Attorno a Mantegna
Dal 16 Giugno 2016 al 25 Settembre 2016
Milano
Luogo: Pinacoteca di Brera
Indirizzo: via Brera 28
Curatori: Keith Christiansen
Telefono per informazioni: +39 02 72263264 - 229
E-Mail info: pin-br@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.pinacotecabrera.org
Dal 16 giugno al 25 settembre 2016 si terrà alla Pinacoteca di Brera un nuovo straordinario dialogo tra due capolavori della storia dell’arte: Il Cristo morto di Andrea Mantegna, una delle opere simbolo della Pinacoteca milanese, icona universale del Rinascimento e Il Cristo morto con gli strumenti della passione, versione dello stesso soggetto dipinta nel 1583-1585 da Annibale Carracci, proveniente dalla Staatsgalerie di Stoccarda.
Le due opere per la prima volta poste fianco a fianco, rappresentano il secondo eccezionale confronto proposto dalla Pinacoteca di Brera: un museo che rinnovandosi offre stimoli di riflessione ai suoi visitatori puntando su una collezione che comprende alcuni dei capolavori dell’arte universale. All’opera di Mantegna, oltre alla redazione di Carracci, sarà accostato il dipinto Compianto sul Cristo morto, sempre raffigurante lo stesso soggetto, realizzato da Orazio Borgianni nel 1615 e proveniente dalla Galleria Spada di Roma.
Emblema delle conoscenze prospettiche di Mantegna, dotato di forza espressiva e al tempo stesso compostezza severa che ne fanno uno dei simboli più noti dell’arte italiana, il Cristo morto di Mantegna, databile circa al 1480, ebbe una notevole fortu- na visiva tra Cinquecento e Seicento, documentata da una sequenza prestigiosa di derivazioni: tra queste il dipinto di Carracci, datato 1583-1585, si caratterizza per il crudo realismo evidenziato dagli strumenti del martirio, in particolare della corona di spine, collocati in primo piano nel capolavoro del bolognese. La terza opera in dialogo, di Orazio Borgianni, sviluppa invece il tema con sfondo più caravaggesco.
"Attorno a Mantegna" è il secondo originalissimo dialogo fra le opere del museo e illustri quadri ospiti proposti dalla Pinacoteca di Brera e dal suo direttore James Bradburne, dopo il confronto tra i due Sposalizi della Vergine di Raffaello e Perugino, visibile sino al 27 giugno. E sarà ancora una volta l’occasione per un riallestimento delle sale della Pinacoteca, in una progressione a tappe che coinvolgerà in tre anni l’intero circuito del museo. Le sale coinvolte in quest’occasione saranno le n. I, II, III, IV, V, VI e VII, comprendendo anche il riallestimento del Cristo morto di Andrea Mantegna, che concluderà questa nuova parte di percorso. Confronti, “conversazioni”, che aiuteranno a guardare con occhi diversi i dipinti della pinacoteca milanese, esposti nelle sale a loro adiacenti, e che saranno fruibili dal pubblico con l’ausilio di nuovi testi di sala, didascalie più articolate, illuminazione e colore delle pareti completamente rinnovate: elementi sui quali il pubblico sarà chiamato a esprimere una valutazione. Un percorso che condurrà il visitatore, a poco a poco, verso la sala dove si svolge il dialogo, ossia davanti a Mantegna e ai suoi ospiti temporanei.
In questa fase di ristrutturazione della Pinacoteca che avrà termine nella primavera 2018 la serie completa di affreschi di Bramante e Bernardino Luini saranno restaurati e torneranno di nuovo visibili al pubblico al termine dei nuovi allestimenti. Resteranno comunque nel primo corridoio saggi di affreschi lombardi che coprono un periodo di tre secoli: oltre alla Cappella Mocchirolo, opere di Simone da Corbetta, Ambrogio da Fossano, Bernardino Luini.
“Quella che stiamo realizzando a Brera è una rivoluzione copernicana in cui al centro del nostro mondo c’è il visitatore e non l’istituzione - spiega James Bradburne - . La conversazione fra Andrea Mantegna e Annibale Carracci porta avanti un altro aspetto di questa rivoluzione: creare “dialoghi” con i propri capolavori, senza ricorrere alle “grandi mostre” autoreferenziali, che cannibalizzano l’attenzione dei visitatori per le collezioni permanenti del museo”.
Un dialogo che, dopo il tema maestro-allievo del confronto tra Perugino e Raffaello, ha come fulcro l’identità stessa della Pinacoteca.
“L’identità di Brera è inseparabile dal suo passato napoleonico che è l’origine delle sue straordinarie collezioni basate principalmente sul patrimonio proveniente da due regioni italiane: Lombardia e Veneto - continua Bradburne - Un collegamento che è anche espresso nel rapporto dell’Accademia di Brera con l’Accademia di Belle Arti di Venezia nata nello stesso periodo per molte delle stesse ragioni. Così il passato, il presente e il futuro di Brera legano indissolubilmente queste due istituzioni e queste due culture”.
Per celebrare l’occasione si terrà all’interno della Pinacoteca di Brera il 13 giugno un concerto de “I Solisti Veneti”, orchestra da camera italiana di fama internazionale. Inoltre, come già avvenuto per il primo dialogo, il giorno dell’inaugurazione dell’allestimento, il 16 giugno, il museo resterà aperto con ingresso gratuito dalle 8.30 alle 22.15 (ultimo ingresso ore 21.40).
Mantegna e Carracci: il Cristo morto e le sue derivazioni.
La notevole fortuna visiva tra Cinquecento e Seicento del Cristo morto di Andrea Mantegna (1480), è documentata da una sequenza prestigiosa di derivazioni cinque e seicentesche a partire da un Compianto di Cristo giovanile di Sodoma, collocabile intorno al 1503. Rispetto all’austera composizione mantegnesca quella di Sodoma è vivacizzata da una più cospicua presenza di dolenti ai lati di Cristo, colto in diagonale, sul modello del Cristo di Brera. Le successive meditazioni/derivazioni sul Cristo di Mantegna conducono in un primo momento in area emiliana, con il piccolo dipinto su tela di Lelio Orsi, Cristo morto tra la Carità e la Giustizia, datato agli anni settanta del XVI secolo, della Galleria Estense di Modena, ma soprattutto al magnifico dipinto, olio su tela, di Annibale Carracci protagonista del secondo Dialogo della Pinacoteca di Brera. Carracci potè forse vedere il capolavoro di Mantegna nelle collezioni di Pietro Aldobrandini a Roma, o nel suo “errare in Lombardia”, in quegli anni ottanta del Cinquecento, ma anche attraverso le incisioni cinquecentesche molto note nell’Accademia bolognese degli Incamminati, in cui l’interesse per lo “scurto”, ovvero lo scorcio, del Cristo morto era molto vivo, proprio per gli studi dal vero e la nuova resa naturalistica del corpo umano. Il dipinto di Annibale interpreta il capolavoro di Mantegna con un naturalismo intenso e quasi ‘macabro’, con un arditissimo scorcio del corpo di Cristo in primo piano, che ne evidenzia il movimento disarticolato, con una scelta virtuosistica che testimonia il tentativo di mettersi audacemente in gara con il modello.
Annibale Carracci elimina dalla sua opera le figure dei dolenti, a sinistra nel dipinto di Mantegna, e con lo scurto di lato del corpo di Cristo, che occupa l’intero campo della tela, intende mostrare con efficace realismo il torace della figura, con le ferite ancora sanguinanti, il volto straordinario, con la bocca ancora semichiusa.
Il crudo realismo è evidenziato dagli strumenti della Passione e dalla corona di spine collocati in primo piano nel capolavoro del bolognese, a testimonianza della brutalità del martirio, appena avvenuto.
La fortuna visiva del Cristo in scurto di Mantenga risultò notevole come è ben noto, anche in ambito caravaggesco, con le varie redazioni del tema del Compianto eseguite da Orazio Borgianni nel secondo decennio del Seicento, due delle quali, una di straordinaria qualità, in Palazzo Spada a Roma, e l’altra nelle collezioni di Roberto Longhi, ora nella Fondazione omonima, ripetono in primo piano il tema del vaso dell’unguento. E proprio l’opera di Palazzo Spada, presente a Brera si confronterà con Carracci e Mantegna. Borgianni conosceva senza ombra di dubbio il dipinto di Mantegna, che all’epoca si trovava nella collezione Aldobrandini, e lo usò come punto di partenza per un’opera in cui il contenuto emotivo viene esternato da quelli che i critici secenteschi chiamavano gli “affetti”: emozioni trasmesse attraverso i gesti e l’espressione del volto.
Giornata inaugurale 16 giugno con ingresso gratuito dalle 8.30 alle 22.15
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Emblema delle conoscenze prospettiche di Mantegna, dotato di forza espressiva e al tempo stesso compostezza severa che ne fanno uno dei simboli più noti dell’arte italiana, il Cristo morto di Mantegna, databile circa al 1480, ebbe una notevole fortu- na visiva tra Cinquecento e Seicento, documentata da una sequenza prestigiosa di derivazioni: tra queste il dipinto di Carracci, datato 1583-1585, si caratterizza per il crudo realismo evidenziato dagli strumenti del martirio, in particolare della corona di spine, collocati in primo piano nel capolavoro del bolognese. La terza opera in dialogo, di Orazio Borgianni, sviluppa invece il tema con sfondo più caravaggesco.
"Attorno a Mantegna" è il secondo originalissimo dialogo fra le opere del museo e illustri quadri ospiti proposti dalla Pinacoteca di Brera e dal suo direttore James Bradburne, dopo il confronto tra i due Sposalizi della Vergine di Raffaello e Perugino, visibile sino al 27 giugno. E sarà ancora una volta l’occasione per un riallestimento delle sale della Pinacoteca, in una progressione a tappe che coinvolgerà in tre anni l’intero circuito del museo. Le sale coinvolte in quest’occasione saranno le n. I, II, III, IV, V, VI e VII, comprendendo anche il riallestimento del Cristo morto di Andrea Mantegna, che concluderà questa nuova parte di percorso. Confronti, “conversazioni”, che aiuteranno a guardare con occhi diversi i dipinti della pinacoteca milanese, esposti nelle sale a loro adiacenti, e che saranno fruibili dal pubblico con l’ausilio di nuovi testi di sala, didascalie più articolate, illuminazione e colore delle pareti completamente rinnovate: elementi sui quali il pubblico sarà chiamato a esprimere una valutazione. Un percorso che condurrà il visitatore, a poco a poco, verso la sala dove si svolge il dialogo, ossia davanti a Mantegna e ai suoi ospiti temporanei.
In questa fase di ristrutturazione della Pinacoteca che avrà termine nella primavera 2018 la serie completa di affreschi di Bramante e Bernardino Luini saranno restaurati e torneranno di nuovo visibili al pubblico al termine dei nuovi allestimenti. Resteranno comunque nel primo corridoio saggi di affreschi lombardi che coprono un periodo di tre secoli: oltre alla Cappella Mocchirolo, opere di Simone da Corbetta, Ambrogio da Fossano, Bernardino Luini.
“Quella che stiamo realizzando a Brera è una rivoluzione copernicana in cui al centro del nostro mondo c’è il visitatore e non l’istituzione - spiega James Bradburne - . La conversazione fra Andrea Mantegna e Annibale Carracci porta avanti un altro aspetto di questa rivoluzione: creare “dialoghi” con i propri capolavori, senza ricorrere alle “grandi mostre” autoreferenziali, che cannibalizzano l’attenzione dei visitatori per le collezioni permanenti del museo”.
Un dialogo che, dopo il tema maestro-allievo del confronto tra Perugino e Raffaello, ha come fulcro l’identità stessa della Pinacoteca.
“L’identità di Brera è inseparabile dal suo passato napoleonico che è l’origine delle sue straordinarie collezioni basate principalmente sul patrimonio proveniente da due regioni italiane: Lombardia e Veneto - continua Bradburne - Un collegamento che è anche espresso nel rapporto dell’Accademia di Brera con l’Accademia di Belle Arti di Venezia nata nello stesso periodo per molte delle stesse ragioni. Così il passato, il presente e il futuro di Brera legano indissolubilmente queste due istituzioni e queste due culture”.
Per celebrare l’occasione si terrà all’interno della Pinacoteca di Brera il 13 giugno un concerto de “I Solisti Veneti”, orchestra da camera italiana di fama internazionale. Inoltre, come già avvenuto per il primo dialogo, il giorno dell’inaugurazione dell’allestimento, il 16 giugno, il museo resterà aperto con ingresso gratuito dalle 8.30 alle 22.15 (ultimo ingresso ore 21.40).
Mantegna e Carracci: il Cristo morto e le sue derivazioni.
La notevole fortuna visiva tra Cinquecento e Seicento del Cristo morto di Andrea Mantegna (1480), è documentata da una sequenza prestigiosa di derivazioni cinque e seicentesche a partire da un Compianto di Cristo giovanile di Sodoma, collocabile intorno al 1503. Rispetto all’austera composizione mantegnesca quella di Sodoma è vivacizzata da una più cospicua presenza di dolenti ai lati di Cristo, colto in diagonale, sul modello del Cristo di Brera. Le successive meditazioni/derivazioni sul Cristo di Mantegna conducono in un primo momento in area emiliana, con il piccolo dipinto su tela di Lelio Orsi, Cristo morto tra la Carità e la Giustizia, datato agli anni settanta del XVI secolo, della Galleria Estense di Modena, ma soprattutto al magnifico dipinto, olio su tela, di Annibale Carracci protagonista del secondo Dialogo della Pinacoteca di Brera. Carracci potè forse vedere il capolavoro di Mantegna nelle collezioni di Pietro Aldobrandini a Roma, o nel suo “errare in Lombardia”, in quegli anni ottanta del Cinquecento, ma anche attraverso le incisioni cinquecentesche molto note nell’Accademia bolognese degli Incamminati, in cui l’interesse per lo “scurto”, ovvero lo scorcio, del Cristo morto era molto vivo, proprio per gli studi dal vero e la nuova resa naturalistica del corpo umano. Il dipinto di Annibale interpreta il capolavoro di Mantegna con un naturalismo intenso e quasi ‘macabro’, con un arditissimo scorcio del corpo di Cristo in primo piano, che ne evidenzia il movimento disarticolato, con una scelta virtuosistica che testimonia il tentativo di mettersi audacemente in gara con il modello.
Annibale Carracci elimina dalla sua opera le figure dei dolenti, a sinistra nel dipinto di Mantegna, e con lo scurto di lato del corpo di Cristo, che occupa l’intero campo della tela, intende mostrare con efficace realismo il torace della figura, con le ferite ancora sanguinanti, il volto straordinario, con la bocca ancora semichiusa.
Il crudo realismo è evidenziato dagli strumenti della Passione e dalla corona di spine collocati in primo piano nel capolavoro del bolognese, a testimonianza della brutalità del martirio, appena avvenuto.
La fortuna visiva del Cristo in scurto di Mantenga risultò notevole come è ben noto, anche in ambito caravaggesco, con le varie redazioni del tema del Compianto eseguite da Orazio Borgianni nel secondo decennio del Seicento, due delle quali, una di straordinaria qualità, in Palazzo Spada a Roma, e l’altra nelle collezioni di Roberto Longhi, ora nella Fondazione omonima, ripetono in primo piano il tema del vaso dell’unguento. E proprio l’opera di Palazzo Spada, presente a Brera si confronterà con Carracci e Mantegna. Borgianni conosceva senza ombra di dubbio il dipinto di Mantegna, che all’epoca si trovava nella collezione Aldobrandini, e lo usò come punto di partenza per un’opera in cui il contenuto emotivo viene esternato da quelli che i critici secenteschi chiamavano gli “affetti”: emozioni trasmesse attraverso i gesti e l’espressione del volto.
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