In Belgio la più grande collezione dedicata al maestro del Surrealismo
Nel regno del mistero. Il Museo Magritte a Bruxelles
René Magritte, L’empire des lumières, 1954, Olio su tela, Inv. 6715, MRBAB, Bruxelles | Foto: J. Geleyns / Ro scan | © Ch. Herscovici, avec son aimable autorisation c/o SABAM Belgium | Courtesy Musée Magritte, Royal Museums of Fine Arts of Belgium
Francesca Grego
01/04/2020
Mondo - Non lasciatevi ingannare dalla rassicurante facciata neoclassica dell’Hotel Altenloh: enigmi e inquietudini oniriche attendono il pubblico all’interno del Musée Magritte di Bruxelles, insieme al fascino di uno degli artisti più amati del Novecento. Tra i più visitati di tutto il Belgio, il museo ha battuto ogni record nel 2019 durante i festeggiamenti per i suoi primi 10 anni.
Dal 1984, quando il Royal Museum of Fine Arts of Belgium allestì per la prima volta la Sala Magritte, la collezione dedicata al pittore surrealista si è allargata in misura esponenziale grazie a donazioni e ghiotte opportunità d’acquisto. È nata così l’idea di un nuovo museo, che nella centralissima Place Royale conserva oggi la più ampia e variegata raccolta di opere di René Magritte esistente al mondo.
René Magritte, La bonne foi, 1964-1965, Olio su tela, Collezione privata | Foto: Ludion
Nell’itinerario espositivo distribuito su tre piani, i più noti capolavori dell’artista belga spiccano in un vasto repertorio di dipinti, disegni, guaches, grafiche, fotografie e perfino carte da parati. Ci sono le tele giovanili e il Fantino perduto, il suo primo quadro surrealista, fino all’ultimo capolavoro incompiuto, Uomo seduto a un tavolo, a cui Magritte stava lavorando nell’estate del 1967, quando morì nella sua casa di Bruxelles all’età 69 anni. A differenza di quanto potremmo aspettarci, il genio del Maestro belga non si esaurì nell’ispirazione surrealista: il Musée Magritte di Bruxelles offre perciò l’occasione di esplorare anche fasi e aspetti meno noti della sua arte.
Le opere sono esposte a rotazione, in allestimenti a tema che spesso affiancano ai capolavori di casa a prestiti da prestigiose collezioni internazionali. E per chi non fosse ancora soddisfatto, l’archivio di Place Royale è una miniera di lettere, fotografie, video d’epoca e materiali di ogni genere riguardanti Magritte e la cerchia dei surrealisti.
Insomma, Bruxelles rappresenta un vero paradiso per i fan dell’artista, che nella capitale belga è ricordato anche in una più raccolta ma interessante Casa Museo: l’appartamento di Rue Esseghem dove Magritte dipinse più della metà dei suoi quadri e ospitò le movimentate riunioni dei surrealisti belgi, oggi riallestito con i mobili originali e gli oggetti più cari al pittore.
René Magritte, Primevère, 1926, Litografia su carta | Foto: Grafisch Buro Lefevre, Heule | © Ch. Herscovici, avec son aimable autorisation c/o SABAM Belgium
Ma chi era René Magritte?
I suoi contemporanei lo soprannominarono “le saboteur tranquille” (il sabotatore tranquillo) per quel suo gusto di sovvertire l’ordine del reale in punta di piedi, di insinuare dubbi stranianti sotto la superficie di immagini a prima vista innocue.
Magritte nasce nella cittadina di Lessines, in Belgio, nel 1889 e dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles inizia a lavorare come grafico. Per mantenersi disegna cartelloni pubblicitari e carte da parati, che definisce con disprezzo “i miei lavori imbecilli”. Ma i linguaggi della grafica e dell’illustrazione ne influenzeranno per sempre la pittura. Il giovane René è curioso e subisce il fascino dell’avanguardia in un periodo di grande sperimentazione per l’arte europea. Si avvicina al Futurismo e al Cubismo. Sarà l’incontro con un quadro di Giorgio De Chirico a segnare la svolta. Come il fondatore della Metafisica, Magritte innesterà su uno stile improntato al realismo l’accostamento di elementi incongrui, rasentando l’assurdo in atmosfere di enigmatica poesia.
Con il movimento surrealista, a cui aderirà nel 1925, il pittore belga condivide la dimensione del sogno, la ricerca di cortocircuiti visivi che smontano la logica apparente della realtà lasciando lo spettatore completamente spiazzato. “Non vediamo che un solo lato delle cose; è proprio l’altro lato che io cerco di esprimere”, dirà. Nascono così capolavori come Il figlio dell’uomo, un signore con la bombetta e l’abito scuro, ritratto con una mela verde sul viso. Qual è il suo significato? Magritte è avaro di risposte: compito della pittura non è indagare il mistero, ma restituirlo in immagini spaesanti. Ci lascerà più di 800 dipinti e disegni, alcuni dei quali sono ormai icone dell’immaginario visivo occidentale.
René Magritte, La magie noire, 1949 | Foto: J. Geleyns / Ro scan | © Ch. Herscovici, avec son aimable autorisation c/o SABAM Belgium
I capolavori del Museo Magritte di Bruxelles
Visitare il museo di Place Royale significa tuffarsi nell’universo misterioso e ipnotico di Magritte. Fa un certo effetto avere materialmente sotto gli occhi le sue fantasticherie audaci, eppure straordinariamente reali. Ma soprattutto ci si trova finalmente a tu per tu con dipinti di una tale potenza comunicativa da finire su t-shirt e copertine di libri, cartelloni pubblicitari e ombrelli destinati ai target più disparati. Qui finalmente risaliamo all’origine dell’enigma moderno di Magritte. Lo facciamo ammirando capolavori come Golconde, ovvero una folla di gentleman in bombetta e ombrello sospesa come gocce di pioggia nel cielo di una città, e La Magie Noire, singolare nudo di donna che la terra e il cielo letteralmente si spartiscono, donando i propri colori alle metà inferiore e superiore del corpo femminile.
E non perderemo neppure The Empire of Light, paesaggio-ossimoro in cui coesistono il giorno e la notte, La Bonne Foi, dove l’uomo in bombetta torna ossessivamente con una pipa sul volto, o Le Retour, dipinto da Magritte a Carcassonne dopo la fuga dall’occupazione nazista. Qui il manto scuro della notte si stende su un nido colmo di uova. La sagoma di una colomba in volo apre uno squarcio nel buio: dentro i suoi contorni, un cielo azzurro trapunto di nuvole leggere.
René Magritte, Le retour, 1940 | Foto: J. Geleyns / Ro scan | © Ch. Herscovici, avec son aimable autorisation c/o SABAM Belgium
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Dal 1984, quando il Royal Museum of Fine Arts of Belgium allestì per la prima volta la Sala Magritte, la collezione dedicata al pittore surrealista si è allargata in misura esponenziale grazie a donazioni e ghiotte opportunità d’acquisto. È nata così l’idea di un nuovo museo, che nella centralissima Place Royale conserva oggi la più ampia e variegata raccolta di opere di René Magritte esistente al mondo.
René Magritte, La bonne foi, 1964-1965, Olio su tela, Collezione privata | Foto: Ludion
Nell’itinerario espositivo distribuito su tre piani, i più noti capolavori dell’artista belga spiccano in un vasto repertorio di dipinti, disegni, guaches, grafiche, fotografie e perfino carte da parati. Ci sono le tele giovanili e il Fantino perduto, il suo primo quadro surrealista, fino all’ultimo capolavoro incompiuto, Uomo seduto a un tavolo, a cui Magritte stava lavorando nell’estate del 1967, quando morì nella sua casa di Bruxelles all’età 69 anni. A differenza di quanto potremmo aspettarci, il genio del Maestro belga non si esaurì nell’ispirazione surrealista: il Musée Magritte di Bruxelles offre perciò l’occasione di esplorare anche fasi e aspetti meno noti della sua arte.
Le opere sono esposte a rotazione, in allestimenti a tema che spesso affiancano ai capolavori di casa a prestiti da prestigiose collezioni internazionali. E per chi non fosse ancora soddisfatto, l’archivio di Place Royale è una miniera di lettere, fotografie, video d’epoca e materiali di ogni genere riguardanti Magritte e la cerchia dei surrealisti.
Insomma, Bruxelles rappresenta un vero paradiso per i fan dell’artista, che nella capitale belga è ricordato anche in una più raccolta ma interessante Casa Museo: l’appartamento di Rue Esseghem dove Magritte dipinse più della metà dei suoi quadri e ospitò le movimentate riunioni dei surrealisti belgi, oggi riallestito con i mobili originali e gli oggetti più cari al pittore.
René Magritte, Primevère, 1926, Litografia su carta | Foto: Grafisch Buro Lefevre, Heule | © Ch. Herscovici, avec son aimable autorisation c/o SABAM Belgium
Ma chi era René Magritte?
I suoi contemporanei lo soprannominarono “le saboteur tranquille” (il sabotatore tranquillo) per quel suo gusto di sovvertire l’ordine del reale in punta di piedi, di insinuare dubbi stranianti sotto la superficie di immagini a prima vista innocue.
Magritte nasce nella cittadina di Lessines, in Belgio, nel 1889 e dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles inizia a lavorare come grafico. Per mantenersi disegna cartelloni pubblicitari e carte da parati, che definisce con disprezzo “i miei lavori imbecilli”. Ma i linguaggi della grafica e dell’illustrazione ne influenzeranno per sempre la pittura. Il giovane René è curioso e subisce il fascino dell’avanguardia in un periodo di grande sperimentazione per l’arte europea. Si avvicina al Futurismo e al Cubismo. Sarà l’incontro con un quadro di Giorgio De Chirico a segnare la svolta. Come il fondatore della Metafisica, Magritte innesterà su uno stile improntato al realismo l’accostamento di elementi incongrui, rasentando l’assurdo in atmosfere di enigmatica poesia.
Con il movimento surrealista, a cui aderirà nel 1925, il pittore belga condivide la dimensione del sogno, la ricerca di cortocircuiti visivi che smontano la logica apparente della realtà lasciando lo spettatore completamente spiazzato. “Non vediamo che un solo lato delle cose; è proprio l’altro lato che io cerco di esprimere”, dirà. Nascono così capolavori come Il figlio dell’uomo, un signore con la bombetta e l’abito scuro, ritratto con una mela verde sul viso. Qual è il suo significato? Magritte è avaro di risposte: compito della pittura non è indagare il mistero, ma restituirlo in immagini spaesanti. Ci lascerà più di 800 dipinti e disegni, alcuni dei quali sono ormai icone dell’immaginario visivo occidentale.
René Magritte, La magie noire, 1949 | Foto: J. Geleyns / Ro scan | © Ch. Herscovici, avec son aimable autorisation c/o SABAM Belgium
I capolavori del Museo Magritte di Bruxelles
Visitare il museo di Place Royale significa tuffarsi nell’universo misterioso e ipnotico di Magritte. Fa un certo effetto avere materialmente sotto gli occhi le sue fantasticherie audaci, eppure straordinariamente reali. Ma soprattutto ci si trova finalmente a tu per tu con dipinti di una tale potenza comunicativa da finire su t-shirt e copertine di libri, cartelloni pubblicitari e ombrelli destinati ai target più disparati. Qui finalmente risaliamo all’origine dell’enigma moderno di Magritte. Lo facciamo ammirando capolavori come Golconde, ovvero una folla di gentleman in bombetta e ombrello sospesa come gocce di pioggia nel cielo di una città, e La Magie Noire, singolare nudo di donna che la terra e il cielo letteralmente si spartiscono, donando i propri colori alle metà inferiore e superiore del corpo femminile.
E non perderemo neppure The Empire of Light, paesaggio-ossimoro in cui coesistono il giorno e la notte, La Bonne Foi, dove l’uomo in bombetta torna ossessivamente con una pipa sul volto, o Le Retour, dipinto da Magritte a Carcassonne dopo la fuga dall’occupazione nazista. Qui il manto scuro della notte si stende su un nido colmo di uova. La sagoma di una colomba in volo apre uno squarcio nel buio: dentro i suoi contorni, un cielo azzurro trapunto di nuvole leggere.
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