Fino al 16 febbraio a Madrid

Nella bottega di Rubens: la grande mostra al Prado

Pieter Paul Rubens e bottega (Antoon van Dyck), Achille scoperto da Ulisse e Diomede, circa 1617–18. Olio su tela. Madrid, Museo Nacional del Prado
 

Francesca Grego

22/10/2024

Mondo - Come lavoravano i grandi pittori del Seicento? In che modo riuscirono a portare a termine enormi commissioni in tempi prima impensabili? Come riconoscere l’opera del maestro dai contributi dei suoi aiutanti? Ce lo spiega la grande mostra autunnale del Prado, puntando i riflettori su uno degli artisti più celebrati e prolifici del Barocco. A cura di Alejandro Vergara Sharp, direttore del dipartimento di Pittura fiamminga presso il museo madrileno, fino al 16 febbraio 2025 La bottega di Rubens trasporterà il pubblico nel laboratorio del maestro fiammingo ad Anversa per apprenderne i segreti.
In 63 anni di vita Pieter Paul Rubens ci ha lasciato ben 1500 opere, 92 delle quali sono oggi conservate al Prado nella più vasta collezione a lui dedicata nel mondo. A quasi quattro secoli dalla morte dell’artista, il suo atelier torna in vita a Madrid in una ricostruzione attenta a ogni dettaglio, talmente intima e realistica da restituire le atmosfere di un’antica bottega anche negli odori. Cavalletti, tele, colori e pennelli mettono in scena lo spazio del laboratorio, insieme a oggetti originali del Seicento, libri e busti antichi scelti per ricordare la collezione d’arte e gli interessi del maestro: un luogo fisico, ma soprattutto la testimonianza di un modo di intendere la pittura che permise a Rubens di eccellere nel competitivo panorama artistico del Secolo d’Oro. 


Pieter Paul Rubens, Anna d'Austria, regina di Francia, c. 1622. Olio su tela. Madrid, Museo National del Prado

Dipinti, incisioni e disegni raccontano il modus operandi del maestro, dalle tecniche pittoriche ai compiti assegnati ai numerosi assistenti, come la preparazione di tele, pennelli e colori, o la verniciatura finale. Tra le opere esposte troviamo imponenti scene storiche e mitologiche, tele altamente drammatiche come il Saturno che divora suo figlio, celebri ritratti come quello di Anna d’Austria, regina di Francia o dipinti intimi e personali come il Ritratto di Helena Fourment, moglie del pittore, con i figli Clara Johanna e Frans, ma anche vivide rappresentazioni degli atelier dell’epoca tramandateci dagli artisti di allora, come l’Allegoria della pittura di Jan Bruegel il Giovane.  


Pieter Paul Rubens, Helena Fourment con i figli Clara Johanna e Frans, 1636. Olio su tavola. Paris, Musée du Louvre

Un video rivelatore, infine, mostra un pittore esperto di tecniche antiche mentre riproduce, passo dopo passo, un dipinto di Rubens con gli strumenti e i procedimenti da lui utilizzati 400 anni fa. “Mi sento come un alchimista che non sa cosa finirà per creare”, ha detto apprestandosi all’impresa Jacobo Alcalde Gibert, che ha dedicato anni allo studio delle pratiche pittoriche del Cinquecento e del Seicento: “La maggior parte dei pittori di quell'epoca hanno lasciato documenti scritti che descrivono come lavoravano", ha spiegato. “Ma il problema è stato leggere i testi spagnoli del XVI o XVII secolo e, soprattutto, capire le misure [i rapporti e le percentuali delle ricette], perché non le indicavano. Ho dovuto studiare anche texture, trasparenze, saturazioni e proprietà dei colori per provare a ricreare le opere. La velocità della pennellata è diversa quando si utilizza la pittura del XVII secolo rispetto a quella del XXI”. Grazie al suo lavoro i visitatori potranno scoprire nei dettagli i segreti della tecnica veneziana, che velocizzando notevolmente le operazioni permise a Tiziano di soddisfare la domanda dei suoi numerosi committenti per poi diffondersi in tutta Europa, conosceremo le sostanze utilizzate dai pittori per produrre basi e pigmenti, e vedremo prendere forma gradualmente sulla tela il dipinto di Rubens Mercurio e Argo, un gioiello delle collezioni del Prado


Pieter Paul Rubens e bottega, Mercurio e Argo, 1636-1638. Museo Nacional del Prado, Madrid

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, complice il progresso economico che stava interessando l’Europa, re, nobili, banchieri e mercanti iniziarono a richiedere agli artisti dipinti sempre più grandi per ornare nuovi e numerosi palazzi. Nel 1638 Filippo IV di Spagna commissionò a Rubens 120 opere in un solo colpo. Il pittore rispose che avrebbe potuto consegnarne soltanto la metà, nonostante avesse alle proprie dipendenze 20 assistenti, tra cui Antoon van Dyck. Alla fine ne firmò 14, e fu un’impresa memorabile: fino a poco prima, uno solo di quei dipinti avrebbe richiesto anche sei anni di lavoro! La mostra madrilena svela come e perché Rubens abbia vinto la sfida, affiancando a una geniale immaginazione creativa le migliori innovazioni del suo tempo, una perizia tecnica non comune e una capacità organizzativa da far invidia a un moderno top manager.