Marco Gastini. Polifonie
Dal 17 Aprile 2014 al 14 Giugno 2014
Milano
Luogo: Museo Pecci Milano
Indirizzo: Ripa di Porta Ticinese 113
Orari: da martedì a sabato 15-19
Curatori: Stefano Pezzato
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0574 531828
E-Mail info: i.aiazzi@centropecci.it
Sito ufficiale: http://www.centropecci.it/
Dal 17 aprile al 14 giugno 2014 il Museo Pecci Milano, sede distaccata del Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, e SpazioBorgogno presentano un nuovo progetto espositivo di Marco Gastini. Polifonie, composto insieme all'artista come una sintesi della sua ricerca scandita da un percorso inedito in quattro parti, attraverso quattro diverse installazioni realizzate fra il 1977 e il 2011.
Otto pezzi (1977) è la prima "voce" della combinazione fra opere di periodi distinti proposte in questa mostra: una serie di otto tele di varie misure dipinte con la madreperla, sulle cui superfici affiorano segni irregolari di carbone, frequenze sismografiche dell'azione pittorica riportata entro i limiti del quadro dopo l'uscita sulla parete, alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta. Ai segni tracciati in quest'opera fa eco il sommovimento delle otto tele che la compongono, disposte lungo il muro secondo una sequenza ritmica temporale oltreché spaziale. Al di la delle tracce dipinte, è la stessa disposizione delle tele a innescare l'impressione del movimento sulla parete.
L'opera è stata esposta alla John Weber Gallery di New York in una personale tenuta da Gastini l'anno successivo alla sua partecipazione alla XXXVIII Biennale di Venezia (1976), dove proponeva "lavori ottenuti da un insieme, orchestrato, di singole unità" pittoriche, precedenti all'addensamento magmatico e vorticoso di materiali ed elementi come pietre, carbone, legni o vetri trascinati nel fluire della pittura sulla superficie, in continua tensione come a voler estendere la presenza fisica dell'opera nello spazio dell'esposizione e nel tempo della visita.
(In)sinfonia (1987) è un'opera emblematica del passaggio, compiuto da Gastini negli anni Ottanta, dall'analisi sullo "spazio della pittura" all'armonia della tensione fra "segni" plastici e pittorici inseriti nel quadro. Qui ogni elemento è fissato, imprigionato nella trama di cassette di legno che compongono lo sfondo come tessere di mosaico o schermi di videowall uniti a formare un'immagine completa, sottolineata dai frammenti di legno e di ferro che la contengono, al pari delle parentesi inserite nel titolo.
Il contrasto cromatico fra ampi sprazzi di luce e zone di buio intenso, fra il rosa sensuale che domina la composizione e il nero profondo che la aggredisce e la contamina, ribadisce la dimensione dialettica fra lo spazio fisico, terreno e il luogo astratto, mentale della ricerca pittorica di Gastini.
Esposta anch'essa alla John Weber Gallery di New York in una nuova mostra del 1988, l'opera appartiene al periodo in cui l'artista ha superato la tautologia nei titoli per associare l'ideazione e la percezione del lavoro a dimensioni sinestetiche come La voce dei segni (1988, presentata da John Weber) o a condizioni temporali come ...e finire è incominciare (1985-86, dono di Wolfgang Wassermann al Centro Pecci).
Partitura per otto tempi (1998) è una monumentale installazione a parete realizzata in occasione della personale intitolata Il respiro, l'aria, la luce all' Orangerie im Schlosspark Belvedere a Weimar nel 1998: un grande spartito attraversato da dipinti plasticamente distribuiti su una lunga parete come su un pentagramma, scandito spazialmente da sottili trame di tondini di ferro saldati e disposti in battute temporali, in modo da funzionare come riferimento ritmico per un’ improvvisazione sinfonica eseguita davanti all'opera.
Secondo Gastini sono "segni, tracce, gesti del costruire, rarefazioni, attorno a loro attirano altri segni, come centri di concentrazione, creando un campo magnetico in cui il segno dà e rigenera energia contemporaneamente".
Riproposta alla Lenbachhaus di Monaco di Baviera nel 2001, l'opera accosta il campo della pittura al rilievo della scultura, estendendosi sulla superficie e nello spazio. Lo stesso avviene anche nell'opera Senza titolo (1997-98) acquisita dal Centro Pecci in comodato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, dove la pittura si frammenta su teloni e su vetro disponendosi intorno ad un circolo di tondini di ferro, come nell'atto di espandersi.
Terra cantata (2011) è il contrappunto finale della mostra, un'opera presentata nella personale Miraggi e riflessi a Specchia (Lecce) nell’estate del 2011, cinque tocchi di terra, tela e vetro posti al centro di una parete: in questo lavoro di Gastini la relazione proposta non è più quella fra il segno e la materia, fra il quadro e il muro, bensì quella fra la terra e il cielo, l'io e il tutto, ora e sempre. Il riferimento è al mito, senza tempo, evocato nel titolo dell'opera.
Otto pezzi (1977) è la prima "voce" della combinazione fra opere di periodi distinti proposte in questa mostra: una serie di otto tele di varie misure dipinte con la madreperla, sulle cui superfici affiorano segni irregolari di carbone, frequenze sismografiche dell'azione pittorica riportata entro i limiti del quadro dopo l'uscita sulla parete, alla fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta. Ai segni tracciati in quest'opera fa eco il sommovimento delle otto tele che la compongono, disposte lungo il muro secondo una sequenza ritmica temporale oltreché spaziale. Al di la delle tracce dipinte, è la stessa disposizione delle tele a innescare l'impressione del movimento sulla parete.
L'opera è stata esposta alla John Weber Gallery di New York in una personale tenuta da Gastini l'anno successivo alla sua partecipazione alla XXXVIII Biennale di Venezia (1976), dove proponeva "lavori ottenuti da un insieme, orchestrato, di singole unità" pittoriche, precedenti all'addensamento magmatico e vorticoso di materiali ed elementi come pietre, carbone, legni o vetri trascinati nel fluire della pittura sulla superficie, in continua tensione come a voler estendere la presenza fisica dell'opera nello spazio dell'esposizione e nel tempo della visita.
(In)sinfonia (1987) è un'opera emblematica del passaggio, compiuto da Gastini negli anni Ottanta, dall'analisi sullo "spazio della pittura" all'armonia della tensione fra "segni" plastici e pittorici inseriti nel quadro. Qui ogni elemento è fissato, imprigionato nella trama di cassette di legno che compongono lo sfondo come tessere di mosaico o schermi di videowall uniti a formare un'immagine completa, sottolineata dai frammenti di legno e di ferro che la contengono, al pari delle parentesi inserite nel titolo.
Il contrasto cromatico fra ampi sprazzi di luce e zone di buio intenso, fra il rosa sensuale che domina la composizione e il nero profondo che la aggredisce e la contamina, ribadisce la dimensione dialettica fra lo spazio fisico, terreno e il luogo astratto, mentale della ricerca pittorica di Gastini.
Esposta anch'essa alla John Weber Gallery di New York in una nuova mostra del 1988, l'opera appartiene al periodo in cui l'artista ha superato la tautologia nei titoli per associare l'ideazione e la percezione del lavoro a dimensioni sinestetiche come La voce dei segni (1988, presentata da John Weber) o a condizioni temporali come ...e finire è incominciare (1985-86, dono di Wolfgang Wassermann al Centro Pecci).
Partitura per otto tempi (1998) è una monumentale installazione a parete realizzata in occasione della personale intitolata Il respiro, l'aria, la luce all' Orangerie im Schlosspark Belvedere a Weimar nel 1998: un grande spartito attraversato da dipinti plasticamente distribuiti su una lunga parete come su un pentagramma, scandito spazialmente da sottili trame di tondini di ferro saldati e disposti in battute temporali, in modo da funzionare come riferimento ritmico per un’ improvvisazione sinfonica eseguita davanti all'opera.
Secondo Gastini sono "segni, tracce, gesti del costruire, rarefazioni, attorno a loro attirano altri segni, come centri di concentrazione, creando un campo magnetico in cui il segno dà e rigenera energia contemporaneamente".
Riproposta alla Lenbachhaus di Monaco di Baviera nel 2001, l'opera accosta il campo della pittura al rilievo della scultura, estendendosi sulla superficie e nello spazio. Lo stesso avviene anche nell'opera Senza titolo (1997-98) acquisita dal Centro Pecci in comodato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, dove la pittura si frammenta su teloni e su vetro disponendosi intorno ad un circolo di tondini di ferro, come nell'atto di espandersi.
Terra cantata (2011) è il contrappunto finale della mostra, un'opera presentata nella personale Miraggi e riflessi a Specchia (Lecce) nell’estate del 2011, cinque tocchi di terra, tela e vetro posti al centro di una parete: in questo lavoro di Gastini la relazione proposta non è più quella fra il segno e la materia, fra il quadro e il muro, bensì quella fra la terra e il cielo, l'io e il tutto, ora e sempre. Il riferimento è al mito, senza tempo, evocato nel titolo dell'opera.
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