Dopo 3 giorni di stop per il coronavirus

Quarantena finita per Caravaggio. Riapre San Luigi dei Francesi.

Caravaggio, La Vocazione di San Matteo, 1599-1600, 340 x 322 cm, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma | Via Wikimedia Commons
 

Samantha De Martin

03/03/2020

Roma - Era stato ricoverato per via di una breve malattia, querelato per il mancato pagamento di un affitto, arrestato per ingiurie alle guardie e addirittura condannato alla decapitazione per un delitto commesso a Campo Marzio, ma durante il suo irrequieto soggiorno romano, in isolamento per rischio contagio, messer Merisi non c’era mai finito.
Ci voleva il Covid-19 - che, a quanto pare, sta creando qualche problema anche al polmone vitale della cultura, che è l’arte - per mettere il pittore in un (seppur breve) isolamento, sottraendolo per alcune ore agli obiettivi di romani e turisti alla ricerca di un po’ di bellezza in giorni di fobica apprensione.
Per fortuna la “quarantena” è durata solo tre giorni e mercoledì 4 marzo 2020 la Chiesa di San Luigi dei Francesi, a Roma - che custodisce ben tre gioielli di Caravaggio - riaprirà nuovamente al pubblico e ai fedeli. Era stata chiusa domenica scorsa “per misura precauzionale” dopo che un prete di 43 anni, della diocesi di Parigi - al suo ritorno dall’Italia, dopo essere stato, tra gli altri luoghi, anche a San Luigi dei Francesi - era stato ricoverato in un ospedale parigino perché risultato positivo al coronavirus.
“Ogni rischio di eventuale contagio da parte di un sacerdote della chiesa San Luigi dei Francesi è stato escluso da parte dei servizi del sistema regionale ASL Roma 1. Conformemente alle direttive le misure precauzionali nei confronti dei sacerdoti della comunità sono state revocate. La chiesa di San Luigi dei Francesi riaprirà mercoledì al pubblico” si legge oggi in un comunicato sul sito dell’Ambasciata francese presso la santa Sede.
Così domani Caravaggio tornerà nuovamente al suo pubblico, e le attività della chiesa alla normalità.

La chiesa nazionale dei francesi di Roma dal 1589 costituisce, dal punto di vista artistico, l’esaltazione della Francia attraverso la rappresentazione dei suoi santi e dei suoi più grandi personaggi storici, dalle statue di Carlo Magno, san Luigi, santa Clotilde, santa Giovanna di Valois - rappresentate sulla facciata - agli affreschi con le Apoteosi di san Luigi e san Dionigi ed il racconto della vita di Clodoveo, che splendono all’interno.
In attesa di ammirare nuovamente dal vivo i tre gioielli, scopriamo da vicino i capolavori custoditi in uno dei monumenti più visitati di Roma, affacciato su Piazza Sant’Eustachio, adiacente a piazza Navona.

La Vocazione di san Matteo

Iniziamo dalla Cappella Contarelli, tappa fissa di ogni art lover per rinfrancare lo spirito di fronte alla luce divina che si sprigiona dalla Vocazione di san Matteo. La scena - dipinta da Caravaggio tra il 1599 e il 1600 - si ispira all'episodio raccontato in Matteo 9,9-13.
Il dipinto è realizzato su due piani paralleli: quello più alto, vuoto, è occupato solo da una finestra aperta a forma di croce, dalla quale si propaga un fascio di luce; lo spazio in basso ritrae invece il preciso momento in cui Cristo indica san Matteo, chiamandolo all'apostolato.

Il santo, in preda allo stupore, è seduto a un tavolo con un gruppo di persone, vestite come i contemporanei del Caravaggio, come in una scena da osteria. Per la prima volta il maestro ricorre all'espediente di immergere la scena in una fitta penombra tagliata da squarci di luce bianca, per enfatizzare la tensione drammatica dell'immagine e focalizzare sul gruppo dei protagonisti l'attenzione di chi guarda.

Visi, mani, gesti, espressioni sbucano dalla penombra per guidare lo sguardo dello spettatore verso l’intenso dialogo, fatto di gesti, dei protagonisti, lasciando invisibile il resto. Proprio la luce, che assurge a simbolo della grazia divina, diventa così la protagonista della tela. Ma solo alcuni dei personaggi investiti dal bagliore (i destinatari della "vocazione") volgono lo sguardo a Gesù. Gli altri, a capo chino, sono distratti dalle solite occupazioni. Uno dei compagni di Matteo porta gli occhiali, come accecato dal denaro.
Non appena, varcando al soglia della Cappella Contarelli, il visitatore inserisce la moneta nella cassetta per accendere la luce, l'opera prende vita, come attivata dalla vivace gestualità dei personaggi che si muovono sulla tela come attori su un palcoscenico.

Il Martirio di san Matteo

La partecipazione delle figure alla scena viene espressa in modo ancor più efficace nell'altra tela di grandi dimensioni, sempre all’interno della Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi, dov’è incastonato il Martirio di san Matteo.
L’artista realizzò tre diverse versioni del quadro. L'opera che inizialmente Matteo Contarelli aveva commissionato a Caravaggio è completamente diversa da quella che oggi possiamo ammirare. La scena sulla tela, databile tra il 1600 e il 1601, si sviluppa concentricamente intorno alla figura di un carnefice nell'atto di colpire il futuro martire. I personaggi sono disposti sulla tela con una coreografia quasi teatrale, per sembrare più vicini allo spettatore, accrescendo il pathos della raffigurazione. Al centro del quadro vi è san Matteo che giace a terra colpito dal suo carnefice. Le braccia del santo, aperte, richiamano la croce, ma è il carnefice a essere illuminato: è lui il vero protagonista sul quale deve agire la luce salvifica di Dio. In alto a destra, un angelo sinuoso si sporge da una nuvola per tendere a San Matteo la palma del martirio. Tutto intorno Caravaggio dispone i fedeli presenti alla messa: un bimbo che scappa, uomini che lasciano trapelare l'orrore dinnanzi alla tragica scena. Anche questa volta il maestro trasferisce un episodio della storia sacra nella vita di ogni giorno, per conferire realtà, veridicità e una forte componente emotiva ai suoi personaggi.


Caravaggio, Il Martirio di san Matteo, 1600-01, olio su tela, 343 x 323 cm, Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi

San Matteo e l’angelo

È il terzo capolavoro di Caravaggio conservato nella Chiesa di San Luigi dei Francesi. La prima versione del dipinto, acquistata da Vincenzo Giustiniani, era finita ai Musei di Berlino nel 1815 per essere distrutta verso la fine della seconda guerra mondiale nell'incendio della Flakturm Friedrichshain. Due anni dopo aver dipinto le tele laterali per la cappella Contarelli, il pittore fu chiamato a concludere l'opera dipingendo anche la pala centrale raffigurante San Matteo e l'angelo, da porre sopra l'altare della Cappella Contarelli. La prima versione, secondo il pittore e biografo Giovanni Baglione sarebbe stata rifiutata dalla congregazione perché rappresentava il santo come un popolano semianalfabeta. Ma la notizia fu smentita da Luigi Spezzaferro nel 2000. Quella che oggi ammiriamo è, ad ogni modo, la seconda versione del dipinto.

San Matteo ha l'aspetto di un dotto e scrive di suo pugno il Vangelo, ispirato dall'angelo che, alle sue spalle, con un gesto, sembra elencargli i fatti che dovrà narrare nel testo. L'unico accenno di "spregiudicatezza" dell'opera è la posa del santo, che si appresta a scrivere imbevendo la penna nel calamaio stando appoggiato con le braccia al tavolo, e con la gamba ad uno sgabello in equilibrio precario, quasi a sottolineare l'incertezza sui contenuti del testo.

Caravaggio, San Matteo e l’angelo, 1602, olio su tela, 195 x 295 cm, Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi

Gli altri “tesori” della chiesa di San Luigi dei Francesi

Nella seconda cappella della navata di destra si possono individuare l'affresco con storie di santa Cecilia del Domenichino e, sull'altare, una copia di Guido Reni della Santa Cecila di Raffaello.

San Luigi dei Francesi accoglie inoltre diverse tombe, tra le quali quella di Pauline de Beaumont, fatta costruire dal suo amante, François-René de Chateaubriand; la tomba del cardinale François Joachin de Bernis, ambasciatore dei re Luigi XV e Luigi XVI, e quella di Frederic Bastiat, grande pensatore liberale. Vi sono inoltre conservate le spoglie di Giuseppe Sisco, primo chirurgo e Dottore dell'Università Sapienza e di Marin Tourlonias, capostipite della dinastia dei Torlonia.

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