Un gioiello della Galleria Borghese di Roma

Il dualismo dell'amore secondo Tiziano: Amor sacro e amor profano

Tiziano Vecellio (1490 - 1576), Amor sacro e amor profano, 1515, Olio su tela, 278 x 118 cm, Roma, Galleria Borghese
 

Samantha De Martin

16/04/2020

Roma - In una cornice bucolica che accoglie la celebrazione dell’amore nuziale benedetto dall’incontro virtuoso tra voluptas e pudicitia, due donne, identiche in volto, siedono sul bordo di un antico sarcofago trasformato in vasca, mentre un bambino è intento a mescere l’acqua limpida. E' questo il soggetto di Amor sacro e amor profano, il capolavoro realizzato da Tiziano tra il 1514 e il 1515 e oggi conservato a Galleria Borghese di Roma.

Entrambe le figure femminili, come ancorate alla monumentale massa marmorea, assumono l’aspetto di un gruppo statuario.
La figura alla sinistra dell’osservatore indossa gli ornamenti tipici di una sposa: l’abito bianco dall’ampia scollatura, con una manica rossa e l’altra bianca, la cintura con la fibbia, i guanti, il mirto nella mano e sul capo, simbolo di amore coniugale. Ciocche dorate le scivolano sulle spalle nude, mentre la mano sinistra, avvolta da un guanto, poggia su un bacile o forse un’urna.



La donna di destra, simile a una Venere classica, è invece seminuda
, con il braccio sinistro avvolto da un ampio mantello rosso che scivola fino ai piedi con un sinuoso drappeggio, e i fianchi cinti da un panno bianco a nascondere le nudità.
La mano destra è appoggiata al bordo del sarcofago, mentre la sinistra innalza una lampada accesa.





Con Amor sacro e amor profano siamo di fronte a uno dei più alti capolavori di Tiziano Vecellio, pittore supremo e accorto imprenditore amato dai potenti dell’epoca, i suoi maggiori committenti, affascinati da quella sua energia drammatica, dalla resa sapiente della luce, dall'uso teatrale del colore.

Una tela ricca di contrasti
La tela è percorsa da elementi contrastanti, a cominciare dalle due figure, l’una seminuda, l’altra vestita, o da quel sarcofago, simbolo di morte, sul quale le due donne siedono. Come forse ricco di contrasti dovette essere quel matrimonio tra il veneziano Nicolò Aurelio, segretario del Consiglio dei Dieci, e Laura Bagarotto, figlia di un noto giurista padovano mandato a morte proprio dal Consiglio.
Fu proprio in occasione di questa unione nuziale che Tiziano realizzò la tela.

Cosa si intravede sullo sfondo, dietro la donna vestita?
Alle spalle della donna vestita Tiziano inserisce una coppia di conigli. Si tratta molto probabilmente dell’augurio rivolto dell’artista alla coppia di sposi per un’unione feconda.

Come si presenta il paesaggio?
Due paesaggi molto diversi fanno da sfondo alle figure. Riusciamo a individuare due sezioni, nettamente divise da un albero posto al centro della scena, dietro il putto, ciascuna delle quali si abbina a ognuna delle due donne.

Sulla sinistra, dietro la donna vestita, sbuca un paesaggio montuoso, attraversato da un sentiero che sale verso un castello. Un cavaliere, in sella al suo destriero, lo percorre, mentre ad attenderlo sulla soglia della fortezza il pittore pone un gruppetto di persone.



Questa scena, che avvolge probabilmente una città all’alba, si contrappone allo sfondo sulla destra dove, da un paesaggio pianeggiante, solcato da greggi al pascolo e da due cavalieri impegnati nella caccia alla lepre, si innalza una chiesa, quasi a voler congiungere il mondo terreno alla sfera spirituale.



Come per le due figure, anche per l’identificazione del paesaggio, i diversi autori hanno fornito diverse ipotesi. Secondo alcuni il pittore si sarebbe ispirato al paesaggio della Val Lapisina, presso Serravalle, per alcuni anni residenza del pittore. Dietro il castello di sinistra potrebbe celarsi la torre di San Floriano, mentre lo specchio d'acqua ricorderebbe il lago Morto. Altri ancora vi hanno intravisto un paesaggio delle colline Asolane e la Rocca Asolana.

Un’opera dalle molteplici interpretazioni
Nel corso dei secoli l’opera è stata oggetto di innumerevoli interpretazioni. Una delle prime - quella che dà anche il titolo alla tela - considera le due figure di donna personificazione dell’amore divino e dell’amore terreno. Le due figure rappresentate dal pittore ufficiale della Serenissima hanno lo stesso volto e potrebbero alludere alla stessa persona. Forse il pittore ha voluto suggerirci che ciascuno possiede, per natura, entrambe queste caratteristiche opposte: l'amore sacro, divino e quello profano, più passionale.

Il filone interpretativo legato alle dottrine dell'Accademia neoplatonica di Marsilio Ficino, vedrebbe nelle due donne la contrapposizione tra la Venere terrena - simbolo degli impulsi umani e della forza generatrice della Natura - e la Venere celeste.

Secondo una delle interpretazioni più accreditate, il dipinto alluderebbe alle due realtà del matrimonio. A sinistra è la sposa in procinto di diventare moglie. I due conigli bianchi alle sue spalle tradurrebbero la promessa di una numerosa prole. Le due figure infatti, tanto simili da sembrare un’unica persona, potrebbero alludere alle due facce dell’unione nuziale: quella di una "sessualità" (voluptas), legata alla sfera privata, e quella di una "castità" (pudicitia), tipica della sfera pubblica della sposa. Secondo il pittore questi aspetti sono legati indissolubilmente, come le acque mescolate da Eros.
D'altra parte, la tela, realizzata intorno al 1514, vede la luce negli stessi anni in cui Tiziano si avvicina ai circoli umanistici della città, popolati da intellettuali come Pietro Bembo e inebriati di temi filosofici, mitologici, letterari, ma anche di Aristotelismo, pitagorismo e neoplatonismo ficiniano.

Chi è il bambino che mesce l’acqua?
Al centro della scena l’artista pone un sarcofago, simbolo di morte, con in mezzo una fontana, che allude invece alla vita. Eros, raffigurato come un bambino, al centro della fontana, nell’atto di mescolare l’acqua, rappresenterebbe un’allusione all’erotismo, ma anche un invito rivolto alla donna a diventare esempio di castità e, al tempo stesso, di passionalità.



Dove si trova oggi il capolavoro?
La tela, oggi conservata nella Sala 20 della Galleria Borghese, a Roma, è documentata per la prima volta in collezione nel 1613. La tradizione la considera parte di un lotto di dipinti venduto dal cardinale Sfondrato a Scipione nel 1608.

Un titolo ottocentesco
Amor sacro e amor profano non è il titolo originario dell’opera, essendo stato assegnato alla tela solo nell’Ottocento. “Beltà disornata e beltà ornata”, “Tre Amori”, “Amor profano e Amor divino”, “Donna divina e donna profana” sono alcuni dei titoli attribuiti nel corse delle epoche.

Tiziano e Giorgione
In Amor sacro e amor profano siamo ormai lontani dal tonalismo che Tiziano aveva condiviso con Giorgione. I colori utilizzati per delineare nel dettaglio le figure sono brillanti, saturi, come si evince dal rosso acceso del mantello e della manica. I chiaroscuri che affondano nelle pieghe dell’abito e nel bassorilievo incontrano gli incarnati morbidi.

Ci troviamo nella fase caratterizzata dal "classicismo cromatico", in cui i personaggi, caratterizzati da un "gioiosa sensazione di vita" condividono un'atmosfera popolata da risalti e penombre ben misurate, con una tavolozza carica di forza espressiva, sempre più lontana più dai toni pulviscolari del tonalismo.

L'influsso di Giorgione rimane invece nello sfondo bucolico, mentre la fisionomia delle donne è la stessa che possiamo ritrovare nella santa Caterina nella Sacra conversazione Balbi, nella Vanità o nella Donna allo specchio del Louvre.




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