Corpi di donne
Rednikita
22/05/2008
Due donne, due artiste, un luogo declinato al femminile dove poter leggere un buon libro, bere un drink, scegliere un sex toy dal design avanguardistico. E poi, corpi. In mostra. Attraverso scatti fotografici ‘confusi’ giocando con Photoshop. “Visual epidermis”, questo il titolo della mostra, un po’ come dire: creare un’altra pelle, analizzarsi guardandosi dal di fuori per, a volte, non riconoscersi, scoprirsi diverse.
Elisa Trapani aka Vivelle, espone circa 20 autoscatti montati su strisce. Lei è architetto, ed ha utilizzato la sua esperienza con il computer per poter giocare con le immagini, per creare interferenze con i colori. Il soggetto è il suo corpo a seguito di un’operazione, quindi ritratto con cicatrici e cerotti, il luogo è la sua casa al mare. In qualche modo, fotografandosi, ha voluto esorcizzare la malattia, quel momento che le ha lasciato segni sulla pelle e nello spirito.
Lidia Ravviso aka Rednikita ha dato vita ad un lavoro diverso. Lei è la modella e colei che ha utilizzato Photoshop per ‘trasformare’ le immagini scattate dalla fotografa Anna Coppola. Le sue creazioni nascono da quella che è per lei un’icona sull’immaginario del corpo: l’immagine di San Sebastiano del Mantengna intersecata con la rappresentazione del proprio corpo. Lui: uomo, martire ma anche icona gay, lei una donna. Le due rappresentazioni si confondono, si nutrono l’una dell’altra, dando vita ad un lavoro fatto di dettagli, di ombre e luci che riportano ad un’atmosfera pittorica. L’idea le è nata nel momento in cui si è avvicinata al bondage, l’arte di annodare il corpo, cercando di trovare un legame concettuale: la figura del martire con il nodo che si slega, liberando corpo e desiderio. Oltre alla serie sul San Sebastiano, Rednikita espone anche un lavoro di grafica, un autoscatto dal titolo “Overdose di sogno”, dove ritrova la sua immagine incastrata in uno specchio antico, con la cornice d’oro… lo stesso specchio che anni fa le restituiva la sua immagine di bambina.
I lavori delle due donne partono da sensazioni differenti ma un filo conduttore esiste, ed è la voglia di esprimersi attraverso l’immagine ritoccata, inserire pezzi e colori delle proprie esperienze in un gioco di montaggio, fare il focus sulla produzione di senso e non sulla tecnica, per ritrovare il proprio corpo di donna, per scoprire dettagli mai osservati prima, per giocare con se stesse in un immaginario surreale.
La mostra sarà inaugurata venerdì 23 maggio da Tuba (www.cybertuba.org) in Via del Pigneto, 19 Roma.
Elisa Trapani aka Vivelle, espone circa 20 autoscatti montati su strisce. Lei è architetto, ed ha utilizzato la sua esperienza con il computer per poter giocare con le immagini, per creare interferenze con i colori. Il soggetto è il suo corpo a seguito di un’operazione, quindi ritratto con cicatrici e cerotti, il luogo è la sua casa al mare. In qualche modo, fotografandosi, ha voluto esorcizzare la malattia, quel momento che le ha lasciato segni sulla pelle e nello spirito.
Lidia Ravviso aka Rednikita ha dato vita ad un lavoro diverso. Lei è la modella e colei che ha utilizzato Photoshop per ‘trasformare’ le immagini scattate dalla fotografa Anna Coppola. Le sue creazioni nascono da quella che è per lei un’icona sull’immaginario del corpo: l’immagine di San Sebastiano del Mantengna intersecata con la rappresentazione del proprio corpo. Lui: uomo, martire ma anche icona gay, lei una donna. Le due rappresentazioni si confondono, si nutrono l’una dell’altra, dando vita ad un lavoro fatto di dettagli, di ombre e luci che riportano ad un’atmosfera pittorica. L’idea le è nata nel momento in cui si è avvicinata al bondage, l’arte di annodare il corpo, cercando di trovare un legame concettuale: la figura del martire con il nodo che si slega, liberando corpo e desiderio. Oltre alla serie sul San Sebastiano, Rednikita espone anche un lavoro di grafica, un autoscatto dal titolo “Overdose di sogno”, dove ritrova la sua immagine incastrata in uno specchio antico, con la cornice d’oro… lo stesso specchio che anni fa le restituiva la sua immagine di bambina.
I lavori delle due donne partono da sensazioni differenti ma un filo conduttore esiste, ed è la voglia di esprimersi attraverso l’immagine ritoccata, inserire pezzi e colori delle proprie esperienze in un gioco di montaggio, fare il focus sulla produzione di senso e non sulla tecnica, per ritrovare il proprio corpo di donna, per scoprire dettagli mai osservati prima, per giocare con se stesse in un immaginario surreale.
La mostra sarà inaugurata venerdì 23 maggio da Tuba (www.cybertuba.org) in Via del Pigneto, 19 Roma.
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