Timo Borlotti. La tenerezza della scultura
Dal 07 Luglio 2015 al 06 Settembre 2015
Milano
Luogo: Villa Necchi Campiglio
Indirizzo: via Mozart 12
Curatori: Elena Pontiggia
Costo del biglietto: intero € 9, ridotto € 4
Telefono per informazioni: +39 02 467615345
E-Mail info: f.lorenzon@fondoambiente.it
Sito ufficiale: http://www.fondoambiente.it
"La sua scultura è una lezione di umanità. E ha ancora molto da insegnarci"
Elena Pontiggia
Il FAI - Fondo Ambiente Italiano ospita dall’8 luglio al 6 settembre 2015 a Villa Necchi Campiglio, bene della Fondazione nel cuore di Milano, la mostra “Timo Bortolotti. La tenerezza della scultura”, personale a cura di Elena Pontiggia dedicata interamente al lavoro scultoreo del grande artista, autore di monumenti bronzei e marmorei del Novecento lombardo, che trova la sua massima espressione nel linearismo purista del Neoclassicismo.
Il FAI dedica questa importante rassegna all’artista bresciano, già presente nella collezione permanente grazie alle donazioni dei suoi nipoti: i fratelli Rinaldini e Claudia Gian Ferrari, la gallerista milanese che a Villa Necchi Campiglio ha lasciato una cospicua parte delle sue opere, tra cui dello stesso artista La canzone marinara che raffigura la mamma.
Saranno esposti quaranta capolavori - oltre a documenti originali, disegni e documentari - che ripercorrono l’iter espressivo di Timo Bortolotti (1884 – 1954), iniziato negli anni Venti a Milano al fianco di Pietro Marussig e Achille Funi, fondatori del gruppo Novecento e con i quali apre una scuola libera d’arte in via Vivaio. L’artista raggiunge la piena maturità negli anni tra le due guerre, quando ottiene con l’opera Treccine bionde, ora nella collezione permanente della villa, il Grand Prix all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937. Proprio questi anni sono quelli più attivi, che coincidono con la piena adesione dello scultore alla classicità, intesa come il “ritorno all’ordine”, all’armonia derivata dal recupero della romanità in chiave solenne e celebrativa.
La mostra indaga questo intenso periodo di produzione artistica, con particolare attenzione alla ricerca spirituale della materia scultorea, esplorando la delicata introspezione psicologica dei soggetti scolpiti con esiti di commuovente tenerezza, qualità che lo pone tra i ritrattisti più penetranti del Novecento.
"Scultore di bambini Timo Bortolotti: capace di catturare la beatitudine di un neonato che dorme e lo stupore di un bimbetto di pochi anni, la risata dell’infanzia e la grazia dell'adolescenza, un figlio abbracciato dall'amore di una madre e la tenerezza di due fratellini. Ma scultore anche di monumenti nel senso etimologico del termine: da "monere", cioè ammonire, insegnare, ricordare, che è proprio il contrario della retorica".
Così Elena Pontiggia descrive la personalità artistica dell’autore bresciano che ha saputo misurarsi sia con la scultura celebrativa pubblica civile e religiosa sia con opere di piccola dimensione che raffigurano soprattutto bambini, tema principale su cui si sofferma la mostra. San Giovannino del 1938, Nudo di giovinetta del 1943 e Grazia col golfino del 1944 sono solo alcuni dei lavori presentati, che dimostrano la graduale conoscenza del mestiere di Timo Bortolotti e del significato delle forme delle sue sculture. Le sue opere infatti sono in grado di cogliere momenti di giovinezza che destano stupore e malinconia e sanno esprimere una forte carica umana, nonostante l’impronta classicista del periodo che promuoveva la purezza geometrica e strutturale.
Elena Pontiggia
Il FAI - Fondo Ambiente Italiano ospita dall’8 luglio al 6 settembre 2015 a Villa Necchi Campiglio, bene della Fondazione nel cuore di Milano, la mostra “Timo Bortolotti. La tenerezza della scultura”, personale a cura di Elena Pontiggia dedicata interamente al lavoro scultoreo del grande artista, autore di monumenti bronzei e marmorei del Novecento lombardo, che trova la sua massima espressione nel linearismo purista del Neoclassicismo.
Il FAI dedica questa importante rassegna all’artista bresciano, già presente nella collezione permanente grazie alle donazioni dei suoi nipoti: i fratelli Rinaldini e Claudia Gian Ferrari, la gallerista milanese che a Villa Necchi Campiglio ha lasciato una cospicua parte delle sue opere, tra cui dello stesso artista La canzone marinara che raffigura la mamma.
Saranno esposti quaranta capolavori - oltre a documenti originali, disegni e documentari - che ripercorrono l’iter espressivo di Timo Bortolotti (1884 – 1954), iniziato negli anni Venti a Milano al fianco di Pietro Marussig e Achille Funi, fondatori del gruppo Novecento e con i quali apre una scuola libera d’arte in via Vivaio. L’artista raggiunge la piena maturità negli anni tra le due guerre, quando ottiene con l’opera Treccine bionde, ora nella collezione permanente della villa, il Grand Prix all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937. Proprio questi anni sono quelli più attivi, che coincidono con la piena adesione dello scultore alla classicità, intesa come il “ritorno all’ordine”, all’armonia derivata dal recupero della romanità in chiave solenne e celebrativa.
La mostra indaga questo intenso periodo di produzione artistica, con particolare attenzione alla ricerca spirituale della materia scultorea, esplorando la delicata introspezione psicologica dei soggetti scolpiti con esiti di commuovente tenerezza, qualità che lo pone tra i ritrattisti più penetranti del Novecento.
"Scultore di bambini Timo Bortolotti: capace di catturare la beatitudine di un neonato che dorme e lo stupore di un bimbetto di pochi anni, la risata dell’infanzia e la grazia dell'adolescenza, un figlio abbracciato dall'amore di una madre e la tenerezza di due fratellini. Ma scultore anche di monumenti nel senso etimologico del termine: da "monere", cioè ammonire, insegnare, ricordare, che è proprio il contrario della retorica".
Così Elena Pontiggia descrive la personalità artistica dell’autore bresciano che ha saputo misurarsi sia con la scultura celebrativa pubblica civile e religiosa sia con opere di piccola dimensione che raffigurano soprattutto bambini, tema principale su cui si sofferma la mostra. San Giovannino del 1938, Nudo di giovinetta del 1943 e Grazia col golfino del 1944 sono solo alcuni dei lavori presentati, che dimostrano la graduale conoscenza del mestiere di Timo Bortolotti e del significato delle forme delle sue sculture. Le sue opere infatti sono in grado di cogliere momenti di giovinezza che destano stupore e malinconia e sanno esprimere una forte carica umana, nonostante l’impronta classicista del periodo che promuoveva la purezza geometrica e strutturale.
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