Exodus: le migrazioni secondo Salgado
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Sebastião Salgado, Water supplies are often far away from the refugee camps. Goma, Zaire. 1994. © Sebastião Salgado / Amazonas Images / Contrasto
Francesca Grego
10/02/2020
Pistoia - Era il 1993 quando Sebastião Salgado intraprese il suo viaggio fotografico, fisico ed esistenziale nella galassia delle migrazioni. In sei anni il reporter brasiliano ha percorso quattro continenti catturando partenze e approdi, campi profughi dove milioni di persone sono sospese al filo di un destino incerto, teatri di guerre, disastri naturali, luoghi di crisi, di sradicamento e di speranza. Sono molti i cambiamenti che da allora hanno investito la mappa del mondo, ma l'esodo di intere popolazioni e la condizione di profughi o migranti rappresentano sempre più uno scenario pervasivo di dimensioni globali. Attuale come non mai, il frutto del lavoro di Salgado approda ora a Pistoia in una grande mostra realizzata in collaborazione con Contrasto e curata da Lélia Wanick, moglie e compagna di avventura del fotografo.
In programma a Palazzo Buontalenti fino al 14 giugno, Exodus si compone di 180 immagini nate in Afghanistan o al confine tra il Messico e gli States, in Sudan o in Vietnam, sullo Stretto di Gibilterra, in Medio Oriente e Nord Africa, nei Balcani o tra gli indios dell'Amazzonia. “Abbiamo in mano la chiave del futuro dell'umanità, ma dobbiamo capire il presente”, ha spiegato il reporter: “queste fotografie mostrano una porzione del nostro presente. Non possiamo permetterci di guardare dall'altra parte”. Tutto ciò che accade sulla Terra è collegato, sembrano dire i suoi scatti: la crescita demografica, il cambiamento climatico, il crescente divario tra ricchi e poveri, la distruzione dell'ambiente e la meccanizzazione dell'agricoltura, le lotte di potere e il fanatismo religioso si affacciano sullo sfondo di drammatici eventi collettivi, realtà e sentimenti individuali.
Disperazione, istinto di sopravvivenza, paura, speranza, coraggio e dignità si alternano nell'itinerario della mostra, articolato in cinque sezioni a tema geografico per ripercorrere i viaggi di Salgado. Tutte insieme ci restituiscono esperienze comuni a uomini e donne con storie e provenienze diverse, fino all'ultimo capitolo, Ritratti. Si concentrano qui i volti di bambini incontrati tra l'Europa, l'Africa, l'Asia e l'America Latina. Felici di lasciarsi fotografare da uno straniero, decisi nella scelta della posa, hanno negli occhi espressioni non sempre facili da interpretare, ma sembrano dire tutti: “ci sono anch'io”.
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In programma a Palazzo Buontalenti fino al 14 giugno, Exodus si compone di 180 immagini nate in Afghanistan o al confine tra il Messico e gli States, in Sudan o in Vietnam, sullo Stretto di Gibilterra, in Medio Oriente e Nord Africa, nei Balcani o tra gli indios dell'Amazzonia. “Abbiamo in mano la chiave del futuro dell'umanità, ma dobbiamo capire il presente”, ha spiegato il reporter: “queste fotografie mostrano una porzione del nostro presente. Non possiamo permetterci di guardare dall'altra parte”. Tutto ciò che accade sulla Terra è collegato, sembrano dire i suoi scatti: la crescita demografica, il cambiamento climatico, il crescente divario tra ricchi e poveri, la distruzione dell'ambiente e la meccanizzazione dell'agricoltura, le lotte di potere e il fanatismo religioso si affacciano sullo sfondo di drammatici eventi collettivi, realtà e sentimenti individuali.
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