Il pittore del “Bacio” in tre mostre

Da Trento a Milano, i capolavori ritrovati di Hayez

Francesco Hayez, Valenza Gradenigo davanti agli inquisitori, 1843-1845, collezione privata
 

Francesca Grego

21/11/2018

Milano - Lo conosciamo per il suo iconico Bacio, ma Francesco Hayez è molto di più: un artista poliedrico e audace, capace di mediare in modo originale tra la tradizione classica ben radicata in Italia e la nuova sensibilità romantica, tra realismo e immaginazione, tra sensualità e patriottismo risorgimentale.
Il ritrovamento di due opere ritenute perdute fino a tempi recentissimi è l’occasione per ripercorrerne le orme e scoprirne in tre mostre i diversi volti di artista. Da Milano, dove Hayez visse e lavorò per lunghi anni, insegnando pittura nella rinomata Accademia di Brera, a Trento, sede del suo committente Simone Consolati e del Riposo durante la fuga in Egitto, che per la prima volta si offre allo sguardo dei visitatori.
 
Hayez. Un capolavoro ritrovato. Fino al 17 febbraio a Milano, GAM - Galleria d’Arte Moderna
È quasi un romanzo su tela la serie che Hayez dedicò al caso seicentesco di Valenza Gradenigo, colpevole di aver salvato l’amato Antonio Foscarini, ambasciatore della Repubblica di Venezia condannato per tradimento, e portata davanti ai giudici dell’Inquisizione tra cui figura suo padre.
Per la prima volta una mostra ne presenta la saga completa, composta da quattro dipinti, dopo la scoperta dell’ultimo tassello ritrovato per caso sul mercato antiquario da una collezionista.
La gestualità di Tintoretto, la monumentalità narrativa del Carpaccio, i cromatismi dell'anziano Tiziano inseriscono l’opera nella tradizione della pittura veneta, da cui Hayez proviene. Ma la serie segna una svolta decisiva, il passaggio a una rappresentazione della storia incentrata sulle passioni umane, che trova nella Venezia romantica cantata da Byron il palcoscenico ideale. Criticato in passato per la sua teatralità, Valenza Gradenigo davanti agli inquisitori è oggi esempio di un’arte popolare nel senso migliore del termine, che non a caso avvicina Hayez al melodramma di Verdi e Donizetti.
Alla GAM l’opera è inserita all’interno di un percorso che la mette a confronto con preziose tele di generi diversi, dal grande ritratto di Alessandro Manzoni alla Maddalena penitente.
 
Sotto il cielo d’Egitto. Un capolavoro ritrovato di Francesco Hayez. Fino al 24 febbraio a Trento, Castello del Buonconsiglio
Rintracciato da poco all’interno di una collezione privata, Il riposo durante la fuga in Egitto non appare in pubblico dal 1831, quando fu esposto all’Accademia di Brera ancora fresco di vernice. È qui che i curatori hanno rinvenuto inediti disegni preparatori e scritti di Hayez che gettano nuova luce sul dipinto.
Nel progetto espositivo la storia del mecenate trentino Simone Consolati, committente dell’opera, si intreccia con le tappe della sua realizzazione in un confronto con importanti lavori eseguiti dall’artista nello stesso periodo: la Vergine Addolorata e la Madonna con Bambino e devota.
Occhi puntati sulla dimensione sacra della pittura di Hayez, quindi. Ma non solo: Il riposo durante la fuga in Egitto contiene in sé la seduzione, tutta romantica, di un mondo esotico e lontano, evocata da palme, piramidi, dal colosso di Ramses II e dai datteri dalle foglie acuminate – presagio delle sofferenze future – che il Bambino porge alla madre.
Da non perdere gli splendidi schizzi che Hayez dedicò a questo nudo infantile che tuttavia, come testimonia una lettera dell’artista, non incontrò l’approvazione del committente.
 
Attorno a Ingres e Hayez. Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento. Fino al 20 gennaio a Milano, Pinacoteca di Brera
Ritratti sognanti o quotidiani, allegorie romantiche, apparizioni esotiche e leggendarie: al centro del progetto braidense c’è la figura femminile, che nell’Ottocento l’arte circonda di nuove atmosfere con Francesco Hayez in prima linea.
Protagonista della mostra è il confronto tra Hayez – che a Brera è di casa – e il suo illustre collega d’Oltralpe Jean-Auguste Dominique Ingres, cui si aggiungono il rivale Giuseppe Molteni e lo scultore toscano Lorenzo Bartolini. Nel gioco di sguardi tra il Ritratto di Teresa Manzoni Stampa Borri, la celebre Malinconia, L’Odalisca, la lunare Selene Taccioli Ruga di Hayez e le donne di Ingres si acquattano le inquietudini dell’arte in un’epoca di trasformazioni.
In primo piano quella tensione naturalistica verso “il bello nel vero” che i due artisti condivisero a dispetto del confine tra classico e romantico eretto dalla storia.
 
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