Capolavoro all’Accademia Carrara di Bergamo
La Madonna del latte, tutta la tenerezza di una madre che allatta suo figlio

M. Cristina Rodeschini, direttore dell'Accademia Carrara, Bergamo. Photo Federico Buscarino
M. Cristina Rodeschini
27/04/2020
Bergamo - Perché scelgo di offrire questo dipinto alla vostra attenzione tra i tanti capolavori che l’Accademia Carrara di Bergamo custodisce? Si tratta di un commosso omaggio alla sobrietà e al calore umano della cultura lombarda, espressione di un’area geografica di questi tempi messa, come tutti sanno, a durissima prova dal grave contagio che l’ha colpita.
L’ingresso del dipinto nelle raccolte del museo avviene nel 1866 grazie a Guglielmo Lochis, tra i padri della Carrara per la ricchezza della sua collezione d’arte che decise di donare alla città di Bergamo.
Il soggetto mariano – fusione di due tipologie: a ‘Madonna che allatta’, tema tra i più frequentati dell’intera storia dell’arte, e la ‘Madonna del Roseto’, roseto che appare rigoglioso e illuminato alle spalledella Madonna – appartiene alla devozione popolare e non solo.
La tenerezza di una madre che allatta il suo bambino in un’attitudine naturalissima, è in grado di toccare chiunque.
Siamo alla fine del Quattrocento. In primo piano nel magnifico dipinto questa giovane donna dal bellissimo viso, quasi un ritratto, nutre la sua creatura, la osserva dolcemente concentrata porgendole il seno; la tiene saldamente con le grandi mani. E’ elegante, vestita alla moda, i capelli trattenuti da un semplice nastro nero, si sciolgono inanellati, morbidi e ricchi sulle spalle.
Sull’aureola d’oro un passo del vangelo di Luca dice: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte.
Il recente restauro di questa tavola ha riportato in luce il tono argenteo degli incarnati, illuminati da una luce precisa che viene da sinistra.
La critica ha molto dibattuto, impegnata nell’individuazione dell’autore del dipinto e l’altalenare delle attribuzioni rende il riconoscimento dell’autore del dipinto un problema ancora irrisolto.
Oggi si preferisce dare il dipinto a un non identificato Maestro bramantesco, che conosce la pittura di Leonardo a Milano e, quanto alla costruzione spaziale, all’opera di Bramante.
Molto ha interessato e suggestionato (a partire dalle memorabili pagine di Roberto Longhi) l’ambientazione del dipinto illuminato dalla bella luce di un tardo pomeriggio: il calmo borgo padano, con quell’indimenticabile brano di vita cittadina, che si apre sulla destra, l’aia antistante popolata da animali da cortile che si stanno alimentando in un’ombra fresca, infine il tranquillo stagno abitato da anatre di un naturalismo domestico.
Un riconoscibile scenario lombardo, armonioso, sereno.
E’ proprio di serenità e di armonia che oggi anche noi abbiamo bisogno più che mai, insieme al grande desiderio di essere in pace con noi stessi. Quando sarà tutto finito, verrete in Accademia Carrara per stupirvi di fronte a questo brano di grande umanità e ai molti capolavori che il museo ha la fortuna di potervi offrire.

L’ingresso del dipinto nelle raccolte del museo avviene nel 1866 grazie a Guglielmo Lochis, tra i padri della Carrara per la ricchezza della sua collezione d’arte che decise di donare alla città di Bergamo.
Il soggetto mariano – fusione di due tipologie: a ‘Madonna che allatta’, tema tra i più frequentati dell’intera storia dell’arte, e la ‘Madonna del Roseto’, roseto che appare rigoglioso e illuminato alle spalledella Madonna – appartiene alla devozione popolare e non solo.
La tenerezza di una madre che allatta il suo bambino in un’attitudine naturalissima, è in grado di toccare chiunque.
Siamo alla fine del Quattrocento. In primo piano nel magnifico dipinto questa giovane donna dal bellissimo viso, quasi un ritratto, nutre la sua creatura, la osserva dolcemente concentrata porgendole il seno; la tiene saldamente con le grandi mani. E’ elegante, vestita alla moda, i capelli trattenuti da un semplice nastro nero, si sciolgono inanellati, morbidi e ricchi sulle spalle.
Sull’aureola d’oro un passo del vangelo di Luca dice: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte.
Il recente restauro di questa tavola ha riportato in luce il tono argenteo degli incarnati, illuminati da una luce precisa che viene da sinistra.
La critica ha molto dibattuto, impegnata nell’individuazione dell’autore del dipinto e l’altalenare delle attribuzioni rende il riconoscimento dell’autore del dipinto un problema ancora irrisolto.
Oggi si preferisce dare il dipinto a un non identificato Maestro bramantesco, che conosce la pittura di Leonardo a Milano e, quanto alla costruzione spaziale, all’opera di Bramante.
Molto ha interessato e suggestionato (a partire dalle memorabili pagine di Roberto Longhi) l’ambientazione del dipinto illuminato dalla bella luce di un tardo pomeriggio: il calmo borgo padano, con quell’indimenticabile brano di vita cittadina, che si apre sulla destra, l’aia antistante popolata da animali da cortile che si stanno alimentando in un’ombra fresca, infine il tranquillo stagno abitato da anatre di un naturalismo domestico.
Un riconoscibile scenario lombardo, armonioso, sereno.
E’ proprio di serenità e di armonia che oggi anche noi abbiamo bisogno più che mai, insieme al grande desiderio di essere in pace con noi stessi. Quando sarà tutto finito, verrete in Accademia Carrara per stupirvi di fronte a questo brano di grande umanità e ai molti capolavori che il museo ha la fortuna di potervi offrire.

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