Tra Roma a Firenze, costumi e scene dipinte dai maestri del Novecento

L’arte va a teatro

Alexandr Lozhkin, Costumi per Khovanshkina, Balletti Russi. [Public domain o Public domain], attraverso Wikimedia Commons
 

Francesca Grego

16/01/2018

In principio furono i Balletti Russi di Sergeij Djaghilev, leggendaria sintesi di arti e talenti che diede al teatro del primo Novecento il respiro dell’opera d’arte totale.
Una straordinaria stagione che vide costumi e scenografie di Picasso, Braque, Léger, Matisse, Gončarova animarsi al soffio vitale delle composizioni di Debussy, Satie, Ravel, Stravinskij.
Di qui non si torna indietro: il palcoscenico diventa un’affascinante sfida creativa per pittori, scultori e stilisti che nel teatro trovano una magica miniera di ispirazioni e praterie sconfinate dove lasciar correre l’immaginazione.
Mentre ancora per pochi giorni a Palazzo Barberini di Roma si può ammirare l’immensa tela dipinta da Picasso per il balletto Parade, due mostre illustrano l’intimo rapporto tra gli adepti di muse amiche che ha caratterizzato l’ultimo secolo.
 
Capucci dionisiaco. Disegni per il teatro. Fino al 14 febbraio a Firenze, Palazzo Pitti – Gallerie degli Uffizi

Una sfilata di “follie” su carta di grande formato rivela la sfrenata fantasia di uno dei più prestigiosi couturier dell’alta moda italiana nella mostra appena inaugurata nelle sale dell’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti.
Figure in continua metamorfosi raccontano il progetto di messa in scena che il creatore di costumi scelto da Luca Ronconi, Pierpaolo Pasolini e dall’Arena di Verona coltiva silenziosamente fin dagli anni Novanta.
 
Un repertorio variegato e bizzarro che, come ha osservato il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, richiama alla mente la spettacolarità rinascimentale degli abiti di Bernardo Buontalenti, celebre artista e costumista della Firenze cinquecentesca, nonché i disegni di Léon Bakst per i Balletti Russi.
E se i volti dei modelli possono ricordare la scultura di Adolfo Wildt, spiega ancora Schmidt, il dinamismo delle figure sembra ammiccare alle ninfe volanti ed eteree dello statunitense Paul Manship.
Sapienza grafica, geometrie pure e una sorprendente esuberanza cromatica concorrono a trasfigurare il mito ambiguo e misterioso di Dioniso, divinità del teatro, e del suo camaleontico corteo.
 
Artisti all’Opera. Il Teatro dell’Opera di Roma sulla frontiera dell’arte da Picasso a Kentridge 1880-2017. Fino all’11 marzo al Museo di Roma – Palazzo Braschi

Un viaggio lungo oltre 100 anni ci conduce dietro le quinte di un celebre teatro italiano.
Protagonisti, alcuni dei più grandi artisti del Novecento e oltre: da Pablo Picasso a Renato Guttuso, da Giorgio de Chirico ad Alexander Calder, da Arnaldo Pomodoro a William Kentridge.
Scene e costumi, bozzetti, figurini, maquette dall’immenso archivio del Teatro dell’Opera raccontano le arti del palcoscenico da un punto di vista inatteso, con l’aiuto di preziosi filmati d’epoca e proiezioni a cura dell’Istituto Luce.
 
Tra le chicche da non perdere, il sipario lungo 15 metri dipinto da de Chirico per l’Otello di Rossini, ma anche le scenografie e i costumi di Picasso per il balletto Il Cappello a Tre Punte .
Senza contare la maquette originale del verdiano Don Carlo di Luchino Visconti, i costumi di Valentino, Armani, Ungaro, i lasciti di registi di culto, tra cui Luca Ronconi ed Emma Dante, Terry Gilliam, Werner Herzog e Sofia Coppola.
 
Scene di fine Ottocento per il debutto della Cavalleria Rusticana di Mascagni o per la Tosca di Puccini si alternano agli allestimenti futuristi di Enrico Prampolini, alle creazioni di Felice Casorati per l’Elektra di Richard Strauss.
E, passando a tempi più recenti, ecco la Carmen di Bizet e la Sagra della Primavera di Stravinskij viste da Guttuso, la Semiramide di Rossini interpretata da Arnaldo Pomodoro, le scenografie create per il teatro romano da Alexander Calder e Alberto Burri.
Per finire con la Lulu concepita da Alban Berg tra il 1928 e il 1935, di cui lo scorso anno William Kentridge ha firmato scene e regia in chiave contemporanea. Disegni a inchiostro e videoproiezioni per un’opera veemente dalla sensibilità espressionista.
 
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