Al Mudec e a Palazzo Reale due appuntamenti con il genio del Novecento
Picasso, lo straniero: anticipazioni dalla grande mostra milanese
Pablo Picasso, La lecture de la lettre, 1921, Olio su tela, 184 × 105 cm, Musée national Picasso-Paris | © Succession Picasso – Gestion droits d’auteur by SIAE 2023 | Foto: © RMN-Grand Palais / Mathieu Rabeau
Francesca Grego
25/01/2024
Se nel 2023 un ricco programma di mostre internazionali ha celebrato il cinquantenario della morte di Pablo Picasso, nel 2024 il genio del Novecento torna sulla breccia in Italia e in particolare a Milano, dove ben due esposizioni che lo vedranno protagonista. La prima aprirà a breve nelle sale del Mudec, per indagare sulla fascinazione del maestro per l’arte africana.
“L’art négre? Connais pas”, rispondeva con impassibile faccia tosta l’artista negli anni Venti alle domande di un critico. Ma il suo atelier traboccava di sculture e maschere africane, imprescindibili fonti di ispirazione nell'invenzione del Cubismo e non solo. In programma dal 22 febbraio al 30 giugno, Picasso. La metamorfosi della figura ricostruirà la vera storia dell’attrazione di Picasso per queste opere “magiche”, seguendo l’evoluzione del suo stile passo dopo passo. A raccontarla saranno dipinti, sculture e disegni provenienti dai maggiori musei europei, con un focus sulla genesi del rivoluzionario capolavoro delle Demoiselles d’Avignon.
A settembre, invece, i riflettori punteranno verso Palazzo Reale, dove ferve già l’attesa per la mostra Picasso lo straniero: un punto di vista inedito per guardare a uno dei più grandi artisti di sempre, nato a Malaga e vissuto in Francia per oltre 60 anni senza mai acquisirne la cittadinanza. Come mai? Circa 80 opere - tra dipinti, sculture, disegni, collage, stampe e fotografie - saranno i testimoni di una vicenda poco nota al grande pubblico, ma di grande attualità, lasciando emergere il ritratto di un artista in anticipo sui tempi nell’estetica come nella politica. Tra i pezzi selezionati dai curatori figurano Le Sacré-Coeur (1909-10), la Lecture de la lettre del 1921 e Les Baigneurs: la femme aux bras écartés del 1956: opere diverse per stile, epoca e atmosfera, tutte appartenenti alle collezioni del Musée National Picasso di Parigi, che ha collaborato alla realizzazione del progetto.
Basata su nuove ricerche, l’esposizione evidenzierà la condizione di eterno straniero sperimentata dal maestro in un paese all’epoca tutt’altro che accogliente, ma soprattutto indagherà su come il geniale pittore andaluso abbia plasmato la propria identità vivendo questa scomoda posizione. “Per un individuo come Picasso, che proveniva da un mondo culturale diverso, l’incontro con situazioni di instabilità fu senza dubbio uno stimolo a cercare nuove strade, nuove nicchie, nuovi interlocutori”, spiega la curatrice Annie Cohen-Solal sul magazine di MarsilioArte, società produttrice della mostra: “La carriera e l’opera di Picasso sono straordinarie testimonianze di come un individuo possa riuscire a emergere brillantemente da una situazione di emarginazione. Accanto all’artista mercuriale che ha esplorato e reinventato ogni genere ed estetica dell’arte, scopriamo un vero stratega che ha saputo navigare nelle correnti ostili della società francese fino al 1944”.
Dopo il suo primo arrivo a Parigi a 19 anni, in un paese sconvolto da tensioni politico-sociali e in preda a movimenti xenofobi – basti pensare all’Affaire Dreyfus - Picasso fu stigmatizzato come straniero e supposto anarchico da parte della Police des étrangers. Costretto ogni due anni a presentarsi alle autorità fornendo le impronte digitali, il pittore tradurrà nell’arte la propria estraneità. C’è un quadro del 1900, Gruppo di catalani a Montmartre, in cui l’artista raffigura se stesso e i suoi amici, stranieri come lui, come dei criminali. «Si rappresenta come viene visto dai francesi, dalla polizia», racconta Cohen-Solal nel documentario Picasso. Un ribelle a Parigi (2023): è un quadro che “non parla di lui, ma della xenofobia”.
Pablo Picasso, La Baie de Cannes, Cannes, 19 aprile 1958 - 9 giugno 1958. Olio su tela, 130 x 195 cm. Musée national Picasso - Paris. Dation Pablo Picasso, 1979. MP212 I Courtesy MarsilioArte
Anche la potentissima Académie des Beaux-Arts emarginò Picasso per diversi decenni, dalla nascita del Cubismo fino alla soglia degli anni Cinquanta, bollandolo con il marchio maledetto di artista d’avanguardia. E se durante la Prima Guerra Mondiale il pittore fu vittima indiretta della propaganda anti-tedesca - il suo gallerista, Daniel-Henry Kahnweiler, era nato in Germania - negli anni Trenta i suoi quadri furono regolarmente rifiutati dai musei francesi. Fino al 1949 solo due opere furono accolte nelle collezioni nazionali, e si tratta di lavori oggi unanimemente considerati minori: Femme Lisant del 1920, donata dall’artista al Musée de Grenoble, e il Ritratto di Gustave Coquiot (1901), acquistato dal Musée du Jeu de Paume.
A dispetto del clima ostile, fin dall’arrivo a Parigi Picasso riuscì a tessere intorno a sè una rete di amici e conoscenti su cui avrebbe fatto affidamento per il resto della vita. “La sua carriera in Francia fu un percorso a ostacoli, un susseguirsi di vittorie e sconfitte”, prosegue la curatrice: “Nel 1955 lasciò definitivamente Parigi e andò a vivere nel Sud della Francia tra ceramisti, fotografi, scultori e litografi, di fronte al Mediterraneo, in un’area di culture multiple alla quale era sempre appartenuto. Sceglie la regione rispetto alla capitale, gli artigiani rispetto agli accademici, la provincia rispetto all’establishment parigino, e gestisce felicemente la sua fama ormai mondiale”
La cittadinanza francese gli era stata negata nel 1940, quando Picasso la richiese sperando di ottenere protezione dai nazisti e dai franchisti. Molti anni dopo sarebbe stato lui stesso, ormai all’apice della notorietà, a rifiutare orgogliosamente l’offerta dello Stato francese, restando straniero fino alla morte nel paese in cui trascorse gran parte dei suoi giorni.
Curata da Annie Cohen-Solal con la curatela speciale di Cécile Debray e la collaborazione di Sébastien Delot, Picasso lo straniero sarà a Palazzo Reale dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025.
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A settembre, invece, i riflettori punteranno verso Palazzo Reale, dove ferve già l’attesa per la mostra Picasso lo straniero: un punto di vista inedito per guardare a uno dei più grandi artisti di sempre, nato a Malaga e vissuto in Francia per oltre 60 anni senza mai acquisirne la cittadinanza. Come mai? Circa 80 opere - tra dipinti, sculture, disegni, collage, stampe e fotografie - saranno i testimoni di una vicenda poco nota al grande pubblico, ma di grande attualità, lasciando emergere il ritratto di un artista in anticipo sui tempi nell’estetica come nella politica. Tra i pezzi selezionati dai curatori figurano Le Sacré-Coeur (1909-10), la Lecture de la lettre del 1921 e Les Baigneurs: la femme aux bras écartés del 1956: opere diverse per stile, epoca e atmosfera, tutte appartenenti alle collezioni del Musée National Picasso di Parigi, che ha collaborato alla realizzazione del progetto.
Basata su nuove ricerche, l’esposizione evidenzierà la condizione di eterno straniero sperimentata dal maestro in un paese all’epoca tutt’altro che accogliente, ma soprattutto indagherà su come il geniale pittore andaluso abbia plasmato la propria identità vivendo questa scomoda posizione. “Per un individuo come Picasso, che proveniva da un mondo culturale diverso, l’incontro con situazioni di instabilità fu senza dubbio uno stimolo a cercare nuove strade, nuove nicchie, nuovi interlocutori”, spiega la curatrice Annie Cohen-Solal sul magazine di MarsilioArte, società produttrice della mostra: “La carriera e l’opera di Picasso sono straordinarie testimonianze di come un individuo possa riuscire a emergere brillantemente da una situazione di emarginazione. Accanto all’artista mercuriale che ha esplorato e reinventato ogni genere ed estetica dell’arte, scopriamo un vero stratega che ha saputo navigare nelle correnti ostili della società francese fino al 1944”.
Dopo il suo primo arrivo a Parigi a 19 anni, in un paese sconvolto da tensioni politico-sociali e in preda a movimenti xenofobi – basti pensare all’Affaire Dreyfus - Picasso fu stigmatizzato come straniero e supposto anarchico da parte della Police des étrangers. Costretto ogni due anni a presentarsi alle autorità fornendo le impronte digitali, il pittore tradurrà nell’arte la propria estraneità. C’è un quadro del 1900, Gruppo di catalani a Montmartre, in cui l’artista raffigura se stesso e i suoi amici, stranieri come lui, come dei criminali. «Si rappresenta come viene visto dai francesi, dalla polizia», racconta Cohen-Solal nel documentario Picasso. Un ribelle a Parigi (2023): è un quadro che “non parla di lui, ma della xenofobia”.
Pablo Picasso, La Baie de Cannes, Cannes, 19 aprile 1958 - 9 giugno 1958. Olio su tela, 130 x 195 cm. Musée national Picasso - Paris. Dation Pablo Picasso, 1979. MP212 I Courtesy MarsilioArte
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A dispetto del clima ostile, fin dall’arrivo a Parigi Picasso riuscì a tessere intorno a sè una rete di amici e conoscenti su cui avrebbe fatto affidamento per il resto della vita. “La sua carriera in Francia fu un percorso a ostacoli, un susseguirsi di vittorie e sconfitte”, prosegue la curatrice: “Nel 1955 lasciò definitivamente Parigi e andò a vivere nel Sud della Francia tra ceramisti, fotografi, scultori e litografi, di fronte al Mediterraneo, in un’area di culture multiple alla quale era sempre appartenuto. Sceglie la regione rispetto alla capitale, gli artigiani rispetto agli accademici, la provincia rispetto all’establishment parigino, e gestisce felicemente la sua fama ormai mondiale”
La cittadinanza francese gli era stata negata nel 1940, quando Picasso la richiese sperando di ottenere protezione dai nazisti e dai franchisti. Molti anni dopo sarebbe stato lui stesso, ormai all’apice della notorietà, a rifiutare orgogliosamente l’offerta dello Stato francese, restando straniero fino alla morte nel paese in cui trascorse gran parte dei suoi giorni.
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