Chiacchierata con il maestro in attesa della mostra al Correr
L'età dell'oro di Fabrizio Plessi: omaggio evangelico a Venezia nel segno della rinascita
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Venezia, Facciata del Museo Correr | Courtesy of MUVE
Samantha De Martin
14/08/2020
Quando ci salutiamo dandoci appuntamento, dopo una lunga chiacchierata telefonica, alla prossima grande mostra evento al Museo Correr, Fabrizio Plessi ha già sfoderato la sua alchemica capacità di ricondurci a un'onirica età dell’oro, soffermandosi sul prossimo progetto dedicato a Venezia, coraggiosamente evolutosi e trasformatosi durante il lockdown in una sorta di apparizione evangelica affidata a due parole: Pax Tibi.
Il “re Mida” dei materiali, pioniere della videoarte, da navigatore solitario quale è, nel mare dell’arte sempre in burrasca, spiega perché quello che inaugurerà il prossimo 1° settembre, Plessi. L'età dell'oro, sarà davvero un progetto speciale per la sua carriera. L'installazione è realizzata in collaborazione con Michael Nyman ed è sponsorizzata da Dior.
Lo fa dall’alto dei suoi 80 anni festeggiati lo scorso 3 aprile - data che avrebbe dovuto segnare l’apertura della mostra a Venezia - in pieno lockdown, in compagnia di oltre 500 telefonate di auguri arrivate da tutto il mondo.
Fabrizio Plessi | Courtesy of MUVE
Nel corso della chiacchierata con il Maestro - il primo artista ad aver utilizzato il monitor televisivo come un vero e proprio materiale, dove a scorrere è un flusso inarrestabile di acqua e fuoco digitale - scopriamo che l’isolamento in piena pandemia è stato caratterizzato da una fervida attività artistica.
“Questo periodo - confessa Plessi - ha assistito al rilancio di una creatività molto intensa, oltre che alla nascita di ben 140 progetti dedicati all’oro”.
L'artista, noto per le sue installazioni site-specific, durante il lockdown ha anche tenuto compagnia ad oltre 100mila follower regalando ogni giorno, per 44 giorni, sul suo profilo Instagram, i video di alcune installazioni realizzate, nel tempo, in diverse città del mondo. Un viaggio mentale, insomma, di grande suggestione.
Adesso, a quasi 20 anni dalla grande installazione Waterfire, che grande successo ha riscosso alla Biennale nel 2001, Plessi sceglie di far ritorno nel medesimo luogo, ricreando un evento - con le stesse caratteristiche linguistiche, ma al tempo stesso frutto di una rivisitazione - nella stessa sede di un progetto che grande importanza ha avuto per la sua carriera.
Quello che lo spettatore in transito da Piazza San Marco vedrà si preannuncia spettacolare. Led luminosi ricopriranno le finestre del Museo Correr correndo per 58 metri e trasformando gli affacci in grandi cascate di oro in dialogo con i mosaici della Basilica di San Marco.
“Di questo materiale - spiega Plessi - non voglio sottolineare il valore economico, ma la sua incorruttibilità nel tempo. L’oro, che rimane sempre fedele a se stesso, è anche una metafora per ribadire la fedeltà al mio linguaggio. Sarà anche un omaggio all’oro di Venezia”.
Il progetto si preannuncia come un’evoluzione dell’installazione di 20 anni fa, e al tempo stesso, della carriera dell’artista. “Oggi - spiega Plessi - rispetto al passato, i led sono cento volte più tecnologici. Ho voluto far vedere come, col tempo, mantenendo un’idea molto precisa di una mia grammatica culturale, possa ripetere la stessa cosa in maniera completamente diversa. Le tecnologie ci offrono adesso una possibilità straordinaria che prima non c’era. Ho giocato molto sulla percezione illusionistica dell’oro che farà apparire le cascate come fossero vere”.
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Flusso, Venezia, Museo Correr | Courtesy of MUVE
E siccome per Plessi il ruolo dell’artista è quello di regalare emozioni, sperimentando linguaggi, modificandoli e adattandoli ai tempi e alle nuove tecnologie, l’artista di Reggio Emilia rivela di aver cambiato in corso d'opera, proprio durante il lockdown, il progetto originale della sua Età dell’oro. Ne è derivata è una proposta più “spirituale” che ha aggiunto alle cascate d’oro una sorta di messaggio evangelico che risuona come un’apparizione affidata ad un auspicio: Pax Tibi.
“Sono stato chiuso in casa tre mesi e ho modificato il progetto secondo una mia sensibilità. Quando uno meno se lo aspetta, all’incirca ogni 20-25 minuti, arriveranno delle luci bianche a formare, per tutta Piazza San Marco, la frase Pax Tibi, l'incipit della locuzione del Vangelo di Marco che il leone tiene tra le zampe”.
Quella che vedremo a Venezia a partire dal 1° settembre sarà pertanto una mostra diversa da quella uscita dalla mente dell’artista prima che il coronavirus piombasse nelle nostre vite.
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Schizzo, Venezia, Museo Correr | Courtesy of MUVE
“Anche il coronavirus ha inciso sulla mia maniera di pensare in campo artistico - confessa Plessi -. La mostra risulterà pertanto arricchita di un qualcosa che ho provato durante questi mesi. L’artista, quando è sensibile, non ripete mai se stesso o la propria sigla, ma offre sempre nuove spinte emozionali che fanno nascere opere completamente diverse rispetto a com’erano state pensate prima. Talvolta c’è sempre qualcosa di buono che può scaturire anche da un contesto negativo”.
Questa scenografia luminosa di cascate d'oro senza origine né fine, simile a un dirompente loop magmatico, scandirà un tempo sospeso e circolare, avvolgendo di luce una Venezia ferita che a tutto sopravvive con la sua eterna, incorruttibile bellezza. L'arte si fa così scevra di inganni, mentre l'immateriale tecnologico espande in una eternità fluida la materia aurea, a pervadere il tempo e lo spazio della città di pietra stretta tra la laguna e le infinite rifrazioni della luce.
Ad accompagnare questo dialogo sarà la musica di Michael Nyman. Chiediamo a Plessi il perché di questa scelta.
“Nyman - rivela - è un grande visionario, ha una visione shakespeariana della vita e racconta grandi avventure mentali. Abbiamo realizzato insieme opere molto importanti e abbiamo una visione quasi parallela della vita, della cultura, del mondo e della poetica dell’arte. E poi siamo grandi amici e questo aiuta a lavorare insieme”.
L’età dell’oro rappresentava per gli antichi, a partire da Esiodo, un periodo di primordiale pace, armonia e prosperità, che seguiva alle età dell’argento, del bronzo, del ferro. L’autore de Le Opere e i Giorni considerava conclusa l'età dell'oro quando il Titano Prometeo conferì all'umanità il dono del fuoco e tutte le altre arti. Ma cosa rappresenta l’età dell’oro per Fabrizio Plessi?
“L’Età dell’oro è una rinascita. Tutti noi sogniamo qualcosa migliore. So che è un’illusione, ma il bello della vita è continuare a sognare. D’altra parte la vecchiaia comincia quando i sogni vengono sostituiti dai rimpianti e quando le nostalgie prendono il sopravvento sui sogni. Finché ci sono i sogni si è liberi e creativi”.
In attesa di perderci tra le cascate di luce che avvolgeranno il Museo Correr, cerchiamo di capire quale ruolo abbia Venezia per l’artista, protagonista, in ambito internazionale, di importanti rassegne e grandi antologiche in diversi musei del mondo, dal Guggenheim di New York a quello di Bilbao, dalle Scuderie del Quirinale di Roma al Martin-Gropius-Bau di Berlino, dall’IVAM di Valencia al MoCA di San Diego. Nonostante sia nato a Reggio Emilia, il DNA del Maestro parla veneziano.
“Quando sono arrivato per la prima volta a Venezia avevo 14 anni. Ho trovato una città allagata e di questa sorta di visione apocalittica ne ho fatto il motivo dominante di tutta la mia vita. Facevo il liceo artistico, poi ho frequentato l'Accademia di Belle Arti. A 22 anni ho vinto la cattedra e ho insegnato per 40 anni. A Colonia ho insegnato “Umanizzazione delle tecnologie”, uno dei temi più importanti per tutti noi oggi. Ricordiamoci che se non dominiamo le tecnologie saranno loro a dominarci”.
Chissà cosa significhi per un artista essere sempre 20 anni avanti agli altri, con 500 mostre personali alle spalle.
“Significa non essere mai in sincrono con il proprio tempo” confessa.
È tuttavia affascinante riflettere su come, in questo pionierismo nel campo della videoarte, il disegno, probabilmente la forma d'arte più antica, resti il punto di partenza per ogni sua creazione. Per Plessi, che ne ha realizzati oltre 15mila, il disegno, simile a un “respiro” o a un fatto biologico, rimane alla base di tutto.
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Schizzo, Venezia, Museo Correr | Courtesy of MUVE
“Il disegno è la vita, la base di tutto il mio lavoro - commenta l'artista -. Ho imparato prima a disegnare e poi a scrivere. Molte volte, quando faccio un progetto, lo disegno in maniera visionaria, quasi wagneriana. E quando disegno provo un’emozione autentica, vedo già nella mia testa la realizzazione, me la godo ancora prima di consegnarla al pubblico”.
Se il linguaggio di Fabrizio Plessi è fatto di acqua e di fuoco, elementi ancestrali delle filosofie occidentali, il suo rapporto con il mondo si esplica anche attraverso il dialogo denso di suggestioni con l’arte classica e rinascimentale. Ne sono un esempio le installazioni site-specific create per spazi antichi e monumentali come la Valle dei Templi di Agrigento, la Lonja di Palma di Maiorca, la Sala dei Giganti di Palazzo Te a Mantova, le Terme di Caracalla, a dimostrazione di un’attenzione per la classicità confermata anche dalle scenografie elettroniche realizzate per Titanic, Icarus, Romeo and Juliet.
C’è quindi un’arte contemporanea che ha ancora bisogno dell’antico e ci incuriosisce sapere a quale dei Maestri del passato Plessi si senta più vicino.
“Non faccio differenza tra passato e futuro. Mi sento con una gamba nel futuro e con un’altra nel passato. Credo che tra futuro e passato ci sia una grande emozione. Fare arte significa inventare segni grafici che diventano qualcosa di diverso, dando emozione a chi li guarda. Credo che il passato e il futuro convivano perfettamente, anzi il futuro ha un cuore antico”.
Scopriamo casualmente che il Maestro ha avuto modo di apprezzare anche la grande mostra dedicata a Raffaello, alle Scuderie del Quirinale. A colpirlo non potevano che essere i disegni - “meravigliosi” commenta - la grafica straordinaria, al centro di un dialogo mai visto.
L'Età dell'Oro del Museo Correr sarà il prologo della grande retrospettiva che, con lo stesso titolo, inaugurerà tra ottobre e novembre alla Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro. Prima di salutarlo, chiediamo all'artista una piccola anticipazione.
“Sarà una sorta di manipolazione artistica di tutti i materiali che ho utilizzato nel corso della mia carriera e avrà una serie di mie installazioni modificate con l’oro. La mia acqua diventerà oro, così come anche il fuoco e la lava". La retrospettiva occuperà l’intero palazzo di Ca’ Pesaro e sarà un altro grande omaggio a Venezia.
Ca' Pesaro, Venezia | Foto: © Dietmar Schwanitz via Flickr
Leggi anche:
• Plessi. L'età dell'oro
• Plessi a Caracalla. Il segreto del tempo
Il “re Mida” dei materiali, pioniere della videoarte, da navigatore solitario quale è, nel mare dell’arte sempre in burrasca, spiega perché quello che inaugurerà il prossimo 1° settembre, Plessi. L'età dell'oro, sarà davvero un progetto speciale per la sua carriera. L'installazione è realizzata in collaborazione con Michael Nyman ed è sponsorizzata da Dior.
Lo fa dall’alto dei suoi 80 anni festeggiati lo scorso 3 aprile - data che avrebbe dovuto segnare l’apertura della mostra a Venezia - in pieno lockdown, in compagnia di oltre 500 telefonate di auguri arrivate da tutto il mondo.
Fabrizio Plessi | Courtesy of MUVE
Nel corso della chiacchierata con il Maestro - il primo artista ad aver utilizzato il monitor televisivo come un vero e proprio materiale, dove a scorrere è un flusso inarrestabile di acqua e fuoco digitale - scopriamo che l’isolamento in piena pandemia è stato caratterizzato da una fervida attività artistica.
“Questo periodo - confessa Plessi - ha assistito al rilancio di una creatività molto intensa, oltre che alla nascita di ben 140 progetti dedicati all’oro”.
L'artista, noto per le sue installazioni site-specific, durante il lockdown ha anche tenuto compagnia ad oltre 100mila follower regalando ogni giorno, per 44 giorni, sul suo profilo Instagram, i video di alcune installazioni realizzate, nel tempo, in diverse città del mondo. Un viaggio mentale, insomma, di grande suggestione.
Adesso, a quasi 20 anni dalla grande installazione Waterfire, che grande successo ha riscosso alla Biennale nel 2001, Plessi sceglie di far ritorno nel medesimo luogo, ricreando un evento - con le stesse caratteristiche linguistiche, ma al tempo stesso frutto di una rivisitazione - nella stessa sede di un progetto che grande importanza ha avuto per la sua carriera.
Quello che lo spettatore in transito da Piazza San Marco vedrà si preannuncia spettacolare. Led luminosi ricopriranno le finestre del Museo Correr correndo per 58 metri e trasformando gli affacci in grandi cascate di oro in dialogo con i mosaici della Basilica di San Marco.
“Di questo materiale - spiega Plessi - non voglio sottolineare il valore economico, ma la sua incorruttibilità nel tempo. L’oro, che rimane sempre fedele a se stesso, è anche una metafora per ribadire la fedeltà al mio linguaggio. Sarà anche un omaggio all’oro di Venezia”.
Il progetto si preannuncia come un’evoluzione dell’installazione di 20 anni fa, e al tempo stesso, della carriera dell’artista. “Oggi - spiega Plessi - rispetto al passato, i led sono cento volte più tecnologici. Ho voluto far vedere come, col tempo, mantenendo un’idea molto precisa di una mia grammatica culturale, possa ripetere la stessa cosa in maniera completamente diversa. Le tecnologie ci offrono adesso una possibilità straordinaria che prima non c’era. Ho giocato molto sulla percezione illusionistica dell’oro che farà apparire le cascate come fossero vere”.
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Flusso, Venezia, Museo Correr | Courtesy of MUVE
E siccome per Plessi il ruolo dell’artista è quello di regalare emozioni, sperimentando linguaggi, modificandoli e adattandoli ai tempi e alle nuove tecnologie, l’artista di Reggio Emilia rivela di aver cambiato in corso d'opera, proprio durante il lockdown, il progetto originale della sua Età dell’oro. Ne è derivata è una proposta più “spirituale” che ha aggiunto alle cascate d’oro una sorta di messaggio evangelico che risuona come un’apparizione affidata ad un auspicio: Pax Tibi.
“Sono stato chiuso in casa tre mesi e ho modificato il progetto secondo una mia sensibilità. Quando uno meno se lo aspetta, all’incirca ogni 20-25 minuti, arriveranno delle luci bianche a formare, per tutta Piazza San Marco, la frase Pax Tibi, l'incipit della locuzione del Vangelo di Marco che il leone tiene tra le zampe”.
Quella che vedremo a Venezia a partire dal 1° settembre sarà pertanto una mostra diversa da quella uscita dalla mente dell’artista prima che il coronavirus piombasse nelle nostre vite.
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Schizzo, Venezia, Museo Correr | Courtesy of MUVE
“Anche il coronavirus ha inciso sulla mia maniera di pensare in campo artistico - confessa Plessi -. La mostra risulterà pertanto arricchita di un qualcosa che ho provato durante questi mesi. L’artista, quando è sensibile, non ripete mai se stesso o la propria sigla, ma offre sempre nuove spinte emozionali che fanno nascere opere completamente diverse rispetto a com’erano state pensate prima. Talvolta c’è sempre qualcosa di buono che può scaturire anche da un contesto negativo”.
Questa scenografia luminosa di cascate d'oro senza origine né fine, simile a un dirompente loop magmatico, scandirà un tempo sospeso e circolare, avvolgendo di luce una Venezia ferita che a tutto sopravvive con la sua eterna, incorruttibile bellezza. L'arte si fa così scevra di inganni, mentre l'immateriale tecnologico espande in una eternità fluida la materia aurea, a pervadere il tempo e lo spazio della città di pietra stretta tra la laguna e le infinite rifrazioni della luce.
Ad accompagnare questo dialogo sarà la musica di Michael Nyman. Chiediamo a Plessi il perché di questa scelta.
“Nyman - rivela - è un grande visionario, ha una visione shakespeariana della vita e racconta grandi avventure mentali. Abbiamo realizzato insieme opere molto importanti e abbiamo una visione quasi parallela della vita, della cultura, del mondo e della poetica dell’arte. E poi siamo grandi amici e questo aiuta a lavorare insieme”.
L’età dell’oro rappresentava per gli antichi, a partire da Esiodo, un periodo di primordiale pace, armonia e prosperità, che seguiva alle età dell’argento, del bronzo, del ferro. L’autore de Le Opere e i Giorni considerava conclusa l'età dell'oro quando il Titano Prometeo conferì all'umanità il dono del fuoco e tutte le altre arti. Ma cosa rappresenta l’età dell’oro per Fabrizio Plessi?
“L’Età dell’oro è una rinascita. Tutti noi sogniamo qualcosa migliore. So che è un’illusione, ma il bello della vita è continuare a sognare. D’altra parte la vecchiaia comincia quando i sogni vengono sostituiti dai rimpianti e quando le nostalgie prendono il sopravvento sui sogni. Finché ci sono i sogni si è liberi e creativi”.
In attesa di perderci tra le cascate di luce che avvolgeranno il Museo Correr, cerchiamo di capire quale ruolo abbia Venezia per l’artista, protagonista, in ambito internazionale, di importanti rassegne e grandi antologiche in diversi musei del mondo, dal Guggenheim di New York a quello di Bilbao, dalle Scuderie del Quirinale di Roma al Martin-Gropius-Bau di Berlino, dall’IVAM di Valencia al MoCA di San Diego. Nonostante sia nato a Reggio Emilia, il DNA del Maestro parla veneziano.
“Quando sono arrivato per la prima volta a Venezia avevo 14 anni. Ho trovato una città allagata e di questa sorta di visione apocalittica ne ho fatto il motivo dominante di tutta la mia vita. Facevo il liceo artistico, poi ho frequentato l'Accademia di Belle Arti. A 22 anni ho vinto la cattedra e ho insegnato per 40 anni. A Colonia ho insegnato “Umanizzazione delle tecnologie”, uno dei temi più importanti per tutti noi oggi. Ricordiamoci che se non dominiamo le tecnologie saranno loro a dominarci”.
Chissà cosa significhi per un artista essere sempre 20 anni avanti agli altri, con 500 mostre personali alle spalle.
“Significa non essere mai in sincrono con il proprio tempo” confessa.
È tuttavia affascinante riflettere su come, in questo pionierismo nel campo della videoarte, il disegno, probabilmente la forma d'arte più antica, resti il punto di partenza per ogni sua creazione. Per Plessi, che ne ha realizzati oltre 15mila, il disegno, simile a un “respiro” o a un fatto biologico, rimane alla base di tutto.
Fabrizio Plessi, L'età dell'oro, Schizzo, Venezia, Museo Correr | Courtesy of MUVE
“Il disegno è la vita, la base di tutto il mio lavoro - commenta l'artista -. Ho imparato prima a disegnare e poi a scrivere. Molte volte, quando faccio un progetto, lo disegno in maniera visionaria, quasi wagneriana. E quando disegno provo un’emozione autentica, vedo già nella mia testa la realizzazione, me la godo ancora prima di consegnarla al pubblico”.
Se il linguaggio di Fabrizio Plessi è fatto di acqua e di fuoco, elementi ancestrali delle filosofie occidentali, il suo rapporto con il mondo si esplica anche attraverso il dialogo denso di suggestioni con l’arte classica e rinascimentale. Ne sono un esempio le installazioni site-specific create per spazi antichi e monumentali come la Valle dei Templi di Agrigento, la Lonja di Palma di Maiorca, la Sala dei Giganti di Palazzo Te a Mantova, le Terme di Caracalla, a dimostrazione di un’attenzione per la classicità confermata anche dalle scenografie elettroniche realizzate per Titanic, Icarus, Romeo and Juliet.
C’è quindi un’arte contemporanea che ha ancora bisogno dell’antico e ci incuriosisce sapere a quale dei Maestri del passato Plessi si senta più vicino.
“Non faccio differenza tra passato e futuro. Mi sento con una gamba nel futuro e con un’altra nel passato. Credo che tra futuro e passato ci sia una grande emozione. Fare arte significa inventare segni grafici che diventano qualcosa di diverso, dando emozione a chi li guarda. Credo che il passato e il futuro convivano perfettamente, anzi il futuro ha un cuore antico”.
Scopriamo casualmente che il Maestro ha avuto modo di apprezzare anche la grande mostra dedicata a Raffaello, alle Scuderie del Quirinale. A colpirlo non potevano che essere i disegni - “meravigliosi” commenta - la grafica straordinaria, al centro di un dialogo mai visto.
L'Età dell'Oro del Museo Correr sarà il prologo della grande retrospettiva che, con lo stesso titolo, inaugurerà tra ottobre e novembre alla Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro. Prima di salutarlo, chiediamo all'artista una piccola anticipazione.
“Sarà una sorta di manipolazione artistica di tutti i materiali che ho utilizzato nel corso della mia carriera e avrà una serie di mie installazioni modificate con l’oro. La mia acqua diventerà oro, così come anche il fuoco e la lava". La retrospettiva occuperà l’intero palazzo di Ca’ Pesaro e sarà un altro grande omaggio a Venezia.
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