Salvador Dalí. Me ne faccio un baffo
Dal 14 Gennaio 2020 al 06 Marzo 2020
Milano
Luogo: Kasa dei Libri
Indirizzo: Largo De Benedetti 4
Orari: dal lunedì al venerdì 10-13 / 15-18
Curatori: Andrea Kerbaker
Prolungata: fino al 6 marzo 2020
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02.66989018
E-Mail info: mostre@lakasadeilibri.it
Dici Dalí e pensi subito al personaggio: quello eccentrico, bizzarro, della smodata passione per i rinoceronti (“Il rinoceronte è l'unico animale che trasporta un’incredibile somma di conoscenza cosmica all’interno della sua armatura”) e dagli inconfondibili baffi (che del resto abbiamo usato anche noi, nel titolo e nell’invito). E naturalmente, se fai una mostra dedicata a lui, seguendo i canoni pop della Kasa dei Libri, questo aspetto non può mancare: infatti c’è, e occupa un’intera sezione del sesto piano gremita di testimonianze delle bizzarrie del personaggio: le bottiglie che ha disegnato, le pubblicità per una cioccolata, le improbabili foto con Amanda Lear in un angolo della villa di Cadaqués attrezzato con una vecchia pubblicità di pneumatici Pirelli, i libri delle sue ricette, i cataloghi dei suoi gioielli, e via dalieggiando, fino ad arrivare ai costumi con la sua maschera che hanno spopolato in anni recenti nella Casa de papel.
E tuttavia questo approccio su Dalí rischia di essere fuorviante: se è certamente vero che l’uomo è stato anche questa summa di stravaganze, così ragionando si rischia di sottovalutare la sua caratura di artista. E invece Dalí è stato artista superbo, molto consapevole, che ha lasciato tracce importantissime di sé. E il mondo dei libri non fa eccezione, con contributi straordinari per qualità e – spesso – irreperibilità, da fare di molti dei volumi di e su Dalí dei veri e propri inediti d’artista. È questo il vero oggetto della mostra alla Kasa dei Libri.
Prima di tutto, noblesse oblige, viene il Dalí illustratore, con testimonianze davvero svariate e molto differenti. Se ovviamente uno degli esempi più interessanti è il Don Chisciotte, sul quale l’artista si è esercitato in più occasioni, molti altri classici lo hanno attratto, a volte in maniera decisamente inattesa. In mostra, tra i tanti, ci sono un Macbeth illustrato del 1946, il sontuoso programma di sala per il Come vi piace di Shakespeare che Luchino Visconti mise in scena nel 1948 al teatro Eliseo di Roma con – tra gli altri - Vittorio Gassman e Paolo Stoppa (altri tempi…), ma anche uno spettacolare Padre nostro degli anni Sessanta in cui mi ero imbattuto per caso tanti anni fa e una decina di tavole litografiche originali composte per la Bibbia negli anni Sessanta (trovate a pochi euro in un negozio qui a Milano, non vi dico dove per non suscitare invidie e imbarazzi – ma ovviamente chi le possedeva non le aveva riconosciute). Da segnalare anche uno dei testi capitali del surrealismo, le Notes sur la poésie di André Breton e Paul Éluard, pubblicate con un’illustrazione di Dalí in un pugno di copie nel 1936, oppure Wine, Women and Words un bizzarro volume americano di tale Billy Rose, cantante e impresario newyorkese, che non mi risulta mai tradotto in italiano. Ho lasciato per ultimo uno dei piatti forti di Dalí illustratore, la Divina Commedia. Illustrando tutti i canti in un crescendo affascinante, Dalí ne fa un vero e proprio percorso che si può leggere come uno sforzo interpretativo, come solo i grandissimi sanno fare. La Kasa ospita tutte e 100 le tavole, in un iter coinvolgente che si snoda attraverso i tre piani dei nostri appartamenti: un’ascesa che ovviamente segue anche quella del poema.
Mettere insieme questi libri è stato un esercizio piuttosto spassoso, anche perché tutto questo percorso così variegato è punteggiato dai testi che Dalí ha scritto come autore, ben più numerosi di quanto si sia inclini a pensare; e ogni volta la lettura ha garantito momenti di ilarità assoluta. Anche in questo caso la strada parte da lontano: da alcuni introvabili volumi prodotti ai tempi del surrealismo (Métamorphosis of Narcissus, del 1937, esposto in una delle 550 copie inglesi della prima edizione con in copertina una fotografia originale di Cecil Beaton) per poi infittirsi nel dopoguerra con un romanzo (Hidden faces, Visi celati, di cui esponiamo anche una rara versione giapponese – che però non ho letto) e svariati pamphlet dai titoli variamente astrusi come Les cocus de l’art moderne (I cornuti dell’arte moderna), che inizia così: “È con queste parole con cui ho cominciato la mia già celeberrima conferenza alla Sorbona del 16 dicembre 1955, e in questo stesso modo intendo cominciare questo libello di cui ogni riga sta già per divenire un classico, non fosse altro che per lo stridio della carta su cui scrivo”. Oppure il Procès en diffamation, dove Dalí si racconta così. “Una cosa è assolutamente certa. Con il metodo paranoico-critico ho guadagnato tutti i soldi che ho. Negli ambienti poveri e soprattutto in quelli artistici è molto noto che un pittore inizia a essere rispettato il giorno in cui si compera una macchina, soprattutto se ne compra una molto cara, ancor di più se, oltre alla macchina carissima, può permettersi un autista di buona qualità. Dalí è anarchico e monarchico, quindi contro la società dei consumi. Ha orrore delle macchine e degli oggetti meccanici”… e così via. O ancora Comment on devient Dalí (Come si diventa Dalí), di cui presentiamo la prima edizione, uscita con 33 illustrazioni originali a Parigi nel 1973, un libro di quasi 400 pagine di affermazioni altrettanto roboanti.
A corollario del tutto, i cataloghi delle mostre di Dalí in tutto il mondo, a volte con i poster dedicati, e le monografie o gli studi particolari, a cominciare da un articolo del 1928 – l’artista ha 24 anni – su «La nova revista» di Barcellona, passando attraverso l’amicizia con Buñuel e García Lorca o l’edizione originale di un saggio pochissimo noto di George Orwell, Dickens, Dalí and Others, pubblicato negli Stati Uniti nel 1948.
È stato insomma un viaggio nella cultura del Novecento, una gran cultura, ovunque si guardi. E quando c’era qualcosa di importante Salvador Dalí, con il suo carattere bizzarro, l’egocentrismo sfrenato, l’esibizionismo a volte insopportabile, c’era sempre e comunque.
Inaugurazione 14 gennaio ore 18
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