Dal Museo del Novecento al Castello Sforzesco
Milano celebra l’Ultima Cena
Andy Warhol, Sixty Last Suppers | © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts
Francesca Grego
24/03/2017
Milano - In vista delle celebrazioni del 2019 per il quinto centenario della morte di Leonardo, a Milano l’atmosfera si scalda con due importanti eventi dedicati al genio del Rinascimento.
Si comincia con Andy Warhol: Sixty Last Suppers, in programma dal 24 marzo al 18 maggio al Museo del Novecento.
A 30 anni dalla presentazione al Palazzo delle Stelline dello scandaloso progetto di Warhol ispirato al Cenacolo vinciano, l’opera chiave della serie troneggia al centro della Sala Fontana, affacciata sul panorama di piazza Duomo.
Sotto il neon di Lucio Fontana, la monumentale tela di dieci metri per tre mostra l’immagine in bianco e nero dell’Ultima Cena riprodotta in 60 riquadri, che a distanza assumono l’aspetto della griglia di un edificio modernista o degli schermi di una cabina di regia.
Nonostante fosse l’ultimo di una lunga sequenza di icone ripetute in serie, da Marilyn Monroe alla Gioconda, il progetto suscitò notevole scalpore per la sua commistione fra sacro e profano, per l’assimilazione a merce seriale di un capolavoro unico nel panorama dell’arte mondiale, per di più dotato di un senso profondamente religioso. Ad amplificare ulteriormente il clamore, l’improvvisa morte dell’artista solo un mese dopo l’apertura della mostra.
In dialogo con Sixty Last Suppers o come un suo rovesciamento è concepita la mostra Archeologia del Cenacolo, al Castello Sforzesco dal 1° aprile al 25 giugno.
Un’indagine sul mito e sulla fortuna iconografica del dipinto di Leonardo, che arriva a evidenziarne l’unicità irripetibile proprio attraverso le numerose repliche realizzate con ogni mezzo e stile dagli artisti negli ultimi 500 anni.
Se il proliferare di copie piccole e grandi a pochi anni dal completamento dell’originale testimonia lo strepitoso successo dell’Ultima Cena fra i contemporanei, stampe popolari e raffinate grafiche d’arte mostrano quanto la sua immagine fosse nota e richiesta nei secoli successivi presso ogni fascia di pubblico, fino a quando, sul finire del Settecento, le riproduzioni divennero l’unico mezzo per conoscere l’opera originale, sfigurata dal tempo e dagli interventi di ridipintura.
A partire da metà Ottocento il testimone passa alla fotografia, l’unica capace di raccontarci l’evoluzione del dipinto in seguito ai diversi interventi di restauro che lo hanno interessato nel corso degli anni.
Tra le opere in mostra, dipinti, disegni, stampe d’arte, immagini fotografiche, ma anche cartoline e santini. Da non perdere, la famosa acquaforte settecentesca di Raffaello Morghen, presentata insieme al disegno preparatorio e alla lastra di rame originale.
Si comincia con Andy Warhol: Sixty Last Suppers, in programma dal 24 marzo al 18 maggio al Museo del Novecento.
A 30 anni dalla presentazione al Palazzo delle Stelline dello scandaloso progetto di Warhol ispirato al Cenacolo vinciano, l’opera chiave della serie troneggia al centro della Sala Fontana, affacciata sul panorama di piazza Duomo.
Sotto il neon di Lucio Fontana, la monumentale tela di dieci metri per tre mostra l’immagine in bianco e nero dell’Ultima Cena riprodotta in 60 riquadri, che a distanza assumono l’aspetto della griglia di un edificio modernista o degli schermi di una cabina di regia.
Nonostante fosse l’ultimo di una lunga sequenza di icone ripetute in serie, da Marilyn Monroe alla Gioconda, il progetto suscitò notevole scalpore per la sua commistione fra sacro e profano, per l’assimilazione a merce seriale di un capolavoro unico nel panorama dell’arte mondiale, per di più dotato di un senso profondamente religioso. Ad amplificare ulteriormente il clamore, l’improvvisa morte dell’artista solo un mese dopo l’apertura della mostra.
In dialogo con Sixty Last Suppers o come un suo rovesciamento è concepita la mostra Archeologia del Cenacolo, al Castello Sforzesco dal 1° aprile al 25 giugno.
Un’indagine sul mito e sulla fortuna iconografica del dipinto di Leonardo, che arriva a evidenziarne l’unicità irripetibile proprio attraverso le numerose repliche realizzate con ogni mezzo e stile dagli artisti negli ultimi 500 anni.
Se il proliferare di copie piccole e grandi a pochi anni dal completamento dell’originale testimonia lo strepitoso successo dell’Ultima Cena fra i contemporanei, stampe popolari e raffinate grafiche d’arte mostrano quanto la sua immagine fosse nota e richiesta nei secoli successivi presso ogni fascia di pubblico, fino a quando, sul finire del Settecento, le riproduzioni divennero l’unico mezzo per conoscere l’opera originale, sfigurata dal tempo e dagli interventi di ridipintura.
A partire da metà Ottocento il testimone passa alla fotografia, l’unica capace di raccontarci l’evoluzione del dipinto in seguito ai diversi interventi di restauro che lo hanno interessato nel corso degli anni.
Tra le opere in mostra, dipinti, disegni, stampe d’arte, immagini fotografiche, ma anche cartoline e santini. Da non perdere, la famosa acquaforte settecentesca di Raffaello Morghen, presentata insieme al disegno preparatorio e alla lastra di rame originale.
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