La campagna romana
Alberi nella campagna romana di Giacomo Balla
30/01/2002
Verso la metà del XVII secolo, quando i pittori hanno cominciato ad interessarsi al paesaggio, la campagna intorno a Roma è entrata nel novero dei soggetti più rappresentati. Numerosi giovani artisti, giunti nella capitale per studiarvi l’antichità o realizzare vedute della città sognata, stregati dal fascino malinconico della campagna, si sono poi dedicati esclusivamente a riprodurne angoli, atmosfere, come se avessero solo allora scoperto la propria vocazione più autentica.
Alla fine del Settecento era abitudine dei pittori residenti a Roma trascorrere di tanto in tanto qualche giorno a Tivoli, a Frascati o ad Ariccia. Qui, muniti di carta e matita (o pennello), passavano giornate intere a ritrarre cascate, boschi sontuosi, laghi e mandrie di buoi al pascolo. La sera, stanchi ma felici, confrontavano i lavori intorno al fuoco, spesso davanti copiose caraffe di vino. La vasta area appariva ai protagonisti del Grand Tour come il luogo della solitudine e del silenzio e al contempo un preludio, compassato e felice, alla monumentalità della città eterna.
Camille Corot, in Italia dal 1825 al 1828 e nel 1834 e 1843, amava ritirarsi solitario nelle zone dell’entroterra laziale (a Civita Castellana), a diretto contatto con una natura esuberante e spontanea.
Negli stessi anni gli artisti nordici, scandinavi e tedeschi soprattutto, organizzavano d’estate a Cervara una grande festa in onore proprio della campagna, maestra di vita e musa ispiratrice. Il loro sguardo si posava sul lavoro dei campi, sulla dura realtà contadina, indagata senza pietismo e anzi con lucida razionalità. Con il passare del tempo, in epoca di industrializzazione e inurbamento, i pittori presero a conferire ai dintorni di Roma caratteri nuovi: essi divennero il luogo del ritorno alla semplicità primitiva, del sogno interrotto, dell’infanzia della civiltà (perduta per sempre).
E’ al mito della campagna romana (territorio compreso a Nord dal monte Soratte, a Sud da Terracina e ad Est dai monti Tiburtini) che è dedicata la mostra "La Campagna Romana da Hackert a Balla" aperta al Museo del Corso a Roma. A guardarli con gli occhi contemporanei, quei pascoli sterminati e quelle colline verdeggianti, c’è da rimanere di sasso. La bonifica intrapresa dopo l’Unità e nel periodo tra le due guerre ha dato infatti il primo colpo mortale al paesaggio lacustre del Lazio meridionale; l’espansione edilizia di Roma, dopo il 1870, ha devastato l’area intorno alle mura aureliane; le autostrade, la rete viaria e ferroviaria, l’abusivismo edilizio degli anni Cinquanta e Sessanta hanno fatto il resto.
Sulle tele e i fogli di carta degli artisti rimane il ricordo (vivo e appassionato) di un paesaggio che fu.
La Campagna Romana da Hackert a Balla
Roma, Museo del Corso
Fino al 24 febbraio
Orario: 10h-20h, chiuso il lunedì.
Biglietto: 7,74 euro
Catalogo De Luca
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