta igienica”. 
Si vola a Copenaghen per scoprire una delle più importanti collezioni dedicate a Giacometti, e al Centre Pompidou, dove la forza delle sue sculture ha commosso il regista per la prima volta, mentre opere come l’Uomo che cammina, le Donne di Venezia, il Ritratto di Caroline trafiggono lo schermo come frecce. Si svelano i segreti del backstage di Final Portrait, dallo studio parigino dell’artista, ricostruito nei dettagli, ai dipinti ricreati sul set da Roan Harris, ripreso mentre realizza all’impronta un ritratto di Tucci in puro stile Giacometti. 


Alberto Giacometti, 1962 I Courtesy Nexo Digital

Per approdare infine, insieme al regista emozionato, al numero 46 di Rue Hippolyte-Maindron ed entrare finalmente nello storico atelier dello scultore, che oggi è un appartamento privato e si concede per la prima volta alla camera. Il disordine, la polvere, le opere d’arte e gli attrezzi di un tempo non ci sono più, ma lo spirito inquieto e rigoroso di Giacometti non ci abbandona davanti al rifugio che per anni l’ha protetto come un carapace. L’esterno sfoggia ancora le linee di una vecchia foto in bianco e nero, evocando lo stile di vita spartano che l’artista non abbandonò nemmeno all’apice della fama “per non diventare schiavo delle comodità”. Lo studio è l’incarnazione della sua ricerca dell’essenza, il simbolo della sua purezza e delle sue ossessioni, quasi un ritratto che ricomprende tutti gli altri. 
“Ogni ritratto è uno slittamento di realtà: ti mostra quello che non hai mai visto”, dice Tucci nel film, ricordando i momenti in cui posava per il padre, e come in un gioco di scatole cinesi firma il suo, per guardare in modo nuovo “un artista senza tempo, immortale”.

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Geoffrey Rush ed Armie Hammer in Final Portrait, un film di Stanley Tucci I Courtesy Nexo Digital

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