A Milano dall'8 maggio al 4 novembre

Dialogo intorno alla caducità. Jago e Caravaggio a confronto all'Ambrosiana

Jago, Natura morta
 

Samantha De Martin

06/05/2025

Milano - Pistole, mitragliatrici, fucili al posto di fichi, mele, grappoli di uva.
Una “natura” morta, ormai contaminata dalla violenza e dalla serialità della produzione umana si fa spazio nel cesto di marmo con cui lo scultore Jago si confronta apertamente con la Canestra di frutta di Caravaggio, tra i capolavori più iconici della collezione della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Dall’8 maggio al 4 novembre l’opera di Jacopo Cardillo (Jago) trasformerà il linguaggio della tradizione in una riflessione cruda e attuale, restituendo una canestra colma di armi, piuttosto che di frutti.
“Natura morta”, opera al centro del dialogo dal titolo Jago e Caravaggio: due sguardi sulla caducità della vita, a cura di Maria Teresa Benedetti e organizzato in collaborazione con Arthemisia, nasce da una profonda ricerca intorno al concetto stesso di fragilità condotta dall’artista che utilizza il marmo come materiale nobile, per trattare temi fondamentali dell’epoca che abita, condividendo il processo produttivo.
Se nella Canestra di frutta di Caravaggio, capolavoro dell’Ambrosiana, la bellezza della frutta matura diventa metafora del tempo che passa e della caducità della vita, Jago spinge questa riflessione oltre, mostrando oggetti costruiti per uccidere, prodotti in serie, svuotati di senso, eppure terribilmente reali, ad oggi parte integrante delle nostre esistenze.
"Con quest’opera - spiega l'artista - ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società, quella che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione".


Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, Canestra di frutta, 1595 circa, Olio su tela, Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Pinacoteca (© Veneranda Biblioteca Ambrosiana / Mondadori Portfolio)

Un messaggio, quello di Jago, eterno, proprio come il marmo, materiale duraturo per eccellenza, scelto per raccontare le ferite del presente. Anche questa volta il gesto scultoreo rimanda alla storia dell’arte italiana, rompendo al contempo con essa per denunciare un mondo dove la morte è diventata un prodotto di consumo.
Cosa resta della vita quando il tempo e l’uomo la consumano?
“La natura non idealizzata, eppure innocente, di Caravaggio - afferma il direttore della Pinacoteca Mons. Alberto Rocca - è spunto per creare un canestro non più colmo dei frutti della terra, bensì di sofisticati e artificiosi strumenti di morte. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana è ben lieta di presentare questa denuncia coraggiosa con una scultura che segna un ulteriore incontro fra passato e presente e che rinnova il linguaggio dell’arte, stimolando una critica intensa e attuale”. Attraverso questo confronto diretto tra la verità della scultura contemporanea e il mistero della pittura seicentesca, Jago porta avanti la sua ricerca su ciò che ci rende umani, scegliendo il prezioso contesto della Pinacoteca Ambrosiana.

Le visite saranno possibili, a partire dall’8 maggio, da lunedì a domenica dalle 10 alle 18 (la biglietteria chiude alle 17.30). Mercoledì chiuso