Liliana Cano. Di fronte ai tuoi occhi
Dal 27 Febbraio 2022 al 03 Aprile 2022
Orani | Nuoro
Luogo: Museo Nivola
Indirizzo: Via Gonare 2
Curatori: Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri
Telefono per informazioni: +39 0784 730063
E-Mail info: info@museonivola.it
Sito ufficiale: http://museonivola.it
Il museo Nivola è felice di presentare la prima retrospettiva dedicata a Liliana Cano (Gorizia 1920-Sassari 2021).
La mostra rende omaggio a una pittrice che ha segnato con il suo lavoro ottant’anni di vita artistica in Sardegna, facendo della pittura la propria ragione di vita in un momento e in un contesto storico in cui una scelta simile era per una donna tutt’altro che facile; a una figura anticonvenzionale, indisciplinata e irruenta, ma anche amatissima per la sua capacità di parlare al pubblico con un linguaggio antielitario, immediato e diretto; e soprattutto a un’artista che attraverso la figurazione ha esaltato la forza della pittura, con immagini dall’intensa carica emotiva.
Della pittura Liliana Cano diceva: “E’ la memoria più facile. Lo scritto bisogna leggerlo. Bisogna avere il desiderio di conoscere la storia. Invece la pittura si mette di fronte ai tuoi occhi e ti ricorda tutto nello stesso momento in cui la guardi.”
La mostra non presenta al pubblico una ricostruzione complessiva della lunga carriera dell’artista, ma vuole piuttosto proporre una chiave di lettura utile per comprendere il senso di un lavoro che nella sua voluta semplicità può rischiare di essere visto superficialmente, e talvolta lo è stato.
Al centro dell’opera di Liliana Cano è l’idea di una femminilità non remissiva né quieta, ma affermativa e orgogliosamente cosciente di sé stessa.
La figura femminile è protagonista del suo lavoro: la troviamo nei molti ritratti tra gli anni sessanta e gli ottanta che registrano in modo pungente le mode e i tic sociali del periodo, come nelle eroine del mito classico, le cui favole sono evocate come metafore di sentimenti ed emozioni universali.
Dipinti come La domatrice, le Gitane, ma anche l’Assunta, la cui aggressività formale di sapore pop e la sfacciata violenza cromatica bordeggiano consapevolmente il Kitsch, potrebbero essere assunti come simboli della sua visione dell’arte.
La mostra si articola in cinque sezioni tematiche: il ritratto, con particolare attenzione ai ritratti di famiglia in cui lo sguardo dell’artista si colora di una sfumatura più intima e privata; la socialità, con le scene corali di persone riunite in momenti conviviali, di svago o in manifestazioni di piazza; il mito, in cui riemergono la cultura classica di Cano e la sua fascinazione per il Mediterraneo; la natura morta, tema meno frequente nella sua produzione ma non meno degno di interesse; il paesaggio, animato da un senso panico della natura.
Liliana Cano
Nata a Gorizia da genitori sardi (il padre era ingegnere, la madre maestra elementare e pittrice dilettante; il nonno Attilio Nigro era scultore) durante l’infanzia seguì la famiglia la famiglia in vari spostamenti lungo tutta la Penisola. Compiuti gli studi all’Accademia Albertina di Torino, si stabilì con i suoi a Sassari dopo la fine della guerra. Qui iniziò ad insegnare disegno ed entrò in contatto con l’ambiente artistico locale. Nel 1950 diede avvio all’attività espositiva. Nel 1978 lasciò la Sardegna per trasferirsi prima a Barcellona, quindi, per diciotto anni, in Francia, risiedendo successivamente in varie città della Provenza, fino al ritorno a Sassari nel 1996.
La mostra rende omaggio a una pittrice che ha segnato con il suo lavoro ottant’anni di vita artistica in Sardegna, facendo della pittura la propria ragione di vita in un momento e in un contesto storico in cui una scelta simile era per una donna tutt’altro che facile; a una figura anticonvenzionale, indisciplinata e irruenta, ma anche amatissima per la sua capacità di parlare al pubblico con un linguaggio antielitario, immediato e diretto; e soprattutto a un’artista che attraverso la figurazione ha esaltato la forza della pittura, con immagini dall’intensa carica emotiva.
Della pittura Liliana Cano diceva: “E’ la memoria più facile. Lo scritto bisogna leggerlo. Bisogna avere il desiderio di conoscere la storia. Invece la pittura si mette di fronte ai tuoi occhi e ti ricorda tutto nello stesso momento in cui la guardi.”
La mostra non presenta al pubblico una ricostruzione complessiva della lunga carriera dell’artista, ma vuole piuttosto proporre una chiave di lettura utile per comprendere il senso di un lavoro che nella sua voluta semplicità può rischiare di essere visto superficialmente, e talvolta lo è stato.
Al centro dell’opera di Liliana Cano è l’idea di una femminilità non remissiva né quieta, ma affermativa e orgogliosamente cosciente di sé stessa.
La figura femminile è protagonista del suo lavoro: la troviamo nei molti ritratti tra gli anni sessanta e gli ottanta che registrano in modo pungente le mode e i tic sociali del periodo, come nelle eroine del mito classico, le cui favole sono evocate come metafore di sentimenti ed emozioni universali.
Dipinti come La domatrice, le Gitane, ma anche l’Assunta, la cui aggressività formale di sapore pop e la sfacciata violenza cromatica bordeggiano consapevolmente il Kitsch, potrebbero essere assunti come simboli della sua visione dell’arte.
La mostra si articola in cinque sezioni tematiche: il ritratto, con particolare attenzione ai ritratti di famiglia in cui lo sguardo dell’artista si colora di una sfumatura più intima e privata; la socialità, con le scene corali di persone riunite in momenti conviviali, di svago o in manifestazioni di piazza; il mito, in cui riemergono la cultura classica di Cano e la sua fascinazione per il Mediterraneo; la natura morta, tema meno frequente nella sua produzione ma non meno degno di interesse; il paesaggio, animato da un senso panico della natura.
Liliana Cano
Nata a Gorizia da genitori sardi (il padre era ingegnere, la madre maestra elementare e pittrice dilettante; il nonno Attilio Nigro era scultore) durante l’infanzia seguì la famiglia la famiglia in vari spostamenti lungo tutta la Penisola. Compiuti gli studi all’Accademia Albertina di Torino, si stabilì con i suoi a Sassari dopo la fine della guerra. Qui iniziò ad insegnare disegno ed entrò in contatto con l’ambiente artistico locale. Nel 1950 diede avvio all’attività espositiva. Nel 1978 lasciò la Sardegna per trasferirsi prima a Barcellona, quindi, per diciotto anni, in Francia, risiedendo successivamente in varie città della Provenza, fino al ritorno a Sassari nel 1996.
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