Francesco Fossati, Andrea Magaraggia. Displace
Dal 15 Settembre 2013 al 13 Ottobre 2013
Lissone | Milano
Luogo: MAC - Museo d'Arte Contemporanea di Lissone
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: martedì, mercoledì e venerdì 15-19; giovedì 15-23; sabato e festivi 10-12/ 15-19
Curatori: Alberto Zanchetta
Telefono per informazioni: +39 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.comune.lissone.mb.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4
Pur essendo accomunati dall’uso disinvolto di materiali eterogenei, gli esiti formali di Francesco Fossati [nato a Carate Brianza nel 1985; vive e lavora tra Milano e Macherio] e Andrea Magaraggia [nato a Vicenza nel 1984; vive e lavora a Milano] differiscono in modo sostanziale. Fossati si destreggia tra i linguaggi dell’arte, sottoponendoli a una lenticolare disamina che ne incrina o ne riqualifica le premesse. La sua ricerca è incentrata sulla possibilità di creare un collante tra elementi difformi che trovano coesione sul piano formale e storicistico. Mediante una sedimentazione temporale e materiale, Magaraggia giunge invece a formalizzare un oggetto che si definisce attraverso una perdita progressiva, stabilendo così una tangenza tra la sua origine (dimenticata, dissipata) e la sua specificità formale (autonoma, autosufficiente).
Diversi ma non necessariamente divergenti sotto il profilo concettuale, i due artisti hanno fatto propri sia i requisiti fondamentali sia i modelli di comportamento dell’atto espositivo per interrogarsi sui codici estetici e i confini dell’arte. L’allestimento da loro concepito presuppone infatti una ridefinizione del piano espositivo mediante l’azione di “spostare” e “dislocare” le opere all’interno del museo grazie a una serie di display-divisori che impongono un ordine e una disciplina allo spazio. Anziché relazionarsi con il contesto espositivo, Fossati e Magaraggia hanno deciso di destrutturare il secondo piano del MAC di Lissone, isolando le opere dall’ambiente circostante e costringendo lo spettatore a confrontarsi con una visione che sfuma dal generale al particolare. L’impiego di prodotti lignei li ha inoltre obbligati a una modalità operativa di dialogo e di condivisione che – a partire da uno stesso modulo espositivo – si è diversificata in base all’attitudine del singolo artista.
Fossati ha insistito sulle permutazioni di elementi regolari lungo il perimetro dei propri moduli; sui pannelli esterni sono state praticate delle fessure che creano trasparenze/trapassi, suggerendo l’idea di punti di vista o di fuga. In relazione ai dispositivi da lui progettati, l’artista ha realizzato diverse sculture in terracotta, per lo più di piccole dimensioni, che sono state sezionate per lasciar intravedere i sedimenti cromatici del nucleo interno (ottenuti alternando e mixando differenti tipologie di crete che, ancora fresche, deformano il disegno originale mediante un processo di compressione). Come si evince dal tautologico titolo della serie, sono ““sculture”” che intendono ridefinire i ruoli della pittura e della scultura. Magaraggia, al contrario, instaura una relazione tra i suoi resti-reliquie e la struttura espositiva, stabilendo un contatto, una contaminazione e una compenetrazione delle forme, rendendo precario il limine di ciò che sta fuori e ciò che si trova all’interno. Strutture e sculture arrivano a confondere i propri perimetri fino a creare uno spazio nello spazio; ne risultano delle installazioni larvali che hanno espulso ogni eccesso. Attraverso continue modifiche e privazioni, Magaraggia aspira a ottenere oggetti essenziali che sono esplorazione “di quel che è per come esso si rivela”.
Diversi ma non necessariamente divergenti sotto il profilo concettuale, i due artisti hanno fatto propri sia i requisiti fondamentali sia i modelli di comportamento dell’atto espositivo per interrogarsi sui codici estetici e i confini dell’arte. L’allestimento da loro concepito presuppone infatti una ridefinizione del piano espositivo mediante l’azione di “spostare” e “dislocare” le opere all’interno del museo grazie a una serie di display-divisori che impongono un ordine e una disciplina allo spazio. Anziché relazionarsi con il contesto espositivo, Fossati e Magaraggia hanno deciso di destrutturare il secondo piano del MAC di Lissone, isolando le opere dall’ambiente circostante e costringendo lo spettatore a confrontarsi con una visione che sfuma dal generale al particolare. L’impiego di prodotti lignei li ha inoltre obbligati a una modalità operativa di dialogo e di condivisione che – a partire da uno stesso modulo espositivo – si è diversificata in base all’attitudine del singolo artista.
Fossati ha insistito sulle permutazioni di elementi regolari lungo il perimetro dei propri moduli; sui pannelli esterni sono state praticate delle fessure che creano trasparenze/trapassi, suggerendo l’idea di punti di vista o di fuga. In relazione ai dispositivi da lui progettati, l’artista ha realizzato diverse sculture in terracotta, per lo più di piccole dimensioni, che sono state sezionate per lasciar intravedere i sedimenti cromatici del nucleo interno (ottenuti alternando e mixando differenti tipologie di crete che, ancora fresche, deformano il disegno originale mediante un processo di compressione). Come si evince dal tautologico titolo della serie, sono ““sculture”” che intendono ridefinire i ruoli della pittura e della scultura. Magaraggia, al contrario, instaura una relazione tra i suoi resti-reliquie e la struttura espositiva, stabilendo un contatto, una contaminazione e una compenetrazione delle forme, rendendo precario il limine di ciò che sta fuori e ciò che si trova all’interno. Strutture e sculture arrivano a confondere i propri perimetri fino a creare uno spazio nello spazio; ne risultano delle installazioni larvali che hanno espulso ogni eccesso. Attraverso continue modifiche e privazioni, Magaraggia aspira a ottenere oggetti essenziali che sono esplorazione “di quel che è per come esso si rivela”.
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