Landscape experience. Connessioni tra arte e paesaggio
Dal 09 Settembre 2023 al 15 Ottobre 2023
Capalbio | Grosseto
Luogo: Galleria Il Frantoio
Indirizzo: Piazza della Provvidenza 10
Orari: da mercoledì a lunedì (chiuso il martedì) 18.00 - 23.00; dal 21 settembre al 15 ottobre, da venerdì a domenica 18.00 – 21.00
Curatori: Davide Sarchioni
L'Associazione Culturale Il Frantoio di Capalbio, in collaborazione con la galleria NM Contemporary del Principato di Monaco, è lieta di presentare “Landscape experience. Connessioni tra arte e paesaggio”, la mostra collettiva a cura di Davide Sarchioni che inaugurasabato 9 settembre alle ore 19.00, presso gli spazi della galleria Il Frantoio a Capalbio.
Si è soliti utilizzare il termine “paesaggio” come sinonimo di "panorama”, la veduta di una porzione di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un determinato punto di visuale. Il primo approccio alla vista di un paesaggio è anzitutto di tipo affettivo, dettato dall'emozione del momento. Soltanto successivamente, con l'intento di descriverlo o raccontarlo a qualcuno, se ne analizzerà la morfologia, la tipologia e le peculiari caratteristiche estetiche e naturalistiche che lo contraddistinguono. Tuttavia, ciò che rimane impresso nella memoria è il ricordo dell'esperienza vissuta potendo, così, affermare che il paesaggio nasce e si trasforma come risultato di un'esperienza umana.
La mostra indaga e mette a confronto i diversi approcci di 3 artisti, Antonio Barbieri, Vincenzo Marsiglia, Matteo Sanna, per i quali l'esperienza del paesaggio diventa centrale nella creazione delle proprie opere, evidenziando connessioni inedite tra arte e paesaggio. Il titolo “Landscape experience” si riferisce al concetto di paesaggio, naturale o urbano, inteso non come ispirazione o soggetto dell'opera, ma come esperienza vissuta dall'artista in prima persona in un determinato territorio, che sollecita l'impiego di un'ampia varietà di metodologie e mezzi differenti per sperimentare ibridazioni tra pittura e processi chimici, tra scultura, fotografia, intelligenza artificiale e realtà aumentata, da cui scaturiscono nuove considerazioni estetiche, analisi e riflessioni.
In esposizione alcuni nuclei di opere paradigmatiche che, enunciando connessioni inedite tra arte e paesaggio, distinguono gli specifici ambiti della ricerca di ciascun artista.
Per Matteo Sanna (San Gavino, 1984) il paesaggio è concepito come un luogo legato alla memoria, all'identità e al sé. Il suo immaginario si nutre dei paesaggi della Sardegna del sud, sua terra d'origine e in cui attualmente vive e lavora, dove reperisce oggetti, materie organiche o inerti che dal suo quotidiano entrano a far parte dell'opera quanto del processo creativo, per condurre una ricerca peculiare incentrata sul tempo e la precarietà dei fenomeni, che egli trasfigura in intense e poetiche immagini testimoniali della propria esperienza personale, quale paradigma di una storia collettiva.
In alcuni lavori l'artista utilizza fiori recisi come matrici per imprimere sulla tela tracce imperfette che evocano la fragilità e la transitorietà dell'esistenza umana e diventano al contempo segni imperituri che riscattano emblematicamente il fiore dalla sua morte. In un'altra ampia serie di lavori su carta, l'acqua del mare di Sardegna -raccolta in più di dodici differenti spiaggie- miscelata ai cristalli di sale e al colore viena fatta evaporare lasciando sul supporto le tracce e i segni evidenti di quanto accaduto, proprio “Come la salsedine sulla pelle” che dopo una giornata al mare rende visibile i segni dell'esperienza vissuta, come portatrice di memoria.
Il senso di fragilità, di imperfezione e dell’auto-accettazione emerge dai “Fragili fraintendimenti”, vasi di recupero spesso donati da amici, differenti per foggia e materiale, che l'artista riempie con un composto ceramico cremoso il quale spacca in frantumi il recipiente. Successivamente, Sanna ricompone il vaso pezzo per pezzo accettando anche quelle imperfezioni date dall'evidenza delle crepe, quale prova di consapevolezza esistenziale, dell'essere “unici e irripetibili” anche grazie ai propri difetti.
Su tutt'altro versante si colloca la ricerca di Antonio Barbieri (Rho, 1985) che osserva il paesaggio con lo sguardo rivolto all'analisi delle forme naturali e alla loro organizzazione per carpire ciò che solitamente rimane invisibile all'occhio umano, focalizzandosi sui processi biologici di trasformazione legati alle possibilità di resilienza e di adattamento di un organismo in relazione ai cambiamenti del proprio habitat, rispetto ai quali anche le forme mutano interagendo con esso, modificandosi nel tempo e nello spazio e caricandosi di analogie attinenti ad un contesto evolutivo universale.
Nei lavori più recenti, agendo con l'abilità manuale di uno scultore e l'impiego massiccio di differenti tecnologie, Barbieri immagazzina i dati ambientali di un determinato territorio per riorganizzarli in forme ibride attraverso l'utilizzo di scanner 3D, algoritmi, programmi generativi e di modellazione che non sfuggono mai al controllo dell'artista. Tali forme o strutture sopravvivono come immagini tridimensionali nello spazio digitale o diventano oggetti fisici realizzati con materiali diversi grazie all'impiego di stampanti 3D, che vengono successivamente dipinti a mano. Essi costituiscono la trasposizione di un'esperienza paesaggistica in un costrutto formale armonico e coerente.
In mostra sono presenti differenti tipologie di opere, da complesse forme totemiche -derivate dall'innesto di fotogrammetrie di elementi fitomorfici e geometrici, di vegetali, insetti e animali- ad inediti oggetti scultorei e immagini stampate su plexiglass ottenuti dalla commistione e dalla rielaborazione dei dati raccolti sul territorio di Capalbio nell'ambito di un'esperienza condotta presso l'Azienda agricola Roberto Lombardi.
Muovendosi sul crinale tra arte e scienza e con spirito pionieristico, Barbieri ricerca forme resilienti, fluide e mutabili che sfidando le leggi naturali verificano e ipotizzano nuovi ecosistemi di vita futuribili.
Anche Vincenzo Marsiglia (Belvedere Marittimo - CS, 1972) presenta in mostra gli esiti della propria “esperienza del paesaggio” vissuta nel borgo e nelle campagne di Capalbio indossando il visore a realtà mista e aumentata HoloLens 2, come parte del suo progetto ongoing “Map (Star) the World”, da cui è stato ricavato anche un video che sarà presentato in occasione del Capalbio Film Festival 2023.
Marsiglia esplora il paesaggio attraverso una modalità innovativa di interazione ambientale e di mappatura dello spazio fisico, immersiva e mutevole, durante la quale la percezione visiva della realà risulta implementata da pattern stellati, strutture cromatiche e volumetrie virtuali generati dai movimenti dello sguardo e derivanti dai motivi formali del suo linguaggio, caratterizzato dalla ricorrenza di un modulo grafico a forma di una stella a quattro punte (denominato “Unità Marsiglia”). Quest’ultima, continuamente riformulata nelle sue multiformi manifestazioni, consente all'artista di sperimentare tanto la realtà fisica quanto quella virtuale approdando, come accade in “Map (Star) the World, ad un'affascinante commistione. Mappando il paesaggio capalbiese con HoloLens 2, l'artista ne restituisce strabilianti e coloratissime visioni cariche di energia e di poesia, generando un clash visivo ed estetico sorprendente. Marsiglia non intende formulare una dimensione alternativa al mondo reale, semmai enfatizzare gli aspetti peculiari di un paesaggio corentemente a una concezione della realtà oggi più che mai cangiante, sfaccettata e interattiva.
Oltre agli scatti fotografici realizzati con HoloLens 2 durante l'eperienza, in mostra sono esposti anche tre lavori dalla recente serie “Star Stone”, frammenti di alabastro sui quali è incisa la stella a quattro punte che individua un foro attraverso il quale è possibile scorgere lo spazio al di là. Sono frammenti di paesaggio dai preziosi effetti traslucidi che variano al mutare delle condizioni di luce quanto in relazione allo sguardo dell'occhio umano che interagisce con essi.
Si è soliti utilizzare il termine “paesaggio” come sinonimo di "panorama”, la veduta di una porzione di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un determinato punto di visuale. Il primo approccio alla vista di un paesaggio è anzitutto di tipo affettivo, dettato dall'emozione del momento. Soltanto successivamente, con l'intento di descriverlo o raccontarlo a qualcuno, se ne analizzerà la morfologia, la tipologia e le peculiari caratteristiche estetiche e naturalistiche che lo contraddistinguono. Tuttavia, ciò che rimane impresso nella memoria è il ricordo dell'esperienza vissuta potendo, così, affermare che il paesaggio nasce e si trasforma come risultato di un'esperienza umana.
La mostra indaga e mette a confronto i diversi approcci di 3 artisti, Antonio Barbieri, Vincenzo Marsiglia, Matteo Sanna, per i quali l'esperienza del paesaggio diventa centrale nella creazione delle proprie opere, evidenziando connessioni inedite tra arte e paesaggio. Il titolo “Landscape experience” si riferisce al concetto di paesaggio, naturale o urbano, inteso non come ispirazione o soggetto dell'opera, ma come esperienza vissuta dall'artista in prima persona in un determinato territorio, che sollecita l'impiego di un'ampia varietà di metodologie e mezzi differenti per sperimentare ibridazioni tra pittura e processi chimici, tra scultura, fotografia, intelligenza artificiale e realtà aumentata, da cui scaturiscono nuove considerazioni estetiche, analisi e riflessioni.
In esposizione alcuni nuclei di opere paradigmatiche che, enunciando connessioni inedite tra arte e paesaggio, distinguono gli specifici ambiti della ricerca di ciascun artista.
Per Matteo Sanna (San Gavino, 1984) il paesaggio è concepito come un luogo legato alla memoria, all'identità e al sé. Il suo immaginario si nutre dei paesaggi della Sardegna del sud, sua terra d'origine e in cui attualmente vive e lavora, dove reperisce oggetti, materie organiche o inerti che dal suo quotidiano entrano a far parte dell'opera quanto del processo creativo, per condurre una ricerca peculiare incentrata sul tempo e la precarietà dei fenomeni, che egli trasfigura in intense e poetiche immagini testimoniali della propria esperienza personale, quale paradigma di una storia collettiva.
In alcuni lavori l'artista utilizza fiori recisi come matrici per imprimere sulla tela tracce imperfette che evocano la fragilità e la transitorietà dell'esistenza umana e diventano al contempo segni imperituri che riscattano emblematicamente il fiore dalla sua morte. In un'altra ampia serie di lavori su carta, l'acqua del mare di Sardegna -raccolta in più di dodici differenti spiaggie- miscelata ai cristalli di sale e al colore viena fatta evaporare lasciando sul supporto le tracce e i segni evidenti di quanto accaduto, proprio “Come la salsedine sulla pelle” che dopo una giornata al mare rende visibile i segni dell'esperienza vissuta, come portatrice di memoria.
Il senso di fragilità, di imperfezione e dell’auto-accettazione emerge dai “Fragili fraintendimenti”, vasi di recupero spesso donati da amici, differenti per foggia e materiale, che l'artista riempie con un composto ceramico cremoso il quale spacca in frantumi il recipiente. Successivamente, Sanna ricompone il vaso pezzo per pezzo accettando anche quelle imperfezioni date dall'evidenza delle crepe, quale prova di consapevolezza esistenziale, dell'essere “unici e irripetibili” anche grazie ai propri difetti.
Su tutt'altro versante si colloca la ricerca di Antonio Barbieri (Rho, 1985) che osserva il paesaggio con lo sguardo rivolto all'analisi delle forme naturali e alla loro organizzazione per carpire ciò che solitamente rimane invisibile all'occhio umano, focalizzandosi sui processi biologici di trasformazione legati alle possibilità di resilienza e di adattamento di un organismo in relazione ai cambiamenti del proprio habitat, rispetto ai quali anche le forme mutano interagendo con esso, modificandosi nel tempo e nello spazio e caricandosi di analogie attinenti ad un contesto evolutivo universale.
Nei lavori più recenti, agendo con l'abilità manuale di uno scultore e l'impiego massiccio di differenti tecnologie, Barbieri immagazzina i dati ambientali di un determinato territorio per riorganizzarli in forme ibride attraverso l'utilizzo di scanner 3D, algoritmi, programmi generativi e di modellazione che non sfuggono mai al controllo dell'artista. Tali forme o strutture sopravvivono come immagini tridimensionali nello spazio digitale o diventano oggetti fisici realizzati con materiali diversi grazie all'impiego di stampanti 3D, che vengono successivamente dipinti a mano. Essi costituiscono la trasposizione di un'esperienza paesaggistica in un costrutto formale armonico e coerente.
In mostra sono presenti differenti tipologie di opere, da complesse forme totemiche -derivate dall'innesto di fotogrammetrie di elementi fitomorfici e geometrici, di vegetali, insetti e animali- ad inediti oggetti scultorei e immagini stampate su plexiglass ottenuti dalla commistione e dalla rielaborazione dei dati raccolti sul territorio di Capalbio nell'ambito di un'esperienza condotta presso l'Azienda agricola Roberto Lombardi.
Muovendosi sul crinale tra arte e scienza e con spirito pionieristico, Barbieri ricerca forme resilienti, fluide e mutabili che sfidando le leggi naturali verificano e ipotizzano nuovi ecosistemi di vita futuribili.
Anche Vincenzo Marsiglia (Belvedere Marittimo - CS, 1972) presenta in mostra gli esiti della propria “esperienza del paesaggio” vissuta nel borgo e nelle campagne di Capalbio indossando il visore a realtà mista e aumentata HoloLens 2, come parte del suo progetto ongoing “Map (Star) the World”, da cui è stato ricavato anche un video che sarà presentato in occasione del Capalbio Film Festival 2023.
Marsiglia esplora il paesaggio attraverso una modalità innovativa di interazione ambientale e di mappatura dello spazio fisico, immersiva e mutevole, durante la quale la percezione visiva della realà risulta implementata da pattern stellati, strutture cromatiche e volumetrie virtuali generati dai movimenti dello sguardo e derivanti dai motivi formali del suo linguaggio, caratterizzato dalla ricorrenza di un modulo grafico a forma di una stella a quattro punte (denominato “Unità Marsiglia”). Quest’ultima, continuamente riformulata nelle sue multiformi manifestazioni, consente all'artista di sperimentare tanto la realtà fisica quanto quella virtuale approdando, come accade in “Map (Star) the World, ad un'affascinante commistione. Mappando il paesaggio capalbiese con HoloLens 2, l'artista ne restituisce strabilianti e coloratissime visioni cariche di energia e di poesia, generando un clash visivo ed estetico sorprendente. Marsiglia non intende formulare una dimensione alternativa al mondo reale, semmai enfatizzare gli aspetti peculiari di un paesaggio corentemente a una concezione della realtà oggi più che mai cangiante, sfaccettata e interattiva.
Oltre agli scatti fotografici realizzati con HoloLens 2 durante l'eperienza, in mostra sono esposti anche tre lavori dalla recente serie “Star Stone”, frammenti di alabastro sui quali è incisa la stella a quattro punte che individua un foro attraverso il quale è possibile scorgere lo spazio al di là. Sono frammenti di paesaggio dai preziosi effetti traslucidi che variano al mutare delle condizioni di luce quanto in relazione allo sguardo dell'occhio umano che interagisce con essi.
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