Dal 12 luglio tra il Museo di Santa Giulia e il Castello

Le sculture di Giuseppe Bergomi in mostra a Brescia

Giuseppe Bergomi, Valentina assorta, terracotta, 2022
 

Samantha De Martin

21/06/2024

Brescia - In principio fu la pittura. Nel 1978 Giuseppe Bergomi, fresco di diploma all’accademia di Brera, esordiva alla Galleria dell’Incisione di Brescia con una mostra di soli dipinti, tra i quali Lione 1958.
Due anni dopo, al Centre Beaubourg di Parigi avrebbe visitato la mostra Les realismes 1919-1939 che, come lo stesso pittore affermò, gli permise di capire “di essere caduto in un equivoco”.
Ebbe così inizio, nel 1982, la parabola nell’ambito della scultura con una personale alla Galleria dell’Incisione, dove l'artista, oggi tra i maggiori esponenti della scultura figurativa contemporanea, propose la prima serie di terrecotte policrome.
Il racconto di questa evoluzione caratterizzerà la retrospettiva diffusa Giuseppe Bergomi. Sculture 1982 / 2024, in programma a Brescia dal 12 luglio al 1° dicembre tra i chiostri di San Salvatore e di Santa Maria in Solario del Museo di Santa Giulia e le sale del Grande miglio in Castello.


Giuseppe Bergomi, Nudo nello studio, terracotta

A cura della Fondazione Brescia Musei, il percorso, che abbraccia 84 opere in terracotta e in bronzo, realizzate lungo l’arco di tutta la carriera dell’artista, e ordinato cronologicamente, rende omaggio al maestro bresciano, classe 1953.
Le terrecotte policrome caratterizzate dalla presenza costante come modella della moglie Alma, come anche delle figlie Valentina e Ilaria, sottolineano l’importanza dell’aspetto biografico in ogni sua creazione. Nella fase a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta del secolo scorso, le terrecotte di Bergomi perdono invece il colore.
L’artista riprende così la tradizione scultorea millenaria che affonda le sue radici nella plastica antica, soprattutto quella etrusca, nel tentativo di ricostruire una forma organica attraverso la plasticità della terra.
A questo periodo appartengono opere come Bagnante addormentata (1991), Grande nudo di adolescente (1991) o alcuni ritratti delle figlie Valentina e Ilaria, dove la figura umana è contesa tra il realismo della rappresentazione e la proiezione dei soggetti in una dimensione astratta, ricca di rimandi simbolici.


Giuseppe Bergomi, Ilaria con abito a righe, 1998, terracotta policroma

Gli anni Duemila segnano il passaggio di Bergomi dalla terracotta al bronzo. Inizia una nuova fase del suo lavoro che la mostra mette in luce attraverso opere come Interno di bagno con figura femminile (2001), i busti di Ilaria con cappelli dalle differenti fogge, due bassorilievi della moglie, o ancora un suo Autoritratto (2004), in cui il colore torna a essere l'elemento caratterizzante.
Le creazioni di questi anni, tra le quali la grandiosa Ellisse, allestite in una suggestiva sezione negli spazi esterni del museo di Santa Giulia, incantano per l’incredibile dialogo tra i volumi e le architetture del monastero. Il confronto con la statuaria pubblica è infine la sfida accolta dall’artista negli anni più recenti, come è evidente in Uomini, delfini, parallelepipedi realizzata nel 2000 per l’acquario di Nagoya in Giappone, nel monumento dedicato a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la prima scultura pubblica mai dedicata a Milano a una donna, o in quello per le vittime del Covid, Cacciata dal Paradiso, per il cimitero Vantiniano di Brescia, del quale è presentato in mostra un bozzetto in gesso.

Africa con violoncello, esposta alla Biennale di Venezia del 2011, e l’inedita Colazione a letto (2024) chiudono idealmente il percorso. In questo lavoro Bergomi, attraverso la raffigurazione della moglie, delle figlie e delle nipoti, rende omaggio a tre generazioni della sua famiglia.

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