L’ARCA DI NOE’
Kircher
02/03/2001
Nel 1675 prendendo spunto almeno formalmente dall’esegesi biblica esce a Roma il testo kircheriano intitolato Arca Nöe, studio incentrato sulla storia del Diluvio Universale e l’Arca di Noè.
Questo è uno di quei temi che pone lo studioso tedesco in una condizione di difficoltà, costretto ad un bivio tra le convinzioni religiose e la curiosità del conoscitore. Un antefatto va posto all’inizio di questo processo: a metà del XVII secolo il Sant’Uffizio condannò la tesi secondo la quale il Diluvio Universale narrato nell’Antico Testamento sarebbe stato un evento limitato alla regione medio orientale. La scoperta dei nuovi continenti, ovviamente, aveva fatto supporre l’impossibilità di una catastrofe atmosferica che avesse potuto coinvolgere anche le Americhe e l’Oriente.
Kircher quindi si avvicina alla zoologia partendo da una base scritturale. Da studioso, si rende conto di alcune incongruenze legate all’estinzione delle specie animali, e, come in altri casi simili (il caso Galileo su tutti), tenta di trovare una terza via che metta d’accordo le nuove tendenze di pensiero con le tradizioni testamentarie. Dopo aver ricostruito una grande barca su tre piani di circa 1500 metri quadrati, per poter aver davanti ai suoi occhi lo spazio avuto a disposizione dallo stesso Noè, il gesuita intuisce che l’Arca non avrebbe potuto contenere tutti gli animali esistenti ed è così che passa ad un’eliminazione sistematica delle specie che sicuramente non avrebbero trovato posto accanto al patriarca ed ai suoi familiari. I primi esclusi sono naturalmente gli animali acquatici che avrebbero vissuto facilmente anche nel diluvio, poi quelli ritenuti nati per generazione spontanea (creduta possibile fino ad inizio XIX secolo) come insetti e rettili. La selezione non risolve completamente i problemi di Kircher che infine decide di eliminare tutti gli animali cosiddetti “ibridi” nati dall’accoppiamento di due specie diverse. In quest’ultima categoria lo studioso dimostra tutti i suoi limiti scientifici, ma allo stesso tempo conferma il suo essere uomo barocco e come tale affascinato dalla cose che destano meraviglia: tra gli incroci, infatti, inserisce il mulo (cavallo-asino), ma poi ne inventa altri molto improbabili come la giraffa che secondo lui sarebbe nata tra un leopardo ed un cammello, oppure l’armadillo figlio di un riccio e di una tartaruga.
La conclusione di Kircher rispetto alla salvazione delle specie animali non è molto lontana da quelle future: gli animali salvati da Noè sarebbero gli archetipi, dai quali sarebbero stati poi generati tutti gli altri. Come ha affermato Ernesto Capanna Athanasius Kircher si presenta così come "una sorta di evoluzionista su base scritturale", evoluzionista sì ma con le riserve dell’uomo di Chiesa, precursore delle scoperte di Jean Baptiste Lamarck e Charles Darwin.
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