8 albe - Tramonti: Cosmogonie e Fini del Mondo

Tramonti: Cosmogonie e Fini del Mondo, Dimora delle Balze, Noto (SR)
Dal 31 July 2025 al 28 August 2025
Noto | Siracusa
Luogo: Dimora delle Balze
Indirizzo: SS287, km 6/3
Orari: 31 luglio Opening | 7 agosto – 21 agosto – 28 agosto ore 21.30
Curatori: Lucia Pietroiusti
Costo del biglietto: Ingresso gratuito su prenotazione via mail
E-Mail info: info@8albe.com
Sito ufficiale: http://www.8albe.com
Il 31 luglio a Noto, prende il via la terza edizione di 8 albe, rassegna di arte contemporanea promossa da Dimora delle Balze. Il programma di quest’anno, a cura di Lucia Pietroiusti – curator and Head of Ecologies presso le Serpentine Galleries di Londra – si intitola "Tramonti: Cosmogonie e Fini del Mondo". Un ciclo di videoarte in cui l'arte fa da guida attraverso tempi di profonda trasformazione. Dalle origini mitiche ai lamenti melanconici, dalle tradizioni antiche e spirituali alle favolose cosmiche, le opere di "Tramonti: cosmogonie e fine dei mondi" immaginano come nuove vite e conoscenze possano emergere proprio dai momenti di fine. Piuttosto che proporre visioni utopiche o apocalittiche, queste opere video offrono spazi di possibilità: mondi che si generano con tenerezza, mentre impariamo l’arte di lasciar andare. Perché "Tramonti" non è un addio, ma un passaggio.
Le venticinque opere di sedici artiste e artisti internazionali selezionate dalla curatrice costituiscono la struttura delle quattro serate – 31 luglio, 7 agosto, 21 agosto, 28 agostodai titoli volutamente ripetitivi: ‘How We Ended’, ‘How We Began’, ‘How We Ended’ and again ‘How We Began’ che, provocatoriamente, iniziano con la fine e si articola in un ciclo, che invita a riflettere sul tempo non come una linea retta, a un’unica direzione prevista, ma come un processo metabolico di trasformazione continua. Le opere offrono uno sguardo profondo su un mondo in costante mutamento, fatto di forme, vite, spazi e saperi destinati, per loro natura, a essere temporanei. Dai resti delle civiltà passate ai silenzi lasciati dalle conoscenze cancellate dal colonialismo o dalle catastrofi, ci raccontano ciò che resta e ciò che si perde. E che è destinato per sua natura a perdersi. E ci suggeriscono di riflettere sul senso di questa fine che è in realtà rilancio, apertura e nuovi inizi.
Il linguaggio di Alice Bucknell, Yin-Ju Chen, Marcus Coates, Kyriaki Goni, Camille Henrot, Karrabing Film Collective, Asim Khan, Ailton Krenak, Lina Lapelyté, Peter Nadin, Eva Papamargariti, Agnieszka Polska, Revital Cohen & Tuur Van Balen, Cauleen Smith, Aimée Toledano, Natsuko Uchino è quello di artisti che si interessano a questioni climatiche con una pratica che si mette in dialogo con scienze e filosofie che ci aiutano a pensare e a capire il mondo contemporaneo e la necessità di rivedere il nostro concetto di civilizzazione in una prospettiva che includa la natura e la sua dimensione selvaggia, che ci ostiniamo a tenere fuori da noi.
Al centro della proposta artistica di questa edizione c’è una domanda urgente: come possiamo immaginare la fine del nostro mondo, mentre lo abitiamo? Le certezze che lo hanno sostenuto sembrano oggi meno solide, e le crisi ambientali e sociali ci chiedono di confrontarci con possibilità radicali di trasformazione. Processi e trasformazioni che in realtà sono già in atto – dall’emergenza climatica, alle guerre di civiltà - e che ci vengono quotidianamente spiegati, narrati, mostrati, ma verso i quali la nostra percezione e la nostra consapevolezza restano inerti.
Afferma Lucia Pietroiusti: «Impariamo della nascita e della caduta di magnifiche civiltà, o dei relitti dell’incursione coloniale; molto ci viene raccontato dal silenzio di quelle forme di sapere e di costruzione dei mondi che sono state cancellate dal tempo, dal potere o dalla catastrofe. Eppure, quando viviamo un mondo dall’interno, la sua fine può cadere al di fuori del dominio del pensabile. Può essere impossibile immaginare che il nostro mondo finisca del tutto. Una sfida quasi impossibile, sembra: immaginare noi stessi – noi qui, che condividiamo questo momento silenzioso – come appartenenti a un tale mondo.»
Alcuni dei film offrono l’infrastruttura concettuale per affrontare la domanda sulla nostra capacità di progettare un modo diverso di vivere sul Pianeta, dimostrando che le cosmologie indigene e le intuizioni delle tradizioni filosofiche e scientifiche occidentali condividono profonde verità sulla natura dell’essere. Alcuni, ad esempio, raccontano di un'origine alternativa — immaginaria — della specie umana, vista come una simbiosi tra esseri umani e fiori. esplorano visioni apocalittiche del futuro, altri ancora ruotano attorno alla ricerca di una mediazione tra il concetto imperante di civilizzazione intesa come unica modalità di vita sul nostro Pianeta, contrapposto all’idea che la vita è di per sé selvaggia spingendoci a domandarci come possiamo far sì che la foresta esista dentro di noi, nelle nostre case, nei nostri cortili. Affinché diventiamo capaci di elaborare un pensiero nuovo, che rimetta al centro la natura nei processi di progettazione delle nostre città e della nostra vita futura.
8 albe a Dimora delle Balze evolve per una precisa volontà della proprietà che organizza la rassegna: «Nel 2023, prima edizione di 8 albe abbiamo, approfondito i concetti di ‘parentela’ e ‘convivenza’ tra specie diverse. Nel 2024 abbiamo esplorato il tema dell’acqua e dell’oceano. Con questa edizione 8 albe intende proseguire la sua ricerca radicale e interdisciplinare nei territori della Natura, dei suoi elementi fondamentali e del tempo che la nutre e la determina. E delle logiche che la sostengono contro le quali le azioni e il linguaggio dell’uomo si ostinano a muoversi. Pensiamo che lo sguardo dell’arte sia lo strumento ad oggi più efficace per dire là dove la voce, e gli avvertimenti, della scienza restano inascoltati. Siamo, con questa edizione, ai confini del mondo che chiamiamo civilizzato, e vogliamo invitare tutti a superare questo limite e a renderlo permeabile. Nella sua fisicità e nella sua proposta filosofica ed esistenziale.»
Le venticinque opere di sedici artiste e artisti internazionali selezionate dalla curatrice costituiscono la struttura delle quattro serate – 31 luglio, 7 agosto, 21 agosto, 28 agostodai titoli volutamente ripetitivi: ‘How We Ended’, ‘How We Began’, ‘How We Ended’ and again ‘How We Began’ che, provocatoriamente, iniziano con la fine e si articola in un ciclo, che invita a riflettere sul tempo non come una linea retta, a un’unica direzione prevista, ma come un processo metabolico di trasformazione continua. Le opere offrono uno sguardo profondo su un mondo in costante mutamento, fatto di forme, vite, spazi e saperi destinati, per loro natura, a essere temporanei. Dai resti delle civiltà passate ai silenzi lasciati dalle conoscenze cancellate dal colonialismo o dalle catastrofi, ci raccontano ciò che resta e ciò che si perde. E che è destinato per sua natura a perdersi. E ci suggeriscono di riflettere sul senso di questa fine che è in realtà rilancio, apertura e nuovi inizi.
Il linguaggio di Alice Bucknell, Yin-Ju Chen, Marcus Coates, Kyriaki Goni, Camille Henrot, Karrabing Film Collective, Asim Khan, Ailton Krenak, Lina Lapelyté, Peter Nadin, Eva Papamargariti, Agnieszka Polska, Revital Cohen & Tuur Van Balen, Cauleen Smith, Aimée Toledano, Natsuko Uchino è quello di artisti che si interessano a questioni climatiche con una pratica che si mette in dialogo con scienze e filosofie che ci aiutano a pensare e a capire il mondo contemporaneo e la necessità di rivedere il nostro concetto di civilizzazione in una prospettiva che includa la natura e la sua dimensione selvaggia, che ci ostiniamo a tenere fuori da noi.
Al centro della proposta artistica di questa edizione c’è una domanda urgente: come possiamo immaginare la fine del nostro mondo, mentre lo abitiamo? Le certezze che lo hanno sostenuto sembrano oggi meno solide, e le crisi ambientali e sociali ci chiedono di confrontarci con possibilità radicali di trasformazione. Processi e trasformazioni che in realtà sono già in atto – dall’emergenza climatica, alle guerre di civiltà - e che ci vengono quotidianamente spiegati, narrati, mostrati, ma verso i quali la nostra percezione e la nostra consapevolezza restano inerti.
Afferma Lucia Pietroiusti: «Impariamo della nascita e della caduta di magnifiche civiltà, o dei relitti dell’incursione coloniale; molto ci viene raccontato dal silenzio di quelle forme di sapere e di costruzione dei mondi che sono state cancellate dal tempo, dal potere o dalla catastrofe. Eppure, quando viviamo un mondo dall’interno, la sua fine può cadere al di fuori del dominio del pensabile. Può essere impossibile immaginare che il nostro mondo finisca del tutto. Una sfida quasi impossibile, sembra: immaginare noi stessi – noi qui, che condividiamo questo momento silenzioso – come appartenenti a un tale mondo.»
Alcuni dei film offrono l’infrastruttura concettuale per affrontare la domanda sulla nostra capacità di progettare un modo diverso di vivere sul Pianeta, dimostrando che le cosmologie indigene e le intuizioni delle tradizioni filosofiche e scientifiche occidentali condividono profonde verità sulla natura dell’essere. Alcuni, ad esempio, raccontano di un'origine alternativa — immaginaria — della specie umana, vista come una simbiosi tra esseri umani e fiori. esplorano visioni apocalittiche del futuro, altri ancora ruotano attorno alla ricerca di una mediazione tra il concetto imperante di civilizzazione intesa come unica modalità di vita sul nostro Pianeta, contrapposto all’idea che la vita è di per sé selvaggia spingendoci a domandarci come possiamo far sì che la foresta esista dentro di noi, nelle nostre case, nei nostri cortili. Affinché diventiamo capaci di elaborare un pensiero nuovo, che rimetta al centro la natura nei processi di progettazione delle nostre città e della nostra vita futura.
8 albe a Dimora delle Balze evolve per una precisa volontà della proprietà che organizza la rassegna: «Nel 2023, prima edizione di 8 albe abbiamo, approfondito i concetti di ‘parentela’ e ‘convivenza’ tra specie diverse. Nel 2024 abbiamo esplorato il tema dell’acqua e dell’oceano. Con questa edizione 8 albe intende proseguire la sua ricerca radicale e interdisciplinare nei territori della Natura, dei suoi elementi fondamentali e del tempo che la nutre e la determina. E delle logiche che la sostengono contro le quali le azioni e il linguaggio dell’uomo si ostinano a muoversi. Pensiamo che lo sguardo dell’arte sia lo strumento ad oggi più efficace per dire là dove la voce, e gli avvertimenti, della scienza restano inascoltati. Siamo, con questa edizione, ai confini del mondo che chiamiamo civilizzato, e vogliamo invitare tutti a superare questo limite e a renderlo permeabile. Nella sua fisicità e nella sua proposta filosofica ed esistenziale.»
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