Dal 3 marzo una grande mostra al Musée Jacquemart-André
Parigi celebra Giovanni Bellini, padre del Rinascimento veneziano
Giovanni Bellini, Madonna col Bambino tra San Giovanni Battista e una Santa (Sacra Conversazione Giovanelli), 1504. Olio su tavola. Gallerie dell'Accademia, Venezia
Francesca Grego
27/01/2023
Mondo - Arriveranno a Parigi da musei e collezioni private di tutta Europa i 50 quadri scelti per raccontare l’arte di Giovanni Bellini al Musée Jacquemart-André: dal 3 marzo al 17 luglio una grande mostra ne ripercorrerà l’intera parabola, evidenziando come la sua pittura non abbia mai smesso di rinnovarsi, rielaborando con originalità innovazioni arrivate da lontano. Nascerà così la grande scuola veneziana di Giorgione e di Tiziano, che attingeranno a piene mani dalle ricerche del maestro.
Non è un caso che Giovanni Bellini. Influenze incrociate vada in scena proprio al Musée Jacquemart-André. Da sempre appassionati di pittura veneta, nella seconda metà del XIX secolo i coniugi Edouard André e Nélie Jacquemart riuscirono a mettere insieme una straordinaria collezione che spazia da Mantegna a Tiepolo, fino a Canaletto. Se Edouard prediligeva l’arte del Settecento, Nélie mostrò subito un gusto spiccato per il Rinascimento. Gli acquisti della coppia non si limitarono alla pittura: sculture e decorazioni veneziane sono tuttora in bella mostra nella casa museo di Boulevard Haussmann, a cominciare dal leone di San Marco che veglia su una delle sale. Una scelta decisamente insolita per l’epoca, quando l’attenzione dei collezionisti europei si rivolgeva prevalentemente verso il Rinascimento fiorentino. Di Bellini i Jacquemart-André riuscirono ad acquistare solo una Madonna col Bambino in trono: l’esposizione di questa primavera colmerà finalmente il vuoto, mettendo in dialogo i capolavori del maestro quattrocentesco con i gioielli di casa.
Giovanni Bellini, Cristo morto sorretto dagli angeli, 1465-1470 circa. Tempera su tavola. Gemäldegalerie, Berlino
In mostra vedremo tesori come l’Annunciazione del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, la Madonna col Bambino del 1475 e il Cristo morto sostenuto dagli angeli della Gemäldegalerie di Berlino, la Sacra Conversazione Giovanelli delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Altri importanti prestiti arriveranno dalla Galleria Borghese di Roma, dal Museo Bagatti-Valsecchi di Milano, dal Petit Palais di Parigi, dal Museo Correr e dalla Scuola Grande di San Rocco di Venezia, mentre saranno esposte per la prima volta tre preziose Madonne provenienti da collezioni private, che l’artista concepì per l’intimità delle camere da letto di facoltosi patrizi veneziani.
Giovanni Bellini, Madonna con Bambino, 1475-80 circa. Gemäldegalerie, Berlino
Il percorso costruito dai curatori Neville Rowley della Gemäldegalerie di Berlino e Pierre Curie del Petit Palais di Parigi attraversa per intero la vita di Bellini, soffermandosi sui principali temi della sua opera: dalla formazione nella bottega del padre Jacopo, pittore di impronta gotica aperto alle novità del Rinascimento fiorentino, al lavoro con il fratello Gentile e con il cognato Andrea Mantegna, il cui matrimonio con Nicolosia Bellini segnò la prima grande tappa nell’evoluzione di Giovanni. La fascinazione per il mondo classico, le forme scultoree e la padronanza della prospettiva di Mantegna esercitarono una profonda influenza sull’artista, la cui pittura si fece più moderna e monumentale anche grazie allo studio delle opere di Donatello visibili a Padova.
Giovanni Bellini, Ebbrezza di Noè, 1515 circa. Olio su tela, 103×157 cm. Besançon, Musée des Beaux-Arts
In seguito altre ispirazioni avrebbero arricchito l’arte di Bellini. Antonello da Messina avrebbe presto introdotto a Venezia il gusto fiammingo per il dettaglio, particolarmente congeniale alla sensibilità di Giovanni. Per il maestro veneto Antonello diventa quasi un alter-ego: sotto il suo influsso, Giambellino trova una nuova intensità drammatica e perfeziona la tecnica della pittura a olio, altra novità dell’epoca. L’antica tradizione bizantina ne contamina lo stile, così come le ricerche dei pittori più giovani, da Cima da Conegliano ai rivoluzionari Giorgione e Tiziano, che lo spingeranno, ormai anziano, a reinventarsi ancora una volta.
Immersa nel vivace contesto del suo tempo, a confronto con colleghi e modelli, l’arte di Bellini si svela come una trama di corrispondenze e contaminazioni magistralmente sintetizzate in un linguaggio brillante e originale, punto di partenza di una nuova, esaltante avventura.
Giovanni Bellini, Santa Giustina de' Borromei (dettaglio), 1470 circa. Museo Bagatti-Valsecchi, Milano
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• Dieci (e più) mostre da non perdere in Europa nel 2023
Non è un caso che Giovanni Bellini. Influenze incrociate vada in scena proprio al Musée Jacquemart-André. Da sempre appassionati di pittura veneta, nella seconda metà del XIX secolo i coniugi Edouard André e Nélie Jacquemart riuscirono a mettere insieme una straordinaria collezione che spazia da Mantegna a Tiepolo, fino a Canaletto. Se Edouard prediligeva l’arte del Settecento, Nélie mostrò subito un gusto spiccato per il Rinascimento. Gli acquisti della coppia non si limitarono alla pittura: sculture e decorazioni veneziane sono tuttora in bella mostra nella casa museo di Boulevard Haussmann, a cominciare dal leone di San Marco che veglia su una delle sale. Una scelta decisamente insolita per l’epoca, quando l’attenzione dei collezionisti europei si rivolgeva prevalentemente verso il Rinascimento fiorentino. Di Bellini i Jacquemart-André riuscirono ad acquistare solo una Madonna col Bambino in trono: l’esposizione di questa primavera colmerà finalmente il vuoto, mettendo in dialogo i capolavori del maestro quattrocentesco con i gioielli di casa.
Giovanni Bellini, Cristo morto sorretto dagli angeli, 1465-1470 circa. Tempera su tavola. Gemäldegalerie, Berlino
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Giovanni Bellini, Madonna con Bambino, 1475-80 circa. Gemäldegalerie, Berlino
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Giovanni Bellini, Ebbrezza di Noè, 1515 circa. Olio su tela, 103×157 cm. Besançon, Musée des Beaux-Arts
In seguito altre ispirazioni avrebbero arricchito l’arte di Bellini. Antonello da Messina avrebbe presto introdotto a Venezia il gusto fiammingo per il dettaglio, particolarmente congeniale alla sensibilità di Giovanni. Per il maestro veneto Antonello diventa quasi un alter-ego: sotto il suo influsso, Giambellino trova una nuova intensità drammatica e perfeziona la tecnica della pittura a olio, altra novità dell’epoca. L’antica tradizione bizantina ne contamina lo stile, così come le ricerche dei pittori più giovani, da Cima da Conegliano ai rivoluzionari Giorgione e Tiziano, che lo spingeranno, ormai anziano, a reinventarsi ancora una volta.
Immersa nel vivace contesto del suo tempo, a confronto con colleghi e modelli, l’arte di Bellini si svela come una trama di corrispondenze e contaminazioni magistralmente sintetizzate in un linguaggio brillante e originale, punto di partenza di una nuova, esaltante avventura.
Giovanni Bellini, Santa Giustina de' Borromei (dettaglio), 1470 circa. Museo Bagatti-Valsecchi, Milano
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