Un’iscrizione getta nuova luce sul mondo etrusco del IV secolo a.C
Al Museo Etrusco di Villa Giulia l'elmo del guerriero svela il suo segreto
L'elmo di Villa Giulia, Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia | Foto: © M. Benedetti | Courtesy Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
Samantha De Martin
29/12/2021
Roma - Era rimasta “nascosta” per un secolo, con il suo segreto custodito da quasi 2400 anni.
E adesso l’iscrizione etrusca, racchiusa all’interno di un elmo rinvenuto nel 1930 ed esposto dal 1935 in una vetrina del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, restituisce la sua verità aprendo uno squarcio di grande suggestione su un frammento di vita del IV secolo a.C.
D’altronde la magia dell’arte scaturisce anche da questo: dalla capacità degli oggetti di continuare a “respirare” anche dentro le vetrine di un museo, restituendo storie e aprendo nuovi emozionanti percorsi.
Così è accaduto per l’epigrafe, incisa, dopo la manifattura, all’interno del paranuca di un elmo, e finora sfuggita all’attenzione degli studiosi, nonostante la cura con la quale gli artefici della scoperta, Ugo Ferraguti e Raniero Mengarelli, avevano trattato i materiali ritrovati a partire dal 1928 durante le fortunate campagne di scavo nella necropoli dell’Osteria di Vulci da dove l’elmo proviene.
“HARN STE” recita la sequenza completa di sette lettere disposte ai lati di un ribattino. Perché queste lettere non siano mai state studiate resta un mistero. Forse quando l'elmo è stato recuperato dalla tomba 55 nella necropoli dell'Osteria di Vulci l'iscrizione non era più visibile, essendo il bronzo ossidato o incrostato di terra. Poi, la morte prematura di entrambi gli scavatori aveva fatto il resto, lasciando un enigma tutto da decifrare.
L'elmo di Villa Giulia, Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia | Foto: © M. Benedetti | Courtesy Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
La recente scoperta è il frutto di un recente intervento di digitalizzazione e di verifica dello stato di conservazione di alcune armi custodite nelle collezioni del Museo della capitale, iniziato nel 2019. Così, una volta terminato lo studio per il quale era stato spostato dalla sua vetrina, il copricapo è stato sottoposto a una nuova pulizia che ha rivelato i caratteri.
Si tratta probabilmente di un raro gentilizio privo finora di riscontri puntuali nell’onomastica etrusca, a fronte di migliaia di iscrizioni note, che offre informazioni fondamentali per ricostruire l’organizzazione militare e l’evoluzione dell’arte della guerra nell’Italia preromana. A rendere questo reperto estremamente raro è proprio questa incisione, visto che in tutto il mondo - se si eccettua un deposito rituale di 150 elmi scoperto a Vetulonia all'inizio del Novecento con almeno 60 esemplari tutti contraddistinti dal medesimo nome gentilizio - sono circa dieci le armi di questo tipo.
L’epigrafe molto probabilmente va letta come un’unica parola. Solo chi utilizzava l’elmo poteva essere a conoscenza dell’iscrizione che, molto probabilmente, doveva indicare il suo proprietario. Questo espediente rafforzava il senso di appartenenza di un oggetto di vitale importanza che, oltre a nascondere l’identità del guerriero, incarnava la sua proiezione fisica, ma anche metaforica.
L'elmo di Villa Giulia, Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia | Foto: © M. Benedetti | Courtesy Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
L’elmo appartiene al corredo della tomba 55 (una delle più ricche tra quelle coeve rinvenute a Vulci) dove potrebbe essere stato deposto intorno alla metà del IV secolo a.C. Il contesto in cui vede la luce riguarda un’epoca caratterizzata da una forte conflittualità tra popoli che si contendevano il predominio nella penisola minacciata dalla calata dei Celti. Grazie alla sua iscrizione l’elmo di Vulci ci restituisce una pagina inedita della vita di un guerriero del suo tempo, nonostante non sia possibile stabilire con certezza se il nome conservato coincida con quello del suo ultimo proprietario. La scoperta getta una nuova luce anche sulla provenienza dell’elmo, finora identificata con Vulci. È possibile infatti che sia stato prodotto a Perugia dove è documentato il maggior numero di esemplari di questo tipo, una via di mezzo tra i gli elmi tipo “Negau” di tradizione etrusca e quelli cosiddetti “Montefortino”, di tradizione celtica ma molto popolari anche nel mondo italico e nella Roma repubblicana.
Il gentilizio restituito dall’iscrizione confermerebbe questa provenienza. A Perugia sembra ricondurci anche la probabile origine del nome che potrebbe essere collegato al toponimo Aharnam, menzionato da Tito Livio come sede di un accampamento romano. Il piccolo centro etrusco-umbro di cui parla lo storico romano potrebbe essere identificato con la moderna Civitella d’Arna, vicinissima a Perugia. Dunque il gentilizio del guerriero avrebbe potuto trarre origine dal nome della città di cui era originario.
L'Elmo Villa Giulia, elaborazione di Miriam Lamonaca
Eppure questa iscrizione non svela tutti i misteri. È possibile che i proprietari di questo copricapo siano stati in realtà due e che l'elmo sia passato da un primo soldato sconfitto in battaglia a un secondo militare, un cittadino di Vulci che non si era accorto della scritta o che magari non aveva voluto cancellarla.
Che si tratti del gentilizio del guerriero o di quello di un rivale ucciso su un ignoto campo di battaglia, quello che è certo è che i visitatori del Museo Etrusco di Villa Giulia che ammireranno l’elmo vulcente potranno adesso intravedere in questo oggetto un’allusione più intima e personale a un uomo, a un nome e ad alcuni brandelli di storia relativa a chi, un tempo, lo aveva posseduto affidando a questo oggetto la vita.
E adesso l’iscrizione etrusca, racchiusa all’interno di un elmo rinvenuto nel 1930 ed esposto dal 1935 in una vetrina del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, restituisce la sua verità aprendo uno squarcio di grande suggestione su un frammento di vita del IV secolo a.C.
D’altronde la magia dell’arte scaturisce anche da questo: dalla capacità degli oggetti di continuare a “respirare” anche dentro le vetrine di un museo, restituendo storie e aprendo nuovi emozionanti percorsi.
Così è accaduto per l’epigrafe, incisa, dopo la manifattura, all’interno del paranuca di un elmo, e finora sfuggita all’attenzione degli studiosi, nonostante la cura con la quale gli artefici della scoperta, Ugo Ferraguti e Raniero Mengarelli, avevano trattato i materiali ritrovati a partire dal 1928 durante le fortunate campagne di scavo nella necropoli dell’Osteria di Vulci da dove l’elmo proviene.
“HARN STE” recita la sequenza completa di sette lettere disposte ai lati di un ribattino. Perché queste lettere non siano mai state studiate resta un mistero. Forse quando l'elmo è stato recuperato dalla tomba 55 nella necropoli dell'Osteria di Vulci l'iscrizione non era più visibile, essendo il bronzo ossidato o incrostato di terra. Poi, la morte prematura di entrambi gli scavatori aveva fatto il resto, lasciando un enigma tutto da decifrare.
L'elmo di Villa Giulia, Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia | Foto: © M. Benedetti | Courtesy Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
La recente scoperta è il frutto di un recente intervento di digitalizzazione e di verifica dello stato di conservazione di alcune armi custodite nelle collezioni del Museo della capitale, iniziato nel 2019. Così, una volta terminato lo studio per il quale era stato spostato dalla sua vetrina, il copricapo è stato sottoposto a una nuova pulizia che ha rivelato i caratteri.
Si tratta probabilmente di un raro gentilizio privo finora di riscontri puntuali nell’onomastica etrusca, a fronte di migliaia di iscrizioni note, che offre informazioni fondamentali per ricostruire l’organizzazione militare e l’evoluzione dell’arte della guerra nell’Italia preromana. A rendere questo reperto estremamente raro è proprio questa incisione, visto che in tutto il mondo - se si eccettua un deposito rituale di 150 elmi scoperto a Vetulonia all'inizio del Novecento con almeno 60 esemplari tutti contraddistinti dal medesimo nome gentilizio - sono circa dieci le armi di questo tipo.
L’epigrafe molto probabilmente va letta come un’unica parola. Solo chi utilizzava l’elmo poteva essere a conoscenza dell’iscrizione che, molto probabilmente, doveva indicare il suo proprietario. Questo espediente rafforzava il senso di appartenenza di un oggetto di vitale importanza che, oltre a nascondere l’identità del guerriero, incarnava la sua proiezione fisica, ma anche metaforica.
L'elmo di Villa Giulia, Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia | Foto: © M. Benedetti | Courtesy Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
L’elmo appartiene al corredo della tomba 55 (una delle più ricche tra quelle coeve rinvenute a Vulci) dove potrebbe essere stato deposto intorno alla metà del IV secolo a.C. Il contesto in cui vede la luce riguarda un’epoca caratterizzata da una forte conflittualità tra popoli che si contendevano il predominio nella penisola minacciata dalla calata dei Celti. Grazie alla sua iscrizione l’elmo di Vulci ci restituisce una pagina inedita della vita di un guerriero del suo tempo, nonostante non sia possibile stabilire con certezza se il nome conservato coincida con quello del suo ultimo proprietario. La scoperta getta una nuova luce anche sulla provenienza dell’elmo, finora identificata con Vulci. È possibile infatti che sia stato prodotto a Perugia dove è documentato il maggior numero di esemplari di questo tipo, una via di mezzo tra i gli elmi tipo “Negau” di tradizione etrusca e quelli cosiddetti “Montefortino”, di tradizione celtica ma molto popolari anche nel mondo italico e nella Roma repubblicana.
Il gentilizio restituito dall’iscrizione confermerebbe questa provenienza. A Perugia sembra ricondurci anche la probabile origine del nome che potrebbe essere collegato al toponimo Aharnam, menzionato da Tito Livio come sede di un accampamento romano. Il piccolo centro etrusco-umbro di cui parla lo storico romano potrebbe essere identificato con la moderna Civitella d’Arna, vicinissima a Perugia. Dunque il gentilizio del guerriero avrebbe potuto trarre origine dal nome della città di cui era originario.
L'Elmo Villa Giulia, elaborazione di Miriam Lamonaca
Eppure questa iscrizione non svela tutti i misteri. È possibile che i proprietari di questo copricapo siano stati in realtà due e che l'elmo sia passato da un primo soldato sconfitto in battaglia a un secondo militare, un cittadino di Vulci che non si era accorto della scritta o che magari non aveva voluto cancellarla.
Che si tratti del gentilizio del guerriero o di quello di un rivale ucciso su un ignoto campo di battaglia, quello che è certo è che i visitatori del Museo Etrusco di Villa Giulia che ammireranno l’elmo vulcente potranno adesso intravedere in questo oggetto un’allusione più intima e personale a un uomo, a un nome e ad alcuni brandelli di storia relativa a chi, un tempo, lo aveva posseduto affidando a questo oggetto la vita.
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