In mostra dal 31 marzo al 7 gennaio
Oltre Caravaggio. Al Museo e Real Bosco di Capodimonte un nuovo racconto della pittura a Napoli
Jusepe de Ribera, Sileno ebbro, 1626, Olio su tela, Collezione Borbone (da Napoli, collezione Colonna di Stigliano, già collezione Gaspar van Roomer) | Courtesy Museo e Real Bosco di Capodimonte | Foto: © I. Romano
Samantha De Martin
31/03/2022
Napoli - E se il Seicento napoletano non fosse più identificato come il secolo di Caravaggio, ma piuttosto come quello di Jusepe de Ribera e del bergamasco Cosimo Fanzago?
Al Museo e Real Bosco di Capodimonte una mostra in corso da oggi, 31 marzo, al 7 gennaio, riapre e rinnova il dibattito inaugurato da Roberto Longhi, che identificava il naturalismo di Caravaggio con la spina dorsale dell’arte napoletana, presentando un’altra lettura del Seicento vesuviano, diventato per amatori e storici il secolo del Merisi.
Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli - questo il titolo del percorso a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello - che si sviluppa nelle 24 sale del secondo piano del museo diretto da Sylvain Bellenger, descrive questo originale punto di vista attraverso 200 opere provenienti esclusivamente dalle collezioni permanenti del museo.
Sulla base degli studi degli ultimi decenni, i curatori della mostra propongono di riconsiderare lo schema di Longhi e di ripensare l’intera articolazione di un secolo che vide brillare le opere di Jusepe de Ribera, uno spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei anni dopo la morte del Merisi. Il percorso porta l’artista spagnolo - rappresentato nelle collezioni di Capodimonte da opere mitologiche e lavori sacri - al centro della scena artistica napoletana.
Domenichino, Angelo Custode, 1615, Olio su tela, Collezione Borbone Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte
Grande città portuale, crogiolo di civiltà diverse, popoli ed espressioni artistiche che hanno impresso le loro tracce nel patrimonio monumentale, costretta a fronteggiare per secoli attacchi, invasioni, catastrofi naturali, Napoli nel XVII secolo esercitò una profonda influenza sulla cultura europea.
Nella rassegna di Capodimonte il Sei e Settecento trovano espressione nella varietà degli artisti di provenienze diverse, dal lombardo Caravaggio agli emiliani Giovanni Lanfranco Domenichino e Guido Reni, dallo spagnolo (ma napoletano d’adozione) Jusepe de Ribera ai francesi Simon Vouet e Pierre-Jacques Volaire, dal bergamasco Cosimo Fanzago ai romani Artemisia Gentileschi e Gregorio Guglielmi, senza trascurare il belga François Duquesnoy.
Pur traendo ispirazione da questi apporti, i napoletani rielaborarano in maniera del tutto personale iconografie, tagli compositivi e utilizzo delle luci, esportando i loro linguaggi in Italia e in Europa. Un esempio tra tutti è il campione della pittura barocca napoletana Luca Giordano che, chiamato a Venezia, a Firenze e in Spagna, influenzò profondamente i pittori locali. Il percorso espositivo parte dalla variegata scena napoletana di inizio Seicento, dominata, alla vigilia dell’arrivo di Caravaggio, da pittori, imprenditori e scopritori di talenti come Belisario Corenzio, Battistello Caracciolo, Francesco Curia, per concludersi con tre capolavori napoletani di secondo Ottocento, che costituiscono altrettanti episodi di “caravaggismo moderno”.
Allestimento della mostra Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli | Courtesy Museo e Real Bosco di Capodimonte
In mezzo corre l’arte napoletana, che include anche le committenze ecclesiastiche, di cui è espressione il monumentale ciborio di Cosimo Fanzago, autentica architettura in miniatura. Di Ribera la mostra espone la celebre Natura morta con testa di caprone, l’Eterno Padre, in Collezione Borbone, proveniente dalla chiesa della Santissima Trinità delle Monache a Napoli, come la Trinitas terrestris con san Bruno, san Benedetto, san Bernardino e san Bonaventura.
Il progressivo recupero delle iconografie e dei cromatismi di Tiziano da parte dei pittori napoletani tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’30 del Seicento, sullo stimolo di Ribera, trapela dal confronto tra il suggestivo Sileno Ebbro di Ribera e il Trionfo di Bacco di Francesco Fracanzano.
I “caravaggeschi a passo ridotto”, come Roberto Longhi aveva definito i maestri attivi nel secondo trentennio del Seicento, che avevano sviluppano invenzioni tratte da Ribera, riducendo composizioni più ambiziose in dipinti dalle dimensioni più contenute, divengono in mostra “ribereschi a passo ridotto”, alla luce degli studi che hanno inquadrato l’artista spagnolo come il pittore più influente nella Napoli della prima metà del Seicento.
Jusepe de Ribera, Apollo e Marsia, 1637, Olio su tela Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte (Legato d’Avalos 1882)
I rapporti della scena napoletana seicentesca con Genova e Venezia sono suggeriti dal David con la testa di Golia del marchigiano Giuseppe Diamantini e, tre decenni più tardi, dal capolavoro del Grechetto, Predoni e armenti.
Due dipinti del pittore e poeta napoletano Salvator Rosa rivelano invece tutta la sua originalità nella trattazione dei temi religiosi. Le stesure morbide di Guido Reni, attivo in città nel 1612 e nel 1619, emergono in mostra attraverso San Rocco, a confronto con il San Sebastiano di Andrea Vaccaro e del francese Nicolas Régnier, mentre una delle più belle nature morte napoletane esplode nella spettacolare cascata sull’acqua delle Ipomee e boules de neige di Andrea Belvedere.
Non manca il flagello della peste che imperversò a Napoli nel 1656, rievocato nel dipinto di Luca Giordano con San Gennaro che intercede per le vittime della peste, mentre la religiosità istintiva e popolare tipica delle processioni della città vicereale si insinua nella Madonna del Rosario di Luca Giordano.
La rassegna non tralascia la percezione del paesaggio napoletano da parte dei pittori stranieri che videro in Napoli una tappa necessaria nell’educazione del Grand Tour. I dipinti di un appassionato del Vesuvio come Pierre Jacques Volaire diventano i capisaldi in un genere di successo. La rappresentazione dei fenomeni naturali più impressionanti, assieme ai chiari di luna e alle eruzioni vulcaniche, contribuirà a generare quella poetica del sublime che grande segno imprimerà nella cultura europea della fine Settecento.
Visitatrice al Museo e Real Bosco di Capodimonte
In vista della mostra Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli, importanti restauri sono stati eseguiti dal Dipartimento di Restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte sulle opere esposte. Alcune opere sono state restaurate grazie al sostegno dell’associazione Amici di Capodimonte Ets, di singoli mecenati o di aziende campane nell’ambito di un progetto più ampio come “Rivelazioni. Finance for Fine Arts” di Borsa Italiana.
Al Museo e Real Bosco di Capodimonte una mostra in corso da oggi, 31 marzo, al 7 gennaio, riapre e rinnova il dibattito inaugurato da Roberto Longhi, che identificava il naturalismo di Caravaggio con la spina dorsale dell’arte napoletana, presentando un’altra lettura del Seicento vesuviano, diventato per amatori e storici il secolo del Merisi.
Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli - questo il titolo del percorso a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello - che si sviluppa nelle 24 sale del secondo piano del museo diretto da Sylvain Bellenger, descrive questo originale punto di vista attraverso 200 opere provenienti esclusivamente dalle collezioni permanenti del museo.
Sulla base degli studi degli ultimi decenni, i curatori della mostra propongono di riconsiderare lo schema di Longhi e di ripensare l’intera articolazione di un secolo che vide brillare le opere di Jusepe de Ribera, uno spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei anni dopo la morte del Merisi. Il percorso porta l’artista spagnolo - rappresentato nelle collezioni di Capodimonte da opere mitologiche e lavori sacri - al centro della scena artistica napoletana.
Domenichino, Angelo Custode, 1615, Olio su tela, Collezione Borbone Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte
Grande città portuale, crogiolo di civiltà diverse, popoli ed espressioni artistiche che hanno impresso le loro tracce nel patrimonio monumentale, costretta a fronteggiare per secoli attacchi, invasioni, catastrofi naturali, Napoli nel XVII secolo esercitò una profonda influenza sulla cultura europea.
Nella rassegna di Capodimonte il Sei e Settecento trovano espressione nella varietà degli artisti di provenienze diverse, dal lombardo Caravaggio agli emiliani Giovanni Lanfranco Domenichino e Guido Reni, dallo spagnolo (ma napoletano d’adozione) Jusepe de Ribera ai francesi Simon Vouet e Pierre-Jacques Volaire, dal bergamasco Cosimo Fanzago ai romani Artemisia Gentileschi e Gregorio Guglielmi, senza trascurare il belga François Duquesnoy.
Pur traendo ispirazione da questi apporti, i napoletani rielaborarano in maniera del tutto personale iconografie, tagli compositivi e utilizzo delle luci, esportando i loro linguaggi in Italia e in Europa. Un esempio tra tutti è il campione della pittura barocca napoletana Luca Giordano che, chiamato a Venezia, a Firenze e in Spagna, influenzò profondamente i pittori locali. Il percorso espositivo parte dalla variegata scena napoletana di inizio Seicento, dominata, alla vigilia dell’arrivo di Caravaggio, da pittori, imprenditori e scopritori di talenti come Belisario Corenzio, Battistello Caracciolo, Francesco Curia, per concludersi con tre capolavori napoletani di secondo Ottocento, che costituiscono altrettanti episodi di “caravaggismo moderno”.
Allestimento della mostra Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli | Courtesy Museo e Real Bosco di Capodimonte
In mezzo corre l’arte napoletana, che include anche le committenze ecclesiastiche, di cui è espressione il monumentale ciborio di Cosimo Fanzago, autentica architettura in miniatura. Di Ribera la mostra espone la celebre Natura morta con testa di caprone, l’Eterno Padre, in Collezione Borbone, proveniente dalla chiesa della Santissima Trinità delle Monache a Napoli, come la Trinitas terrestris con san Bruno, san Benedetto, san Bernardino e san Bonaventura.
Il progressivo recupero delle iconografie e dei cromatismi di Tiziano da parte dei pittori napoletani tra la fine degli anni ’20 e gli anni ’30 del Seicento, sullo stimolo di Ribera, trapela dal confronto tra il suggestivo Sileno Ebbro di Ribera e il Trionfo di Bacco di Francesco Fracanzano.
I “caravaggeschi a passo ridotto”, come Roberto Longhi aveva definito i maestri attivi nel secondo trentennio del Seicento, che avevano sviluppano invenzioni tratte da Ribera, riducendo composizioni più ambiziose in dipinti dalle dimensioni più contenute, divengono in mostra “ribereschi a passo ridotto”, alla luce degli studi che hanno inquadrato l’artista spagnolo come il pittore più influente nella Napoli della prima metà del Seicento.
Jusepe de Ribera, Apollo e Marsia, 1637, Olio su tela Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte (Legato d’Avalos 1882)
I rapporti della scena napoletana seicentesca con Genova e Venezia sono suggeriti dal David con la testa di Golia del marchigiano Giuseppe Diamantini e, tre decenni più tardi, dal capolavoro del Grechetto, Predoni e armenti.
Due dipinti del pittore e poeta napoletano Salvator Rosa rivelano invece tutta la sua originalità nella trattazione dei temi religiosi. Le stesure morbide di Guido Reni, attivo in città nel 1612 e nel 1619, emergono in mostra attraverso San Rocco, a confronto con il San Sebastiano di Andrea Vaccaro e del francese Nicolas Régnier, mentre una delle più belle nature morte napoletane esplode nella spettacolare cascata sull’acqua delle Ipomee e boules de neige di Andrea Belvedere.
Non manca il flagello della peste che imperversò a Napoli nel 1656, rievocato nel dipinto di Luca Giordano con San Gennaro che intercede per le vittime della peste, mentre la religiosità istintiva e popolare tipica delle processioni della città vicereale si insinua nella Madonna del Rosario di Luca Giordano.
La rassegna non tralascia la percezione del paesaggio napoletano da parte dei pittori stranieri che videro in Napoli una tappa necessaria nell’educazione del Grand Tour. I dipinti di un appassionato del Vesuvio come Pierre Jacques Volaire diventano i capisaldi in un genere di successo. La rappresentazione dei fenomeni naturali più impressionanti, assieme ai chiari di luna e alle eruzioni vulcaniche, contribuirà a generare quella poetica del sublime che grande segno imprimerà nella cultura europea della fine Settecento.
Visitatrice al Museo e Real Bosco di Capodimonte
In vista della mostra Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli, importanti restauri sono stati eseguiti dal Dipartimento di Restauro del Museo e Real Bosco di Capodimonte sulle opere esposte. Alcune opere sono state restaurate grazie al sostegno dell’associazione Amici di Capodimonte Ets, di singoli mecenati o di aziende campane nell’ambito di un progetto più ampio come “Rivelazioni. Finance for Fine Arts” di Borsa Italiana.
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