Un capolavoro delle Gallerie degli Uffizi

La Nascita di Venere di Botticelli: l'amore e la bellezza come fonte di rinascita

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1483-1485, Tempera su tela, 172.5 x 278.9 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
 

Samantha De Martin

12/03/2020

Firenze - Una Venere pudica, che cela le nudità con le mani e i lunghi capelli biondi, emerge dalla valva di una conchiglia, pura e perfetta con le sue sinuosità gentili bianco latte, simile a una perla splendente. Nuda e distante come una statua antica in marmo candido, viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, che, assieme ad Aura, muove Venere col soffio della passione e dell'ebrezza primaverile.



Questo capolavoro in tempera su tela, che Sandro Botticelli realizzò intorno al 1485, raffigura l’approdo sull’isola di Cipro della dea dell’amore e della bellezza, nata dalla spuma del mare e sospinta verso la riva.

I protagonisti sono tenuti insieme da una composizione estremamente simmetrica: il soffio vitale offerto dai due venti e la ninfa sono i due lati ideali di un triangolo al cui vertice si pone Venere, l'elemento mediano dell'intera scena.
Seguendo probabilmente le istruzioni del De pictura di Leon Battista Alberti, Botticelli limitò il numero delle figure rendendo autonomi tutti gli elementi della scena, come fossero semplicemente giustapposti.

Dove si trova La nascita di Venere?

La Nascita di Venere è un capolavoro della Galleria degli Uffizi. Si trova, assieme alla Primavera, nella sala 10-14. Misura 278.5 X 172.5 cm.

Chi è che accoglie la dea che esce dal mare?

Ad accogliere Venere è una giovane donna, identificata talvolta con una delle Grazie oppure con l’Ora della primavera, che porge alla dea un manto rosa cosparso di fiori. Alla stagione primaverile rimandano anche le rose portate dai venti. La casta ancella di Venere indossa un vestito di seta che ondeggia al soffio del vento, riccamente decorato con fiori e ghirlande di rose e fiordalisi. La posa della dea, con l'equilibrato bilanciamento del "contrapposto", deriva dal modello classico della Venus pudica (cioè che si copre con le braccia il seno e il basso ventre).


Un’armonia sinuosa

È la linea elegante del disegno a conferire al tutto un’armonia sinuosa. Dalle onde, appena increspate, alle vesti, gonfie al soffio del vento, dal fluire dei capelli della dea, alla spiaggia, ogni forma dell’opera risulta netta, percorsa da una grazia rara che trova sublimazione nel nudo statuario della dea, nella quale le qualità morali e spirituali, secondo la dottrina neoplatonica, coincidono con la bellezza fisica.
Tra gli sguardi dei protagonisti serpeggia una lieve malinconia, elemento molto diffuso nei lavori dell’artista fiorentino.





A cosa si ispira l’opera?

Il tema del dipinto, che celebra Venere come simbolo di amore e bellezza, fu forse suggerito dal poeta Agnolo Poliziano e dalle sue celebri Stanze per la giostra, opera incompiuta in lingua volgare dove le figure della mitologia classica occupano un ruolo di primissimo piano. Ma nel capolavoro di Botticelli si intravedono anche echi di Ovidio, Tibullo, della Teogonia di Esiodo, del De rerum natura di Lucrezio, dell'Inno a Venere di Omero, della Storia Naturale di Plinio.

Che cos’hanno in comune La nascita di Venere e la Primavera?

Botticelli realizza La nascita di Venere intorno al 1485. La Primavera è invece databile intorno al 1480. I due capolavori non sono quindi molto lontani. Le due opere condividono la provenienza storica, il formato (319 x 207 cm la Primavera; 278.9 X 178.5 cm La Nascita di Venere) come alcuni riferimenti filosofici. Oltre a rappresentare una delle creazioni più elevate dell'estetica del pittore fiorentino, entrambi i capolavori sono custoditi nella sala 10-14 delle Gallerie degli Uffizi.
Nella Nascita di Venere, tuttavia, l'armonia serena che caratterizzava la Primavera, è assente. Lascia il posto a una certa irrequietezza appena accennata con linee contrastanti

Un’opera “neoplatonica”?

In questo capolavoro prendono forma gli ideali di bellezza del neoplatonismo di Marsilio Ficino, che propose la ripresa del pensiero platonico e ne mostrò l'affinità con il cristianesimo. L'influenza delle teorie neoplatoniche sulle arti figurative fu profonda. I temi della bellezza e dell'amore divennero centrali in quanto l'uomo, spinto dall'amore, poteva elevarsi dal regno della materia fino a quello dello spirito. Per questo motivo alla mitologia venne assegnata la stessa dignità dei temi di soggetto sacro.
Questo spiega anche il motivo per cui le decorazioni di carattere profano ebbero una così larga diffusione. Persino Venere, la dea più peccaminosa dell'Olimpo pagano, venne reinterpretata alla luce della filosofia neoplatonica, per diventare uno dei soggetti più raffigurati dagli artisti secondo una duplice tipologia: la Venere celeste, simbolo dell'amore spirituale che spingeva l'uomo verso l'ascesi, e la Venere terrena, simbolo delle passioni.
Botticelli, vicino ai filosofi neoplatonici, ne accolse pienamente le idee e riuscì a rendere visibile quella bellezza da loro teorizzata, secondo la sua personale interpretazione dal carattere malinconico e contemplativo.

Cosa simboleggia l’opera?

Il capolavoro di Botticelli, tra le opere d’arte più note al mondo, nasconde un'allegoria neoplatonica basata sul concetto di amore come energia vivificatrice, forza motrice della natura. Lungi dal rappresentare per i contemporanei una pagana esaltazione della bellezza femminile, la nudità di Venere allude piuttosto al concetto di Humanitas, intesa come bellezza spirituale, ma anche purezza, nobiltà d’animo.
La protagonista è emblema del bello spirituale, e la natura è espressa attraverso i suoi elementi (acqua, aria, terra). Il ritmo che permea l'opera è governato dal demone platonico, quel furor che Marsilio Ficino chiamava malinconicus, in quanto generato dall'aspirazione a qualcosa che non si ha o dalla nostalgia di qualcosa che si è perduto. Dietro l’interpretazione colta del dipinto si può certo leggere un’ode alla famiglia fiorentina che commissionò l’opera: l’inizio del regno di Amore arriva a Firenze proprio grazie ai Medici e alla loro diplomazia e cultura.

Chi è il committente?

È probabile che il committente dell’opera sia da ricercarsi all’interno della casata dei Medici, sebbene non si abbiano notizie del dipinto prima del 1550. Giorgio Vasari lo descrive nella villa medicea di Castello, proprietà del ramo cadetto della famiglia Medici fin dalla metà del XV secolo.

A cosa alludono gli alberi di arancio?

Ad avvalorare l’ipotesi che il committente dell’opera sia da ricercarsi nella casata dei Medici, la raffigurazione degli alberi di arancio, considerati un emblema mediceo per l’assonanza fra il nome della famiglia e quello con cui queste piante erano note, ‘mala medica’.



Un supporto insolito

A differenza di quanto si usava fare nella Firenze del suo tempo, e di quanto l’artista avesse fatto nella stessa Primavera - dipinto su tavola - Botticelli utilizzò per la sua Nascita di Venere, la tela, supporto non di rado impiegato nel Quattrocento per pitture decorative destinate alle residenze signorili. Furono cuciti tra loro due teli e in seguito venne aggiunta un'imprimitura a base di gesso tinto con un po' di blu, in modo da dare il particolare tono azzurrato all’intero dipinto. La pittura usa la tecnica della tempera magra. I colori vengono sciolti in colle animali e vegetali utilizzati come leganti. Questo espediente conferisce una straordinaria luminosità al dipinto, avvicinandolo molto alla resa dell'affresco.
Il pittore ha fatto inoltre ricorso a un abbondante uso dell'oro, steso con due tecniche: a "pennello", come nei capelli di Venere, e a "missione", cioè con l'aggiunta di mordente, sui tronchi e sulle foglie. I capelli splendenti di Venere ne sono uno straordinario esempio.