PACHAMAMA - Canto alla Madre. Terra Dipinti e sculture di Mario Tapia Radic
Dal 13 Maggio 2023 al 04 Giugno 2023
Segrate | Milano
Luogo: Centro Culturale Giuseppe Verdi
Indirizzo: Via XXV Aprile
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 18
Costo del biglietto: ingresso gratuito
O terra, aspettami
(Pablo Neruda)
Riportami, o sole,
al mio destino agreste,
pioggia del vecchio bosco,
riportami il profumo e le spade
che cadevano dal cielo,
la solitaria pace d'erba e pietra,
l'umidità dei margini del fiume,
il profumo del larice,
il vento vivo come un cuore
che palpita tra la scontrosa massa
della grande araucaria.
Terra, rendimi i tuoi doni puri,
le torri del silenzio che salirono
dalla solennità delle radici:
voglio essere di nuovo ciò che non sono stato,
imparare a tornare così dal profondo
che fra tutte le cose naturali
io possa vivere o non vivere: non importa
essere un'altra pietra, la pietra oscura,
la pietra pura che il fiume porta via.
Dal 13 maggio al 4 giugno, Segrate ospiterà la mostra “PACHAMAMA Canto alla Madre Terra Dipinti e sculture di Mario Tapia Radic”. Una retrospettiva di opere del noto pittore e scultore cileno scomparso nel 2010.
L’esposizione sarà allestita al Centro Culturale Giuseppe Verdi di Segrate ed il vernissage si terrà sabato 13 maggio alle ore 11.
L’iniziativa nasce da un progetto della Scuola dell’Infanzia Santa Rita di Segrate, accolto con entusiasmo dal Comune. L’istituto ha scelto di presentare ai bambini la vita e le opere dell’artista Cileno Mario Tapia Radic, che nella sua produzione ha raccontato le usanze del suo popolo, rappresentato tradizioni, reso omaggio a paesaggi che li hanno incantati.
Nella mostra sono esposti anche i tributi resi dai piccoli, che si sono impegnati nel rappresentare a modo loro due opere in particolare: Pachamama e Uccelli. Ciascuno ha scelto a quale opera ispirarsi, alcuni in modo astratto, altri maggiormente figurativo, ma in tutti i casi gli alunni hanno saputo cogliere l’essenza delle opere, riconoscendo in esse temi a loro molto cari e familiari: la bellezza della natura, la personificazione della stessa, l’importanza di difendere l’ambiente.
Alcuni dei commenti raccolti dagli insegnanti durante il lavoro nell’ atelier del colore:
Beatrice: “Pachamama è la nostra terra”.
Ali: “La natura, che è Pachamama, ci dà vita”.
Filippo: “La natura ci protegge”. Tommaso: “La natura è preziosa. Alcuni maleducati però la distruggono”. Filippo: “La storia di Pachamama è molto bella, anche se è di sofferenza”.
Edoardo: “Io immagino Mario Tapia con una cravatta tutta colorata”.
Un viaggio a colori nel cuore dell’America Latina. La terra natale dell’artista rappresenta il fulcro della sua produzione. Vicino al simbolismo, attraverso una sorta di realismo magico pittorico, egli rappresenta le atmosfere esotiche delle foreste cilene sospese tra sogno e ricordo. Paesaggi permeati di fascino e poesia, traducono con toni caldi le poesie dello scrittore Pablo Neruda che il pittore e scultore ha conosciuto di persona.
Mario Tapia Radic è considerato dalla critica un vero cantore della bellezza, un pittore colto, “non solo per lo spessore degli studi svolti…”, scrive l’amico Erminio Mazzucco, “ma per la singolarità con la quale Tapia in ogni suo quadro racconta una storia prodigiosa, narrata non con le parole, ma con stupefacenti colori”. “Lo strumento principale delle sue narrazioni”, prosegue Mazzucco, “è rappresentato dal pathos creato da una luce straordinaria, coinvolgente, avvolgente, tersa, vivace e quasi metafisica, una luce che dona alle sue opere un affascinante effetto atmosferico”.
In effetti basta un solo colpo d’occhio per avvertire il calore emanato dalle sue tele, piccole o grandi, ma tutte permeate da un respiro vitale che contagia lo spettatore e lo trasporta nella geografia, nella storia, nella cultura e nella magia delle popolazioni di origine andina.
Secondo la critica d’arte Francesca Della Monica, inoltre, quelle di Mario Tapia “sono opere che uniscono il genio artistico all’impegno civile testimoniato in diversi modi nei suoi quadri e le sue sculture”.
Per Pachamama – Per la Madre Terra
Pachamama in lingua quechua significa Madre Terra. Divinità venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l'altipiano andino, quali gli Aymara e i Quechua, è la grande dea madre, della terra, dell'agricoltura e della fertilità.
Dea madre le cui origini risalgono ai primordi della civiltà, nota con molti nomi e in molti miti in vari luoghi del mondo antico: Gea per i greci, Cibele per romani e italici, Mater Matuta per gli etruschi – ma anche, declinata nei suoi molteplici aspetti, Demetra/Cerere e Persefone/Proserpina, Artemide/Diana, Ecate – Astarte presso i fenici, è Durga/Lakshmi nell’India induista, Ištar per i babilonesi, per certi aspetti Nüwa nell’antica Cina, …
Dea madre come necessità di saper comunicare con, e comprendere, la Natura e invocare un futuro prospero.
L’opera pittorica, e in parte scultorea, di Mario Tapia (Valdivia, Cile, 1939 – Milano, 2010), profondamente radicata nella sua cultura latinoamericana, nella sua gente, nei suoi miti e nelle sue tradizioni, nei suoi vivaci colori, nella sua storia attraversata dalle carneficine commesse dagli europei “conquistatori”, dal dolore e dalle lotte di emancipazione e libertà, arriva a Segrate come una ventata di luce, di forza magica ossia ammaliante, e di riflessione. Perché l’esuberanza della natura da lui ritratta e quasi distillata nelle sue forme piene e rutilanti si pone ai nostri occhi quale emblema del fiabesco, del paradiso (giardino) perduto, della vitalità che prorompe, dell’incanto.
E persino il vulcano che erutta e il ghiacciaio della Patagonia che crolla, in cui si riconoscono profili umani, o la foresta in fiamme, ovvero varie catastrofi, sono lette apparentemente senza turbamento come parti di una realtà naturale a suo modo creativa e spettacolare, con una capacità di registrare e porre dentro un orizzonte mitico e a suo modo degno di contemplazione, ben diverso dai toni drammatici dell’epica che potremmo definire occidentale.
Le sue opere sono costruite sommando piani diversi spesso senza regole di prospettiva, prossime all’arte dell’illustrazione e del collage, e sono come tappeti di colore che fanno tesoro simbolico e stilistico sia delle raffigurazioni meso- e sudamericane antiche – azteche, tolteche, olmeche, maya e incaiche – sia del primitivismo pittorico che si richiama all’opera di Henry Rousseau. Meravigliosi patchwork cromatici e di segni.
Il linguaggio simbolico precolombiano si traduce con naturalezza in sculture di cui l’artista domina la materia – che sia la terracotta o il legno di cirmolo – conferendo ora rotondità ora frontalità in un gioco di rimandi tra antico e contemporaneo, spesso lavorando su forme ieratiche o strutture totemiche, spiccatamente verticali: ecco i Totem dedicati per la più parte a fenomeni naturali, alla pioggia, al sole e alla luna, al mare, al fulmine, al tramonto, ma anche alla casa.
Anche in scultura, il suo lavoro è contemporaneo soprattutto perché sempre antropologicamente vero, sempre trattando di temi necessari all’uomo, pur osservati, vigilati, de-cantati da divinità arcaiche: ecco sovente un maschile e un femminile che si incontrano, tanto da poter affermare che in fondo quello di Mario Tapia è un lavoro il cui soggetto è sempre l’incontro, il confronto: uomo-donna, madre-figlio, sole-luna, natura-cultura (scenario naturale-uomo), radici-quotidiano. In cui prorompe il dato naturale, la Terra Madre Pachamama che tutto genera e tutto ricomprende in sé in un inesauribile abbraccio.
E qui a Segrate, in questo incontro dell’arte di Tapia con le voci incantate ed espressive dei bambini, questo canto alla Terra si vena di ulteriori risonanze e riflessioni.
Se avessimo mantenuto, se mantenessimo, l’idea forte di pianeta Terra come Madre, grande madre, forse le/gli avremmo fatto meno danni, saremmo stati più rispettosi come, in fondo, passata l’adolescenza, si rispetta e si prova a capire una madre, re-incontrandola.
Gianluca Poldi
Cantore della bellezza
“Solo attraverso le porte del bello penetrerai nel paese della Conoscenza” (Schiller)
La barba folta, gli occhi chiari leggermente allungati, lo sguardo intenso di chi ha visto tante cose e ha dato loro un senso; così si presentava Mario Tapia Radic, nato a Valdivia, nel sud del Cile, il 3 luglio 1939.
Già da bambino mostra una precoce vocazione artistica che a soli 11 anni, in occasione di una sua esposizione alla Fiera Artistica di Antofagasta, nel nord del paese, gli fa ottenere i primi importanti consensi della critica. In questa città portuale del Cile settentrionale trascorrerà anche la sua indimenticabile adolescenza. Una volta conclusi gli studi liceali si trasferisce nella capitale Santiago, città in cui consegue la laurea in “Architettura d’interni”, con specializzazione in Ceramica. Dopo essere stato assistente alla cattedra di Pittura, scultura e ceramica, in seguito ottiene l’incarico di “Arte della Ceramica”, mantenendo nel contempo l’insegnamento presso gli istituti culturali di “Las Condes” e “Providencia” a Santiago. Il suo percorso in Italia è ricco e variegato: moltissime sono le mostre, i coloratissimi murales, gli incontri-laboratori nelle scuole con i bambini e le maestre, i corsi serali per gli adulti. In tutti quelli che l' hanno conosciuto Mario ha lasciato un segno indelebile: l' arte si può fare partendo dal colore e da immagini interiori vivide e vere.
(Pablo Neruda)
Riportami, o sole,
al mio destino agreste,
pioggia del vecchio bosco,
riportami il profumo e le spade
che cadevano dal cielo,
la solitaria pace d'erba e pietra,
l'umidità dei margini del fiume,
il profumo del larice,
il vento vivo come un cuore
che palpita tra la scontrosa massa
della grande araucaria.
Terra, rendimi i tuoi doni puri,
le torri del silenzio che salirono
dalla solennità delle radici:
voglio essere di nuovo ciò che non sono stato,
imparare a tornare così dal profondo
che fra tutte le cose naturali
io possa vivere o non vivere: non importa
essere un'altra pietra, la pietra oscura,
la pietra pura che il fiume porta via.
Dal 13 maggio al 4 giugno, Segrate ospiterà la mostra “PACHAMAMA Canto alla Madre Terra Dipinti e sculture di Mario Tapia Radic”. Una retrospettiva di opere del noto pittore e scultore cileno scomparso nel 2010.
L’esposizione sarà allestita al Centro Culturale Giuseppe Verdi di Segrate ed il vernissage si terrà sabato 13 maggio alle ore 11.
L’iniziativa nasce da un progetto della Scuola dell’Infanzia Santa Rita di Segrate, accolto con entusiasmo dal Comune. L’istituto ha scelto di presentare ai bambini la vita e le opere dell’artista Cileno Mario Tapia Radic, che nella sua produzione ha raccontato le usanze del suo popolo, rappresentato tradizioni, reso omaggio a paesaggi che li hanno incantati.
Nella mostra sono esposti anche i tributi resi dai piccoli, che si sono impegnati nel rappresentare a modo loro due opere in particolare: Pachamama e Uccelli. Ciascuno ha scelto a quale opera ispirarsi, alcuni in modo astratto, altri maggiormente figurativo, ma in tutti i casi gli alunni hanno saputo cogliere l’essenza delle opere, riconoscendo in esse temi a loro molto cari e familiari: la bellezza della natura, la personificazione della stessa, l’importanza di difendere l’ambiente.
Alcuni dei commenti raccolti dagli insegnanti durante il lavoro nell’ atelier del colore:
Beatrice: “Pachamama è la nostra terra”.
Ali: “La natura, che è Pachamama, ci dà vita”.
Filippo: “La natura ci protegge”. Tommaso: “La natura è preziosa. Alcuni maleducati però la distruggono”. Filippo: “La storia di Pachamama è molto bella, anche se è di sofferenza”.
Edoardo: “Io immagino Mario Tapia con una cravatta tutta colorata”.
Un viaggio a colori nel cuore dell’America Latina. La terra natale dell’artista rappresenta il fulcro della sua produzione. Vicino al simbolismo, attraverso una sorta di realismo magico pittorico, egli rappresenta le atmosfere esotiche delle foreste cilene sospese tra sogno e ricordo. Paesaggi permeati di fascino e poesia, traducono con toni caldi le poesie dello scrittore Pablo Neruda che il pittore e scultore ha conosciuto di persona.
Mario Tapia Radic è considerato dalla critica un vero cantore della bellezza, un pittore colto, “non solo per lo spessore degli studi svolti…”, scrive l’amico Erminio Mazzucco, “ma per la singolarità con la quale Tapia in ogni suo quadro racconta una storia prodigiosa, narrata non con le parole, ma con stupefacenti colori”. “Lo strumento principale delle sue narrazioni”, prosegue Mazzucco, “è rappresentato dal pathos creato da una luce straordinaria, coinvolgente, avvolgente, tersa, vivace e quasi metafisica, una luce che dona alle sue opere un affascinante effetto atmosferico”.
In effetti basta un solo colpo d’occhio per avvertire il calore emanato dalle sue tele, piccole o grandi, ma tutte permeate da un respiro vitale che contagia lo spettatore e lo trasporta nella geografia, nella storia, nella cultura e nella magia delle popolazioni di origine andina.
Secondo la critica d’arte Francesca Della Monica, inoltre, quelle di Mario Tapia “sono opere che uniscono il genio artistico all’impegno civile testimoniato in diversi modi nei suoi quadri e le sue sculture”.
Per Pachamama – Per la Madre Terra
Pachamama in lingua quechua significa Madre Terra. Divinità venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l'altipiano andino, quali gli Aymara e i Quechua, è la grande dea madre, della terra, dell'agricoltura e della fertilità.
Dea madre le cui origini risalgono ai primordi della civiltà, nota con molti nomi e in molti miti in vari luoghi del mondo antico: Gea per i greci, Cibele per romani e italici, Mater Matuta per gli etruschi – ma anche, declinata nei suoi molteplici aspetti, Demetra/Cerere e Persefone/Proserpina, Artemide/Diana, Ecate – Astarte presso i fenici, è Durga/Lakshmi nell’India induista, Ištar per i babilonesi, per certi aspetti Nüwa nell’antica Cina, …
Dea madre come necessità di saper comunicare con, e comprendere, la Natura e invocare un futuro prospero.
L’opera pittorica, e in parte scultorea, di Mario Tapia (Valdivia, Cile, 1939 – Milano, 2010), profondamente radicata nella sua cultura latinoamericana, nella sua gente, nei suoi miti e nelle sue tradizioni, nei suoi vivaci colori, nella sua storia attraversata dalle carneficine commesse dagli europei “conquistatori”, dal dolore e dalle lotte di emancipazione e libertà, arriva a Segrate come una ventata di luce, di forza magica ossia ammaliante, e di riflessione. Perché l’esuberanza della natura da lui ritratta e quasi distillata nelle sue forme piene e rutilanti si pone ai nostri occhi quale emblema del fiabesco, del paradiso (giardino) perduto, della vitalità che prorompe, dell’incanto.
E persino il vulcano che erutta e il ghiacciaio della Patagonia che crolla, in cui si riconoscono profili umani, o la foresta in fiamme, ovvero varie catastrofi, sono lette apparentemente senza turbamento come parti di una realtà naturale a suo modo creativa e spettacolare, con una capacità di registrare e porre dentro un orizzonte mitico e a suo modo degno di contemplazione, ben diverso dai toni drammatici dell’epica che potremmo definire occidentale.
Le sue opere sono costruite sommando piani diversi spesso senza regole di prospettiva, prossime all’arte dell’illustrazione e del collage, e sono come tappeti di colore che fanno tesoro simbolico e stilistico sia delle raffigurazioni meso- e sudamericane antiche – azteche, tolteche, olmeche, maya e incaiche – sia del primitivismo pittorico che si richiama all’opera di Henry Rousseau. Meravigliosi patchwork cromatici e di segni.
Il linguaggio simbolico precolombiano si traduce con naturalezza in sculture di cui l’artista domina la materia – che sia la terracotta o il legno di cirmolo – conferendo ora rotondità ora frontalità in un gioco di rimandi tra antico e contemporaneo, spesso lavorando su forme ieratiche o strutture totemiche, spiccatamente verticali: ecco i Totem dedicati per la più parte a fenomeni naturali, alla pioggia, al sole e alla luna, al mare, al fulmine, al tramonto, ma anche alla casa.
Anche in scultura, il suo lavoro è contemporaneo soprattutto perché sempre antropologicamente vero, sempre trattando di temi necessari all’uomo, pur osservati, vigilati, de-cantati da divinità arcaiche: ecco sovente un maschile e un femminile che si incontrano, tanto da poter affermare che in fondo quello di Mario Tapia è un lavoro il cui soggetto è sempre l’incontro, il confronto: uomo-donna, madre-figlio, sole-luna, natura-cultura (scenario naturale-uomo), radici-quotidiano. In cui prorompe il dato naturale, la Terra Madre Pachamama che tutto genera e tutto ricomprende in sé in un inesauribile abbraccio.
E qui a Segrate, in questo incontro dell’arte di Tapia con le voci incantate ed espressive dei bambini, questo canto alla Terra si vena di ulteriori risonanze e riflessioni.
Se avessimo mantenuto, se mantenessimo, l’idea forte di pianeta Terra come Madre, grande madre, forse le/gli avremmo fatto meno danni, saremmo stati più rispettosi come, in fondo, passata l’adolescenza, si rispetta e si prova a capire una madre, re-incontrandola.
Gianluca Poldi
Cantore della bellezza
“Solo attraverso le porte del bello penetrerai nel paese della Conoscenza” (Schiller)
La barba folta, gli occhi chiari leggermente allungati, lo sguardo intenso di chi ha visto tante cose e ha dato loro un senso; così si presentava Mario Tapia Radic, nato a Valdivia, nel sud del Cile, il 3 luglio 1939.
Già da bambino mostra una precoce vocazione artistica che a soli 11 anni, in occasione di una sua esposizione alla Fiera Artistica di Antofagasta, nel nord del paese, gli fa ottenere i primi importanti consensi della critica. In questa città portuale del Cile settentrionale trascorrerà anche la sua indimenticabile adolescenza. Una volta conclusi gli studi liceali si trasferisce nella capitale Santiago, città in cui consegue la laurea in “Architettura d’interni”, con specializzazione in Ceramica. Dopo essere stato assistente alla cattedra di Pittura, scultura e ceramica, in seguito ottiene l’incarico di “Arte della Ceramica”, mantenendo nel contempo l’insegnamento presso gli istituti culturali di “Las Condes” e “Providencia” a Santiago. Il suo percorso in Italia è ricco e variegato: moltissime sono le mostre, i coloratissimi murales, gli incontri-laboratori nelle scuole con i bambini e le maestre, i corsi serali per gli adulti. In tutti quelli che l' hanno conosciuto Mario ha lasciato un segno indelebile: l' arte si può fare partendo dal colore e da immagini interiori vivide e vere.
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