Fino al 16 febbraio 2025
Una gioiosa magia. Al Mudec l’arte secondo Niki de Saint Phalle
Niki de Saint Phalle, Les trois Graces, Mudec I Foto © Carlotta Coppo
Francesca Grego
07/10/2024
Milano - All’inizio degli anni Sessanta spara su sacchetti di colore che esplodono colando sulla tela come rivoli di sangue: sono i Tirs, catartici colpi di carabina indirizzati contro la violenza della Guerra Fredda e del conflitto franco-algerino, contro un sistema dell’arte ancora declinato al maschile, contro il padre che ha abusato di lei quando era bambina. Sul finire del decennio crea le prime Nanas, iconiche figure femminili dalle forme esuberanti, ambasciatrici di una società diversa e felice. Nel 1998 inaugura in Italia il Giardino dei Tarocchi di Capalbio, parco di sculture coloratissime e monumentali iniziato vent’anni prima. Ma bisognerà aspettare più di 25 anni prima che nel nostro Paese venga allestita una grande mostra su Niki de Saint Phalle (1930-2002).
Il momento è finalmente arrivato: dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio l’artista franco-americana sarà al Mudec per offrirci un viaggio a 360 gradi nel suo universo immaginifico e multiforme. “Niki de Saint Phalle è oggi considerata una delle artiste più importanti del XX secolo”, spiega la curatrice Lucia Pesapane: “Ha saputo, come pochi artisti prima, utilizzare lo schermo e i media per promuovere la sua arte e il suo impegno sociale nei confronti delle minorità e dei più fragili, malati, bambini e animali. Questa responsabilità si è tradotta in un'arte gioiosa, inclusiva, in grado di veicolare attraverso opere comprensibili e amate da tutte le generazioni un discorso attento alle diversità, non-eurocentrico e non-gerarchico. L’artista fa breccia perché la sua opera parla di libertà e di diritti e ci dimostra che ribellarsi è sano, necessario, indispensabile. La sua arte ci offre un rimedio possibile contro l'ingiustizia, un conforto, è un accesso alla bellezza”.
Niki de Saint Phalle, Mudec. Photo © Carlotta Coppo
Realizzata in collaborazione con la Niki de Saint Phalle Charitable Art Foundation, la mostra porta a Milano 110 opere: sculture di grandi dimensioni, lavori su carta, video e abiti scelti con cura per raccontare l’intera carriera dell’artista, trasportarci nella sua fantasia visionaria e profetica, aprire una finestra sul suo vissuto personale come donna, pittrice, scultrice, performer, autrice di film sperimentali. L’esposizione è resa ancora più interessante dalla prossima apertura a Milano di una grande mostra dedicata a Jean Tinguely, marito di Niki e altro grande protagonista dell’arte del Novecento, dal 10 ottobre al Pirelli HangarBicocca. La città è legata ai due artisti fin dagli anni Sessanta, quando ospitò la prima esposizione di quello che sarebbe diventato il gruppo dei Nouveaux Réalistes, dove Saint Phalle si distinse come unica donna tra nomi come Yves Klein, Christo, César Baldaccini, Daniel Spoerri, Jacques Villeglé, Gerard Deschamps, Edoardo Puglisi, Mimmo Rotella, Arman. “La storia d'amore con Jean Tinguely fu intensa, passionale, esplosiva”, racconta Lucia Pesapane, curatrice di entrambi i progetti: “Uno lo Yin e l'altro lo Yang, Venere e Vulcano, furono i Bonnie e Clyde dell'arte. La dualità e la complementarietà tra i due si esprime attraverso l’accostamento di materiali diversi, colori opposti, forme asimmetriche che riescono però a creare una polifonia sorprendente”.
Niki de Saint Phalle presso Soisy-sur-École, Aprile 1983 © Photo Leonardo Bezzola
In otto sezioni, l’itinerario del Mudec ricostruisce l’evoluzione di Saint Phalle dagli esordi fino agli ultimi lavori, ripercorrendo attraverso il mondo colorato, polimorfo, tondeggiante e materno delle sue Nanas - e non solo - una vita personale decisamente complessa. Negli anni l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore e per poi ricostruire, rompendo gli schemi attraverso provocazioni e lasciando infine un’impronta duratura nel mondo dell’arte.
Nata a Neully-sur-Seine e trapiantata giovanissima a New York, Niki ha fin da subito la sensazione di essere una cittadina del mondo: le collezioni di arte egizia del MET visitate da bambina la impressionano, le prime mostre di Jackson Pollock a New York e di Jean Dubuffet a Parigi le torneranno in mente quando inizierà la sua attività di artista. Il movimento femminista è di là da venire, ma lei - ventenne bella e ribelle negli anni Cinquanta - si accorge presto che i ruoli tradizionali di moglie e madre le stanno stretti. L’arte sarà espressione del suo dissenso e terapia per il dolore. In mostra a rappresentare questo periodo sono i Tirs (Spari), all’incrocio tra performance, arte corporale, scultura e pittura, o gli assemblaggi di oggetti di plastica e tessuto che rappresentano Spose, Parti, Streghe e Prostitute, i ruoli in cui le società patriarcali hanno ingabbiato le donne attraverso i secoli.
Niki de Saint Phalle, Mudec. Photo © Carlotta Coppo
A ribaltare la situazione arrivano le Nanas: lontane dagli stereotipi, colorate, gioiose e potenti, richiamano nel nome la divinità sumera guardiana dell’Eufrate, ma anche la tata di Niki a New York. Realizzate inizialmente in tessuto e cartapesta, poi in resina colorata, sono “la versione pop della Grande Madre dei miti arcaici, moderne Veneri di Willendorf dal
corpo abbondante che si espande in una gravidanza cosmica”, spiega la curatrice: felici e robuste, si fanno sempre più grandi e aprono il loro corpo per diventare Nana-case in cui vivere, sognare o ritrovarsi. Ci sono anche Nanas nere, in ricordo dell’infanzia a New York all’epoca della segregazione razziale o in omaggio alle Black Panther, il movimento rivoluzionario afroamericano fondato in California. “Dopo aver sparato contro la pittura, dopo aver gridato contro gli stereotipi di genere - continua Pesapane - Niki de Saint Phalle si circonda di un'armata di Nana per creare una nuova società matriarcale. Le sue sculture scendono in piazza, ballano, accettano e amano le loro curve sexy e generose, sono libere”.
Niki de Saint Phalle, The Tarot Garden / Il Giardino dei Tarocchi, 1991, Prestatore: Il Giardino dei Tarocchi © 2024 NIKI CHARITABLE ART FOUNDATION All rights reserved. Photo: Ed Kessler
Un’intera sezione della mostra è dedicata al Giardino dei Tarocchi, realizzato a Capalbio a partire dal 1978 su un terreno offerto da Carlo e Nicola Caracciolo, grazie all’amicizia di Saint Phalle con la sorella Marella Caracciolo Agnelli. Tra modellini e litografie, scopriremo un labirinto magico e surreale abitato da draghi, principesse, oracoli e profeti, dove 22 grandi sculture coperte di mosaici e ceramiche variopinte interpretano gli arcani maggiori dei tarocchi. Il parco di Capalbio non è l’unico lavoro su larga scala realizzato da Saint Phalle, tra le pochissime artiste a misurarsi con le sfide dell’arte pubblica fin dagli anni Settanta: nascono così aree di gioco per bambini, scivoli dalle curve arrotondate, Grandi Giganti Gentili dentro cui nascondersi, fontane musicali e danzanti, angeli protettori sospesi sui soffitti delle stazioni. Tra queste opere spiccano il Cyclop di Milly la Fôret (1969-1994), il Golem e e l'Arca di Noè a Gerusalemme (1972 e 1990-94), la Fontana Stravinsky a Parigi (1983).
Niki de Saint Phalle, Heart / Cuore, 1963. Prestatore: Collezione privata I Courtesy Galerie Georges-Philippe et Nathalie Vallois & Niki Charitable Art Foundation © 2024 NIKI CHARITABLE ART FOUNDATION All rights reserved. Photo André Morin
Da non perdere sono poi i capitoli che raccontano la dimensione personale dell’artista, ricchi di video e interviste, e il suo impegno sociale per l’inclusione, contro il razzismo, in difesa dell’ambiente e degli animali. Infine le opere di Niki dialogano con i tesori del Mudec in nome della sua fascinazione per la diversità culturale, dal mondo mediterraneo a quello indiano e meso-americano: “Mi sento legata a tutte le culture”, scrive: “Mi hanno nutrito, le ho osservate, ho amato così tante cose diverse, che si tratti di arte messicana, amerindiana, italiana o orientale. Mi sono interrogata su di loro, ho visto e amato tutte queste meraviglie. Sono una parte di me stessa. Mi sento unita agli altri esseri umani e alle altre culture”.
Niki de Saint Phalle, Mudec. Photo © Carlotta Coppo
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Niki de Saint Phalle, Mudec. Photo © Carlotta Coppo
Realizzata in collaborazione con la Niki de Saint Phalle Charitable Art Foundation, la mostra porta a Milano 110 opere: sculture di grandi dimensioni, lavori su carta, video e abiti scelti con cura per raccontare l’intera carriera dell’artista, trasportarci nella sua fantasia visionaria e profetica, aprire una finestra sul suo vissuto personale come donna, pittrice, scultrice, performer, autrice di film sperimentali. L’esposizione è resa ancora più interessante dalla prossima apertura a Milano di una grande mostra dedicata a Jean Tinguely, marito di Niki e altro grande protagonista dell’arte del Novecento, dal 10 ottobre al Pirelli HangarBicocca. La città è legata ai due artisti fin dagli anni Sessanta, quando ospitò la prima esposizione di quello che sarebbe diventato il gruppo dei Nouveaux Réalistes, dove Saint Phalle si distinse come unica donna tra nomi come Yves Klein, Christo, César Baldaccini, Daniel Spoerri, Jacques Villeglé, Gerard Deschamps, Edoardo Puglisi, Mimmo Rotella, Arman. “La storia d'amore con Jean Tinguely fu intensa, passionale, esplosiva”, racconta Lucia Pesapane, curatrice di entrambi i progetti: “Uno lo Yin e l'altro lo Yang, Venere e Vulcano, furono i Bonnie e Clyde dell'arte. La dualità e la complementarietà tra i due si esprime attraverso l’accostamento di materiali diversi, colori opposti, forme asimmetriche che riescono però a creare una polifonia sorprendente”.
Niki de Saint Phalle presso Soisy-sur-École, Aprile 1983 © Photo Leonardo Bezzola
In otto sezioni, l’itinerario del Mudec ricostruisce l’evoluzione di Saint Phalle dagli esordi fino agli ultimi lavori, ripercorrendo attraverso il mondo colorato, polimorfo, tondeggiante e materno delle sue Nanas - e non solo - una vita personale decisamente complessa. Negli anni l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore e per poi ricostruire, rompendo gli schemi attraverso provocazioni e lasciando infine un’impronta duratura nel mondo dell’arte.
Nata a Neully-sur-Seine e trapiantata giovanissima a New York, Niki ha fin da subito la sensazione di essere una cittadina del mondo: le collezioni di arte egizia del MET visitate da bambina la impressionano, le prime mostre di Jackson Pollock a New York e di Jean Dubuffet a Parigi le torneranno in mente quando inizierà la sua attività di artista. Il movimento femminista è di là da venire, ma lei - ventenne bella e ribelle negli anni Cinquanta - si accorge presto che i ruoli tradizionali di moglie e madre le stanno stretti. L’arte sarà espressione del suo dissenso e terapia per il dolore. In mostra a rappresentare questo periodo sono i Tirs (Spari), all’incrocio tra performance, arte corporale, scultura e pittura, o gli assemblaggi di oggetti di plastica e tessuto che rappresentano Spose, Parti, Streghe e Prostitute, i ruoli in cui le società patriarcali hanno ingabbiato le donne attraverso i secoli.
Niki de Saint Phalle, Mudec. Photo © Carlotta Coppo
A ribaltare la situazione arrivano le Nanas: lontane dagli stereotipi, colorate, gioiose e potenti, richiamano nel nome la divinità sumera guardiana dell’Eufrate, ma anche la tata di Niki a New York. Realizzate inizialmente in tessuto e cartapesta, poi in resina colorata, sono “la versione pop della Grande Madre dei miti arcaici, moderne Veneri di Willendorf dal
corpo abbondante che si espande in una gravidanza cosmica”, spiega la curatrice: felici e robuste, si fanno sempre più grandi e aprono il loro corpo per diventare Nana-case in cui vivere, sognare o ritrovarsi. Ci sono anche Nanas nere, in ricordo dell’infanzia a New York all’epoca della segregazione razziale o in omaggio alle Black Panther, il movimento rivoluzionario afroamericano fondato in California. “Dopo aver sparato contro la pittura, dopo aver gridato contro gli stereotipi di genere - continua Pesapane - Niki de Saint Phalle si circonda di un'armata di Nana per creare una nuova società matriarcale. Le sue sculture scendono in piazza, ballano, accettano e amano le loro curve sexy e generose, sono libere”.
Niki de Saint Phalle, The Tarot Garden / Il Giardino dei Tarocchi, 1991, Prestatore: Il Giardino dei Tarocchi © 2024 NIKI CHARITABLE ART FOUNDATION All rights reserved. Photo: Ed Kessler
Un’intera sezione della mostra è dedicata al Giardino dei Tarocchi, realizzato a Capalbio a partire dal 1978 su un terreno offerto da Carlo e Nicola Caracciolo, grazie all’amicizia di Saint Phalle con la sorella Marella Caracciolo Agnelli. Tra modellini e litografie, scopriremo un labirinto magico e surreale abitato da draghi, principesse, oracoli e profeti, dove 22 grandi sculture coperte di mosaici e ceramiche variopinte interpretano gli arcani maggiori dei tarocchi. Il parco di Capalbio non è l’unico lavoro su larga scala realizzato da Saint Phalle, tra le pochissime artiste a misurarsi con le sfide dell’arte pubblica fin dagli anni Settanta: nascono così aree di gioco per bambini, scivoli dalle curve arrotondate, Grandi Giganti Gentili dentro cui nascondersi, fontane musicali e danzanti, angeli protettori sospesi sui soffitti delle stazioni. Tra queste opere spiccano il Cyclop di Milly la Fôret (1969-1994), il Golem e e l'Arca di Noè a Gerusalemme (1972 e 1990-94), la Fontana Stravinsky a Parigi (1983).
Niki de Saint Phalle, Heart / Cuore, 1963. Prestatore: Collezione privata I Courtesy Galerie Georges-Philippe et Nathalie Vallois & Niki Charitable Art Foundation © 2024 NIKI CHARITABLE ART FOUNDATION All rights reserved. Photo André Morin
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