Al via il nuovo progetto del MIC per valorizzare il patrimonio italiano

Dai depositi al museo: cento opere d'arte "tornano a casa"

Opere nel deposito dei Musei Reali di Torino | Courtesy MIC
 

Samantha De Martin

11/12/2021

Roma - Con la benedizione della Divina Provvidenza affrescata da Pietro da Cortona, che fa capolino dal soffitto del salone di Palazzo Barberini, i Giocatori di carte e un Paesaggio con figure di Salvator Rosa si accingono a salire a bordo di un pulmino per mettersi in viaggio alla volta di Matera.
Le due piccole tele seicentesche escono dopo 114 anni dai depositi delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini per puntare verso sud, precisamente verso il Museo Nazionale della città dei Sassi, dove saranno esposte già da domani.

Sono le prime, tra cento opere d’arte custodite nei depositi di 14 importanti musei italiani - dalle Gallerie Nazionali Barberini Corsini agli Uffizi di Firenze, dal Museo di Capodimonte al Museo di Brera, dalla Galleria Borghese al Museo Archeologico di Ferrara - a far ritorno nel loro territorio di provenienza, tra le sale per le quali furono concepite.
Rientrano all’interno del progetto “100 opere tornano a casa”, lanciato dal Ministero della Cultura e fortemente voluto dal ministro Dario Franceschini per promuovere e valorizzare il patrimonio storico artistico e archeologico italiano conservato nei depositi dei luoghi d’arte statali.


Le due opere di Salvator Rosa, Paesaggio con figure e Giocatori di carte, 1467, Olio su tela, 24 x 30.5 cm | Courtesy MIC

“Questo progetto - spiega Franceschini - è frutto di un lavoro di squadra durato oltre un anno e restituisce nuova vita a opere d’arte di fatto poco visibili, di artisti più o meno conosciuti, promuovendo i musei più piccoli, periferici e meno frequentati”.
Nei musei statali sono oltre 432mila le opere esposte, mentre oltre quattro milioni sono quelle custodite nei depositi.
Le opere coinvolte, al momento 36, sono soltanto le prime di un progetto a lungo termine che mira a valorizzare l’immenso patrimonio culturale di proprietà dello Stato. Un obiettivo che sarà raggiunto anche attraverso un forte investimento nella digitalizzazione e nella definizione di nuove modalità di fruizione.

“All’inizio del mio mandato - dichiara Franceschini - assistetti a una mostra a Cerveteri, dove fu esposto il Cratere di Eufronio, proveniente dai depositi di Villa Giulia. L’orgoglio identitario con il quale l’opera fu accolta mi spinse a considerare la possibilità che il cratere (proveniente dal saccheggio avvenuto intorno al 1971 di una tomba etrusca presso Cerveteri ndr) tornasse definitivamente a Cerveteri, dove oggi è esposto, rappresentando uno dei pezzi centrali del Museo. Da lì pensai alla possibilità di una redistribuzione, un’operazione culturale di larga scala. Le opere d’arte sono un pezzo di identità locale”.


Il pulmino brandizzato del progetto “100 opere tornano a casa” | Courtesy MIC

Punto di partenza del progetto è stata la banca dati, elaborata fin dal 2015 dalla Direzione Generale Musei, composta da 3.652 pezzi provenienti dai depositi di oltre 90 musei statali. La selezione delle opere e dei luoghi della cultura, curata dalla Direzione Generale Musei insieme ai direttori dei musei, ha tenuto conto delle richieste provenienti dalle realtà periferiche.



La scelta dei capolavori da redistribuire è avvenuta in base a tre criteri. Il primo riguarda quelle opere provenienti da chiese o palazzi situati in altri territori, nel tempo confluite nei principali musei italiani, e che in questo modo “tornano a casa” nei luoghi per i quali furono realizzati.
Il secondo criterio di selezione guarda invece a quelle opere che integrano le collezioni del museo destinatario. In questo rientrano le due tele di Salvator Rosa, Paesaggio con figure e Giocatori di carte, che andranno a integrare con una pittura di paesaggio la collezione del Museo Nazionale di Matera, principalmente incentrata sulle opere religiose.
Il terzo abbraccia invece quei lavori che, inseriti nelle collezioni di destinazione, fanno nascere accostamenti interessanti favorendo l’apertura dei musei verso nuovi pubblici.

Se il 13 dicembre alcune tele dell’urbinate Federico Barocci, Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio e del pesarese Simone Cantarini lasceranno la Pinacoteca di Brera alla volta della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, il 17 dicembre l’Immacolata concezione tra i santi Pietro e Paolo, Clemente VIII e un donatore dipinta da Giovanni Baglione uscirà dal Museo Nazionale Romano per puntare dritto alla volta del Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia.
L’operazione riprenderà tra gennaio e febbraio del 2022 quando, solo per fare un altro esempio, il significativo olio su tela di Annibale Strata, Allegoria di Trieste e dell’Istria, donato dai triestini a Vittorio Emanuele II nell’autunno del 1861, uscirà dai depositi dei Musei Reali per raggiungere il Museo storico e Parco del Castello di Miramare. Sarà restaurato, come molti altri lavori, nell’ambito del progetto del MIC che punterà anche a intervenire sugli spazi museali ripensati per accogliere le opere.


Opere nel deposito dei Musei Reali di Torino | Courtesy MIC

A traslocare nel 2022, dai depositi della Galleria Palatina di Firenze a Palazzo Besta a Teglio (DRM Lombardia), sarà anche il Ritratto dell’Imperatore Carlo V a figura intera armato di Tiziano Vecellio e bottega.

“Stiamo lavorando a una grande mostra a Roma che privilegerà le opere in deposito - anticipa Massimo Osanna, direttore generale Musei -. L’Italia è una rete di musei, un sistema che costituisce la nostra ricchezza. Questo progetto, del quale oggi abbiamo presentato solo la prima tappa, ha l’obiettivo di far riscoprire luoghi fondamentali per l’identità locale”.

Per quanto tempo le opere redistribuite rimarranno nei musei? Dipenderà dall’accoglienza della proposta presso le comunità locali. Di sicuro almeno dieci anni, con possibilità di proroga. Insomma il suggestivo gruppo scultoreo con il Gladiatore che uccide un leone dal Parco Archeologico di Ostia antica - con il torso restituito dal Getty Museum nel 1999 e la testa di leone trovata dai Carabinieri nel 2016 a Capo di Bove - traslocherà a Bassano Romano, nella Villa di Vincenzo Giustiniani, dove si potrà ammirare per un bel po’.


Il Gladiatore che uccide un leone | Courtesy MIC

Il progetto trova infine il suo “braccio audiovisivo” nella collaborazione con la Rai che, attraverso Rai Doc, realizzerà un nuovo format, composto da un documentario breve e da una serie di tredici episodi in presa diretta che saranno trasmessi dalle reti generaliste (e che avranno anche una distribuzione internazionale).

I primi protagonisti saranno le due tele di Salvator Rosa.
“Un documentario d’arte - spiega Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari - deve raccontare il lavoro che c’è dietro l’opera, che non può mai essere decontestualizzata: da dove viene, dove va, chi l’ha restaurata, come è stata trovata, perché è stata fatta. Deve raccontare il movimento che ruota intorno all’opera d’arte”.
Per questo motivo Rai Doc seguirà le opere in viaggio, avvalendosi del contributo prezioso dei direttori dei musei di provenienza e di quelli d’arrivo, di storici dell’arte e restauratori, di esperti che spiegheranno la storia dei capolavori e le ragioni che li hanno portati lontano dai luoghi che li hanno visti nascere. Questo percorso sarà insomma l’occasione per esplorare la diversità dei territori e dei luoghi d’Italia, per scoprire meglio le radici, la cornice storica, geografica, il paesaggio che ha offerto ispirazione agli artisti.


Opere nel deposito dei Musei Reali di Torino | Courtesy MIC