Essenze naturali. Christiane Löhr | Una Szeemann | Alessandro Biggio

Christiane Löhr, Big Seed Cloud, 2021, semi di cardo, retina per capelli
Dal 22 Novembre 2024 al 02 Marzo 2025
Nuoro
Luogo: Museo MAN
Indirizzo: Via Sebastiano Satta 27
Orari: 10:00 - 20:00 Lunedì chiuso
Telefono per informazioni: +39.0784.252110
E-Mail info: info@museoman.it
Sito ufficiale: http://www.museoman.it
Dopo il successo della mostra “Diorama. Generation Earth”, progetto inedito dedicato a temi di grande attualità come la crisi ambientale globale, il nostro rapporto con le altre specie viventi, il rispetto delle risorse, il museo MAN di Nuoro invita tre artisti a sviluppare una narrazione personale, condotta attraverso il filtro poetico dell’arte, del mondo naturale, delle sue metamorfosi, della sua resistenza sullo sfondo della transizione ecologica che sta animando il dibattito internazionale.
Christiane Löhr_Accumuli
a cura di Chiara Gatti con un testo critico di Bruno Corà
Architetture di natura. Cupole di semi e cattedrali di fili d’erba. L’artista tedesca, toscana d’adozione, presenta al MAN una ampia installazione che punteggia il piano nobile del museo di sculture leggere e impalpabili, un inno alla levità della natura e, insieme, alla sua complessità. Abilissime nell’issare sculture fatte di soffioni, steli, baccelli o crini di cavallo, le mani di Christiane Löhr issano nello spazio sottili strutture arboree, edificano paesaggi minimi. A nuove forme astratte per piccoli templi silvestri si aggiunge, per l’occasione, un omaggio alla Sardegna, che vede l’autrice presentare piccoli accumuli di chicchi o sementi, a evocare torri e costruzioni nuragiche. L’ispirazione naturale non diventa tuttavia, nella ricerca di Löhr, una testimonianza didascalica della vegetazione e delle sue specie. La sua riflessione sublima la materia in una dimensione di astrazione radicale e di forma assoluta, fatta di equilibrio e proporzione fra gli elementi, senso dello spazio e valore del vuoto. Il percorso della mostra conta anche una scelta di disegni su carta, realizzati con pastello a olio, grafite o inchiostro, frutto di un analogo processo scultoreo, in cui le fibre della carta sono sfregate e graffiate come materia plastica.
Christiane Löhr, (Wiesbaden, Germania, 1965) vive e lavora tra Prato e Colonia. Si laurea alla Kunstakademie di Düsseldorf con Jannis Kounellis (1994) con il quale poi completa un Master of Arts (1996). Ha esposto a Chaumont-sur-Loire, Haus am Waldsee, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Museo San Fedele di Milano, Wuppertal, Kunsthaus Baselland, Muttenz, MART di Rovereto, Villa Panza, Varese, Centro Pecci, Prato. Nel 2001 ha preso parte alla 49° Biennale di Venezia curata da Harald Szeemann e nel 2016 è stata insignita del Premio Pino Pascali.
Una Szeemann_Scenafenomenica
a cura di Elisabetta Masala con un testo critico di Juliette Desorgues
Il magico e la mitologia, la tradizione classica e la cultura arcaica si mescolano nella ricerca dell’artista svizzera che sperimenta materiali dal valore fortemente espressivo in un racconto corale dalle sfumature epiche. Divinità della terra e della notte, simbologie arcane, proprietà benefiche delle piante e antiche sapienze botaniche permeano l’opera di Una Szeemann di mistero e, insieme, di memorie ataviche, mentre il sentimento selvatico dei boschi prende corpo in forme astratte ma potentemente evocative. Il progetto per il MAN si presenta connesso al territorio della Sardegna, alle sue asperità, alla leggenda delle Janas e alla persistenza archeologica nel paesaggio, laddove la natura stessa pare talora fossilizzarsi, mimetizzarsi con le pietre e con le creste del Supramonte.
Una Szeemann (Locarno, CH, 1975) vive e lavora a Zurigo e Tegna. Ha completato gli studi di recitazione a Milano. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre internazionali, tra cui al Kunsthaus Zürich, alla Kunsthalle Winterthur, al Museo Cantonale d’Arte di Lugano, al Kunstmuseum Luzern, al Kunstverein Hamburg, al Belvedere 21 di Vienna, alla Biennale di Venezia, alla Biennale di Busan, alla Biennale di Lione e alla Manifesta 11 di Zurigo. Insegna presso istituti accademici come la Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK), la Haute École d’Art et de Design di Ginevra (HEAD) e altre università.
Alessandro Biggio_Filira
a cura di Chiara Gatti con un testo critico di Caterina Riva
Il progetto inedito Filira presenta un ciclo nuovo di opere che l’artista cagliaritano in una mostra personale concepita come un unico lavoro, un ambiente totale dove tele e sculture sono connesse fra loro in una visione d’insieme organica ma unitaria. Noto per le sue ricerche sulla cenere generata dalla combustione delle essenze del suo giardino di Calasetta, quale strumento plastico per realizzare sculture dalla materia fragile, Biggio ha sperimentato in tempi recenti una forma di pittura usando il succo delle bacche di fillirea che spremute producono un colore ocra scuro, dalle sfumature violacee. Così, come il ciclo delle sue sculture di cenere, frutto di una riflessione autentica sul ciclo della vita e degli elementi, allo stesso modo la pittura trascrive impronte di natura, nella sua metamorfosi e consunzione. Sullo sfondo, aleggia la citazione di un mito greco. Filira, ninfa figlia di Oceano e di Teti, era amata da Cronos cui tentò di sfuggire mutandosi in giumenta. Ma Cronos, trasformandosi in stallone la raggiunse e si unì a lei. Filira diede alla luce un figlio, una creatura ibrida, il centauro Chirone. Sconvolta alla vista del figlio, chiese a Zeus di essere trasformata in un arbusto che prenderà il suo nome, fillirea. Con l’estratto delle bacche di questa pianta, Biggio traccia sulla tela vestigia di una vegetazione effimera.
Alessandro Biggio (Cagliari, 1975), vive e lavora fra Cagliari e Calasetta. Laureato in economia, si dedica oggi alla ricerca estetica. Nella sua pratica artistica, il processo di esplorazione e sperimentazione sulla materia riveste un ruolo fondamentale. Le sue sculture, installazioni e monotipi sono sempre frutto di stratificazioni di gesti e di fasi il cui risultato finale rappresenta un possibile momento di equilibrio, tra governo e perdita di controllo del processo, tra disfacimento e forma. Ha partecipato a mostre personali e collettive in spazi pubblici e privati tra cui: Biennale d’arte contemporanea Gherdëina, Museo MAN Nuoro, Museo Marino Marini Firenze, Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Cagliari, Galerie Stadtpark Krems, Galleria Michela Rizzo Venezia, CLER Milano, Fondazione Bartoli-Felter Cagliari. Nel 2020 è tra gli assegnatari del Pollock-Krasner Foundation Grant.
Christiane Löhr_Accumuli
a cura di Chiara Gatti con un testo critico di Bruno Corà
Architetture di natura. Cupole di semi e cattedrali di fili d’erba. L’artista tedesca, toscana d’adozione, presenta al MAN una ampia installazione che punteggia il piano nobile del museo di sculture leggere e impalpabili, un inno alla levità della natura e, insieme, alla sua complessità. Abilissime nell’issare sculture fatte di soffioni, steli, baccelli o crini di cavallo, le mani di Christiane Löhr issano nello spazio sottili strutture arboree, edificano paesaggi minimi. A nuove forme astratte per piccoli templi silvestri si aggiunge, per l’occasione, un omaggio alla Sardegna, che vede l’autrice presentare piccoli accumuli di chicchi o sementi, a evocare torri e costruzioni nuragiche. L’ispirazione naturale non diventa tuttavia, nella ricerca di Löhr, una testimonianza didascalica della vegetazione e delle sue specie. La sua riflessione sublima la materia in una dimensione di astrazione radicale e di forma assoluta, fatta di equilibrio e proporzione fra gli elementi, senso dello spazio e valore del vuoto. Il percorso della mostra conta anche una scelta di disegni su carta, realizzati con pastello a olio, grafite o inchiostro, frutto di un analogo processo scultoreo, in cui le fibre della carta sono sfregate e graffiate come materia plastica.
Christiane Löhr, (Wiesbaden, Germania, 1965) vive e lavora tra Prato e Colonia. Si laurea alla Kunstakademie di Düsseldorf con Jannis Kounellis (1994) con il quale poi completa un Master of Arts (1996). Ha esposto a Chaumont-sur-Loire, Haus am Waldsee, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Museo San Fedele di Milano, Wuppertal, Kunsthaus Baselland, Muttenz, MART di Rovereto, Villa Panza, Varese, Centro Pecci, Prato. Nel 2001 ha preso parte alla 49° Biennale di Venezia curata da Harald Szeemann e nel 2016 è stata insignita del Premio Pino Pascali.
Una Szeemann_Scenafenomenica
a cura di Elisabetta Masala con un testo critico di Juliette Desorgues
Il magico e la mitologia, la tradizione classica e la cultura arcaica si mescolano nella ricerca dell’artista svizzera che sperimenta materiali dal valore fortemente espressivo in un racconto corale dalle sfumature epiche. Divinità della terra e della notte, simbologie arcane, proprietà benefiche delle piante e antiche sapienze botaniche permeano l’opera di Una Szeemann di mistero e, insieme, di memorie ataviche, mentre il sentimento selvatico dei boschi prende corpo in forme astratte ma potentemente evocative. Il progetto per il MAN si presenta connesso al territorio della Sardegna, alle sue asperità, alla leggenda delle Janas e alla persistenza archeologica nel paesaggio, laddove la natura stessa pare talora fossilizzarsi, mimetizzarsi con le pietre e con le creste del Supramonte.
Una Szeemann (Locarno, CH, 1975) vive e lavora a Zurigo e Tegna. Ha completato gli studi di recitazione a Milano. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre internazionali, tra cui al Kunsthaus Zürich, alla Kunsthalle Winterthur, al Museo Cantonale d’Arte di Lugano, al Kunstmuseum Luzern, al Kunstverein Hamburg, al Belvedere 21 di Vienna, alla Biennale di Venezia, alla Biennale di Busan, alla Biennale di Lione e alla Manifesta 11 di Zurigo. Insegna presso istituti accademici come la Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK), la Haute École d’Art et de Design di Ginevra (HEAD) e altre università.
Alessandro Biggio_Filira
a cura di Chiara Gatti con un testo critico di Caterina Riva
Il progetto inedito Filira presenta un ciclo nuovo di opere che l’artista cagliaritano in una mostra personale concepita come un unico lavoro, un ambiente totale dove tele e sculture sono connesse fra loro in una visione d’insieme organica ma unitaria. Noto per le sue ricerche sulla cenere generata dalla combustione delle essenze del suo giardino di Calasetta, quale strumento plastico per realizzare sculture dalla materia fragile, Biggio ha sperimentato in tempi recenti una forma di pittura usando il succo delle bacche di fillirea che spremute producono un colore ocra scuro, dalle sfumature violacee. Così, come il ciclo delle sue sculture di cenere, frutto di una riflessione autentica sul ciclo della vita e degli elementi, allo stesso modo la pittura trascrive impronte di natura, nella sua metamorfosi e consunzione. Sullo sfondo, aleggia la citazione di un mito greco. Filira, ninfa figlia di Oceano e di Teti, era amata da Cronos cui tentò di sfuggire mutandosi in giumenta. Ma Cronos, trasformandosi in stallone la raggiunse e si unì a lei. Filira diede alla luce un figlio, una creatura ibrida, il centauro Chirone. Sconvolta alla vista del figlio, chiese a Zeus di essere trasformata in un arbusto che prenderà il suo nome, fillirea. Con l’estratto delle bacche di questa pianta, Biggio traccia sulla tela vestigia di una vegetazione effimera.
Alessandro Biggio (Cagliari, 1975), vive e lavora fra Cagliari e Calasetta. Laureato in economia, si dedica oggi alla ricerca estetica. Nella sua pratica artistica, il processo di esplorazione e sperimentazione sulla materia riveste un ruolo fondamentale. Le sue sculture, installazioni e monotipi sono sempre frutto di stratificazioni di gesti e di fasi il cui risultato finale rappresenta un possibile momento di equilibrio, tra governo e perdita di controllo del processo, tra disfacimento e forma. Ha partecipato a mostre personali e collettive in spazi pubblici e privati tra cui: Biennale d’arte contemporanea Gherdëina, Museo MAN Nuoro, Museo Marino Marini Firenze, Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Cagliari, Galerie Stadtpark Krems, Galleria Michela Rizzo Venezia, CLER Milano, Fondazione Bartoli-Felter Cagliari. Nel 2020 è tra gli assegnatari del Pollock-Krasner Foundation Grant.
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