La colorata perfezione degli Iperrealisti

Opera iperrealista
 

17/04/2003

Dal 5 aprile è possibile ammirare, all'interno della bellissima cornice del Chiostro del Bramante a Roma, una straordinaria mostra mai presentata in Italia: Iperrealisti, aperta al pubblico fino al 15 giugno. Sponsorizzata da Chrysler ed organizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della Regione Lazio, la mostra è stata curata da Gianni Mercurio. Quest'ultimo ha dovuto affrontare un lavoro difficilissimo, visto che in Italia mancano collezionisti in questo settore, ma è stato importantissimo il contributo di Louis Meisel, maggior collezionista di opere Iperrealiste. Il movimento Iperrealista (in inglese "Photorealism") nacque in America agli inizi degli anni '70, epoca artisticamente molto snob. Non fu capito da subito: ci si trovava in piena guerra in Vietnam, e i soggetti lucidi e perfetti, ritraenti il consumismo americano, suscitarono aspre critiche. Anche in Europa l'Iperrealismo ebbe vita difficile, soprattutto qui in Italia, dove furono celebri le stroncature di critici quali Giulio Carlo Argan e Gillo Dorfles. L'avversione nasceva dall'antiamericanismo imperante e dalla constatazione che quella riproduzione della realtà fotografica, con annessa ricerca della perfezione visiva, riecheggiasse gli ideali nazisti. In realtà gli iperrealisti non fanno altro che seguire ed estremizzare quello che la Pop Art aveva proclamato: il nostro mondo è ormai dominio delle immagini, esse solo sono imperanti. Ragion per cui il soggetto principale per questi artisti non poteva che essere la fotografia, rivista e molto, molto corretta. "Attraverso l'immagine fotografica" afferma il critico Achille Bonito Oliva, "gli iperrealisti sono riusciti a creare opere in cui il giudizio fosse completamente assente, opere concettuali, in cui l'oggetto si raffredda e l'artista si annulla". Questo è proprio la sensazione che si prova guardando questi quadri. Il talento pittorico di questi artisti risalta su tutto il resto e si rimane visivamente "confusi" guardando quadri che sembrano fotografie e danno vita volentieri ad illusioni ottiche spiazzanti. Ciò vale soprattutto per le sculture di John De Andrea, donne che sembrano più vere di quelle reali, con anche i difetti della pelle. Divertono e meravigliano i coloratissimi oggetti dipinti da Charles Bell e Steven Parrish, che sembrano plastica e vinile, ma soltanto avvicinandosi di molto ci si accorge che si tratta di olio su tela! Fanno riflettere le nature morte di Audrey Flack, così come i paesaggi desolatamente americani di Richard Estes e di John Salt. Ci sono poi le insegne pubblicitarie di Robert Cottingham, gli still-life di Ralph Goings e le cromature di Don Eddy. Non poteva poi mancare Chuck Close, sebbene non completamente iperrealista, ed un'artista giovanissima, Raphaella Spence, nata nel 1978. Un totale di cento opere, che hanno dato vita alla mostra più completa che sia mai stata allestita su questo movimento artistico.