Visita alla mostra con il curatore Alberto Rocca e l’artista

All’Ambrosiana splende la Luce nei capolavori di Giulio Manfredi

Foto dell'allestimento della mostra "Gioielli di Giulio Manfredi celebrano Raffaello. Scuola di Luce" alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Foto di Fausto Mazza
 

Eleonora Zamparutti

20/03/2023

Milano - Il Maestro orafo Giulio Manfredi e Monsignor Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, sono le guide d’eccezione che mi fanno strada lungo i corridoi dell’Ambrosiana di Milano per condurmi nella splendida sala che ospita il Cartone di Raffaello per l’affresco vaticano della Scuola di Atene. L’artista e il curatore della mostra “Gioielli di Giulio Manfredi. Scuola di Luce”, aperta fino all'11 aprile 2023, guardano il gigantesco monocromo di Raffaello e io con loro, e poi mi invitano a volgere lo sguardo ai colori delle creazioni di arte orafa che portano il nome di Giulio Manfredi.

Nella penombra della sala lungo le pareti sono esposti ventun lavori frutto della fantasia e dell’arte di Giulio Manfredi, ispirati alle figure dei personaggi e ai concetti della Scuola di Atene. Brillano i colori delle pietre preziose come stelle a rischiarare il percorso nel buio della sala. Da alcune forme in oro allungate e curve si riflettono morbidamente bagliori di luce: materie solide quasi magiche allo sguardo, destinate a permanere oltre il tempo che ci è dato vivere, progettate e create osservando i concetti della potente Scuola di Atene.
Le idee raffigurate da Raffaello si sposano all’idea della luce secondo Giulio Manfredi.

“Il mio lavoro è come una musica in armonia con il mondo, con le persone e con la natura” afferma il Maestro Giulio Manfredi. “E' un modo di fare le cose pensando tra mille anni. Infondo Raffaello dopo 500 anni è ancora così moderno, così attuale, straordinariamente bello che ti prende molto.”
 
Disegno per gioiello Pitagora, copyright Giulio Manfredi
Giulio Manfredi è un sublime interprete dell’antica arte del gioiello.
Nel corso della sua carriera ha ricevuto grandi riconoscimenti e incarichi importanti. Solo per ricordarne qualcuno: nel 1992 in occasione delle celebrazioni dei 500 anni di Piero della Francesca su incarico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha creato dodici gioielli-scultura per la mostra Con gli occhi di Piero che si è tenuta nella Basilica di San Francesco ad Arezzo. Nel 2006 ha ottenuto l’incarico dal Centro Nazionale Studi Manzoniani di creare sette gioielli-scultura per la mostra L’emozione del sogno, Giulio Manfredi interpreta Alessandro Manzoni. Nel 2011 a Milano ha realizzato L’oro invisibile. 12+1 Opere preziose dedicate al Cenacolo di Leonardo da Vinci, una collezione di opere esposta al Cenacolo Vinciano e alla Biblioteca Nazionale Braidense.  

Ma possono dei manufatti che hanno a che fare con l’ornamento, elevarsi alla riflessione intorno al sapere intellettuale?

"L’arte di Giulio Manfredi, che si è sempre definita come arte da indossare, non presenta una dicotomia tra le due cose” afferma Monsignor Rocca. “Nel progetto iconografico complessivo della Stanza della Segnatura, la Scuola di Atene raffigura la filosofia. Secondo la concezione antica, tutti i filosofi presenti nella Stanza della Segnatura sono legati anche alle scienze. Non per nulla i quattro gradini che si vedono nel Cartone, e poi nell’affresco, rappresentano le materie di studio: l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e la musica. Allo stesso modo le forme che il Maestro usa si ispirano ai solidi platonici e ai solidi aristotelici che sono alle basi del pensiero. Bramante, Leonardo e Raffaello stesso si ispirano continuamente a forme archetipe. Non c’è una dicotomia, non c’è una frattura tra questa idea della Scienza, secondo l’ideale rinascimentale, e quella che è l’arte di Giulio Manfredi. Da sempre il Maestro Manfredi ha un legame molto forte con il Rinascimento italiano.”

L’esposizione è in continuità con il luogo che la ospita. L’Ambrosiana è a tutti gli effetti un vero e proprio scrigno rinascimentale nel cuore di Milano: qui è custodito l’originale di De Prospettiva Pingendi di Piero della Francesca. In queste sale si può ammirare Il musico di Leonardo. E sempre in Ambrosiana è custodita una copia di inizio ‘600 commissionata da Federico Borromeo dell’Ultima Cena di Leonardo.

Il Maestro ha interpretato secondo una concezione contemporanea temi e forme del Rinascimento. Novità e antichità si stimolano a vicenda. Ma è guardando alcuni gioielli che si può comprendere la natura del suo lavoro.

Tre anelli rappresentano Raffaello. Anelli che hanno un’impostazione, un disegno e una esecuzione molto importanti. “Stanno anche a raffigurare la consapevolezza che Raffaello aveva di se stesso” afferma Monsignor Rocca. “Nella sua arte Giulio Manfredi cerca di raffigurare visivamente e dal punto di vista materico la personalità del personaggio raffigurato. Raffaello aveva una personalità molto sviluppata, era molto sicuro di sé. E’ il primo che si installa a palazzo come un Cardinale principe a Roma, con il permesso del Papa. Mai nessuno era arrivato a tanto. Nel catalogo ho scelto una frase di Raffaello che lui aveva scritto in una lettera “io mi elevo ai pensieri più alti”. Questi tre anelli vogliono proprio esprimere questa sicurezza, questa autocoscienza, diremmo oggi, di sé. Molto diverso da Michelangelo, Raffaello era estremamente inserito nella società, anche nell’aspetto era molto mondano. E il Maestro si è trovato sempre molto in sintonia con questo aspetto.”

“Raffaello è uno dei personaggi che mi affascina molto, più di chiunque altro” afferma Giulio Manfredi. “Ho fatto lavori ispirati a Piero della Francesca: la prospettiva, i colori, quella delicatezza. Però Raffaello è quello che mi è più vicino e che io sento di più”.
  Disegno per gioiello Pitagora, copyright Giulio Manfredi

Il gioiello accanto è dedicato a Bramante. “In questo caso si è giocato un po’ sulla doppia valenza di alcuni personaggi perché nel Cartone i filosofi dell’antichità sono raffigurati con il volto dei contemporanei” afferma Alberto Rocca. “Euclide ad esempio è raffigurato con il volto di Donato Bramante. Bramante in particolare è legato all’architettura, qui a Milano con la Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, con il grande tiburio delle Grazie e poi con il progetto per San Pietro in Vaticano. Manfredi interpreta Bramante con una delle forme essenziali per quanto riguarda il Rinascimento, la Città ideale. Se si guardano questi bracciali e si distendono sul piano, ci si accorge che tracciano la pavimentazione rinascimentale, che poi è la Città ideale, cioè questa città fortificata che ricorda ad esempio Sforzinda. In questo lavoro c’è anche la perfezione delle forme perché il taglio delle pietre a triangolo equilatero, richiama il tema della sezione aurea. Sono vere e proprie opere d’arte che se vengono comprese, portano in un universo simbolico e semantico molto ampio”.

C’è anche una scelta molto particolare ed estremamente laboriosa per quanto riguarda la lavorazione del metallo: la Manfredi usa un modo speciale per raffinare i vari metalli, le leghe che sono affascinanti e complesse.

“Oro rosso, giallo, bianco… ci sono diversi colori dell’oro” afferma Giulio Manfredi. “Io utilizzo sempre l’oro, lo raffino in continuazione, lo riporto alla purezza e poi lo lego. Se prendi l’oro giallo di Manfredi lo vedi quasi un po’ come una polenta, un po’ morbido come un cashmire, per fare un confronto. Perché io gli dò una caratura un po’ maggiore. Il nostro oro non è mai 18 carati, è sempre 18.5 proprio per ottenere un colore che abbia un calore. E’ una lavorazione molto particolare, più complicata. Noi tagliamo anche le pietre. Le pietre ad esempio hanno tante sfaccettatura: lavorarle è come suonare il volo del calabrone: c’è chi lo suona infilando centomila note e conservando sempre quella quadratura, c’è chi lo suona invece con meno note. L’abilità è anche questa.”

Sfogliando le pagine del catalogo, mi cade lo sguardo sulle parole che accompagnano il gioiello creato per Socrate: “Dalla virtù nasce la bellezza. Mai facile la Bellezza virtuosa: lavoro caparbio, applicazione costante, maestria non comune nel plasmare il sé e la materia.” Due collane in oro rosso, all’apparenza semplici e scarne, decorate con minuscoli diamanti a stella.