Grazie al restauro finanziato da Italia Nostra
La statua di Apollo ritorna a sedersi agli Uffizi
L'Apollo seduto ritorna nel Primo corridoio degli Uffizi
E. Bramati
24/05/2014
Firenze - Finalmente l'"Apollo Seduto" è ritornato al suo posto, presso il Primo Corridoio della Galleria degli Uffizi, dopo un lungo restauro promosso dalla sezione fiorentina di Italia Nostra nell'ambito di un progetto che ha già interessato altre opere, quali lo pseudo Seneca morente, la Giulia Mesa, la Poppea e il Nerone bambino.
La scultura, che risale al I secolo d.C., è una replica di un'opera del periodo ellenistico, ovvero del III o II secolo a.C. Potrebbe essere inoltre una delle prime opere entrate a far parte delle collezioni degli Uffizi, intorno al 1597. L'"Apollo Seduto" è stato infatti ritrovato più volte in documenti e inventari antichi con il nome di "ignudo con testuggine", dal piccolo animale simbolo delle tenebre, qui soggiogate da Apollo, che correda l'opera.
Il suo restauro, a cura di Anne Katrin Potthoff Sapia, è stato particolarmente complesso, a causa dei diversi tipi di marmo che compongono le varie parti della divinità, per la precisione dieci. Sembra infatti che il soggetto sia il risultato di un assemblaggio di diverse parti: il torso e parte delle gambe sarebbero originali, ma probabilmente attribuibili ad un Dafni, piuttosto che ad un Apollo. La tartaruga ed altri attributi tipici del dio sarebbero stati invece aggiunti intorno al '500.
La riqualificazione è stata possibile grazie ai fondi ottenuti dalle visite guidate alla collezione di marmi e alle nuove sale del museo, ai suoi depositi e al Corridoio Vasariano.
La scultura, che risale al I secolo d.C., è una replica di un'opera del periodo ellenistico, ovvero del III o II secolo a.C. Potrebbe essere inoltre una delle prime opere entrate a far parte delle collezioni degli Uffizi, intorno al 1597. L'"Apollo Seduto" è stato infatti ritrovato più volte in documenti e inventari antichi con il nome di "ignudo con testuggine", dal piccolo animale simbolo delle tenebre, qui soggiogate da Apollo, che correda l'opera.
Il suo restauro, a cura di Anne Katrin Potthoff Sapia, è stato particolarmente complesso, a causa dei diversi tipi di marmo che compongono le varie parti della divinità, per la precisione dieci. Sembra infatti che il soggetto sia il risultato di un assemblaggio di diverse parti: il torso e parte delle gambe sarebbero originali, ma probabilmente attribuibili ad un Dafni, piuttosto che ad un Apollo. La tartaruga ed altri attributi tipici del dio sarebbero stati invece aggiunti intorno al '500.
La riqualificazione è stata possibile grazie ai fondi ottenuti dalle visite guidate alla collezione di marmi e alle nuove sale del museo, ai suoi depositi e al Corridoio Vasariano.
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