Ultimato il restauro del vaso che la storia distrusse due volte

Wikicommons | Vaso di Warka, particolare
 

05/02/2013

Dieci anni fa, per la precisione l'8 di aprile del 2003, durante l'avanzata degli americani in Iraq, il Museo Nazionale di Baghdad, a rischio bombardamento, fu lasciato incustodito. Ne approfittarono gli sciacalli che portarono via, tra gli altri tesori, anche il vaso di Warka, una grande coppa rituale in pietra alabastrina alta più di un metro, scolpita a bassorilievo da un'artista sumero nel 3200 a.C., probabilmente il reperto più prezioso giunto fino a noi dall'antica Mesopotamia. Tre mesi dopo, il recupero. Ma il prezioso vaso non è integro, risulta nuovamente "ferito" dagli eventi come era già sicuramente accaduto in passato, visto che era in frammenti anche all'epoca della sua scoperta, avvenuta nel 1934 nella città di Warka, nome attuale dell'antica Uruk, situata circa venti chilometri ad est dell'Eufrate. Le vecchie fratture riparate, dopo il saccheggio del 2003, risultavano ancora una volta riaperte mentre altre se ne erano create.

Ora il vaso, su cui in passato era già intervenuto l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, grazie ad una squadra di archeologi italiani diretti da Carlo Usai e Alessandro Bianchi, è stato completamente ricomposto e restaurato. Il lavoro si è concluso proprio in questi giorni. Sono così di nuovo visibili sulla sua superficie le scene in bassorilievo, suddivise in registri sovrapposti, che mostrano la relazione tra uomo, natura e divinità. E il Museo di Baghdad è tornato a custodire il suo tesoro.

Nicoletta Speltra