Dal 5 ottobre a Palazzo Reale
Una ricerca lunga una vita. Giorgio Morandi in mostra a Milano
Giorgio Morandi, Natura morta, 1918, Olio su tela. Milano, Pinacoteca di Brera | © Giorgio Morandi, by SIAE 2023
Francesca Grego
04/10/2023
Milano - “Ritengo che non vi sia nulla di più surreale, nulla di più astratto del reale”, recita un celebre assioma di Giorgio Morandi. Per arrivare a esprimerlo con chiarezza, il celebre pittore novecentesco ci ha messo una vita, un’esistenza interamente consacrata all’arte e alla ricerca tra le quattro pareti della sua stanza-studio bolognese. A Milano una grande mostra ci invita a seguirlo in questa affascinante avventura, tra i temi favoriti - la natura morta, il paesaggio, i fiori, i famigerati vasi coperti di polvere - e le diverse tecniche sperimentate, dalla pittura a olio all’incisione, fino agli acquerelli.
Giorgio Morandi fotografato da Herbert List, 1953 | © International Center of Photography / Magnum Photos
Inaugurata questa mattina a Palazzo Reale, Giorgio Morandi 1890-1964 presenta circa 120 opere del pittore emiliano, con prestigiosi prestiti da collezioni pubbliche e private italiane e internazionali che ne fanno una delle più complete retrospettive dedicate all’opera dell’artista negli ultimi decenni. Ideatrice e curatrice del progetto è la storica dell’arte Maria Cristina Bandera, esperta riconosciuta dell’opera di Morandi.
Tra le peculiarità della mostra figura l’attenzione al legame tra Morandi e Milano: erano infatti lombardi o risiedevano nel capoluogo i primi grandi collezionisti dell’artista - Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Valdameri, De Angeli, Jesi, Jucker, Boschi Di Stefano, Vismara, le cui raccolte sarebbero state in parte donate alla città - e milanese era la Galleria del Milione, con la quale il pittore intrattenne un rapporto privilegiato.
Giorgio Morandi 1890-1964 | Courtesy Palazzo Reale, Milano
Diviso in 34 sezioni, l’itinerario espositivo segue passo dopo passo l’evoluzione di Morandi, con accostamenti inediti pensati per metterne in luce il modus operandi e le trasformazioni stilistiche. Si parte dal 1913 e dai contatti del maestro con le avanguardie del Novecento, che lo porteranno ad assimilare in modo molto personale lo spazio cubista, secondo una traiettoria che unisce Giotto e Cézanne. Punto di arrivo è il 1963, un anno prima della morte del pittore, con una pittura rarefatta e portata all’estremo della verosimiglianza formale che rappresenta la sintesi di cinquant’anni di scavo. L’intera esperienza morandiana si muove tra questi due poli: un confronto precoce con le novità artistiche internazionali - contro il luogo comune che lo vuole isolato in una realtà di provincia - e la formulazione di un linguaggio capace ancora oggi di esprimere le inquietudini della modernità.
A metà del percorso, un’installazione video creata in collaborazione con il Museo Morandi di Bologna invita i visitatori a entrare nell’esistenza quotidiana dell’artista, e precisamente nella camera-studio bolognese di Via Fondazza, oggi museo, dove Morandi visse e lavorò fino ai suoi ultimi giorni, che scopriremo insieme ai frammenti audio di un’incisiva radio-intervista rilasciata a Peppino Mangravite, artista e docente alla Columbia University.
In questa intervista Morandi osserva come “le immagini e i sentimenti suscitati dal mondo visibile, che è un mondo formale”, siano “inesprimibili a parole”. L’arte ha il compito di “far cadere quei diaframmi”, “quelle immagini convenzionali” che si frappongono tra l’uomo e la realtà. Il suo universo simbolico composto da oggetti comuni, scelti per la loro immutabilità,
immunizzati dalla realtà e sospesi dalla loro funzione, già preparati da una sorta di “prima pittura” con la polvere posata dal tempo o con l’aggiunta di velature di vernice, è il pretesto per scavalcare quel diaframma, svelando quanto di astratto è nella realtà. Anche i motivi dei paesaggi - o “paesi”, come preferiva chiamarli - sono sempre desunti dalla realtà visibile: “lavoro costantemente dal vero”, ha spiegato l’artista.
Giorgio Morandi 1890-1964 | Courtesy Palazzo Reale, Milano
E a chi trovava i suoi quadri ripetitivi, nel 1960 Morandi rispose così: “Penso di essere riuscito a evitare questo pericolo dedicando più tempo a progettare ciascuno dei miei dipinti come una variazione sull’uno o l’altro di questi pochi temi”.
Un importante contributo alla comprensione della mostra arriva infine dal catalogo Giorgio Morandi, edito da 24 Ore Cultura, che al saggio “Morandi ieri e oggi” della curatrice Maria Cristina Bandera affianca interventi volti a tracciare le relazioni che l’artista intrattenne con importanti storici dell’arte, come Roberto Longhi, Cesare Brandi, Carlo Ludovico Ragghianti, e collezionisti (Luigi Magnani, Pietro Rollino, Francesco Paolo Ingrao, Emilio Jesi e Lamberto Vitali, curatore del catalogo generale dell’opera di Morandi).
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• Semplicemente El Greco - La grande mostra a Palazzo Reale • Morandi 1890-1964
Giorgio Morandi fotografato da Herbert List, 1953 | © International Center of Photography / Magnum Photos
Inaugurata questa mattina a Palazzo Reale, Giorgio Morandi 1890-1964 presenta circa 120 opere del pittore emiliano, con prestigiosi prestiti da collezioni pubbliche e private italiane e internazionali che ne fanno una delle più complete retrospettive dedicate all’opera dell’artista negli ultimi decenni. Ideatrice e curatrice del progetto è la storica dell’arte Maria Cristina Bandera, esperta riconosciuta dell’opera di Morandi.
Tra le peculiarità della mostra figura l’attenzione al legame tra Morandi e Milano: erano infatti lombardi o risiedevano nel capoluogo i primi grandi collezionisti dell’artista - Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Valdameri, De Angeli, Jesi, Jucker, Boschi Di Stefano, Vismara, le cui raccolte sarebbero state in parte donate alla città - e milanese era la Galleria del Milione, con la quale il pittore intrattenne un rapporto privilegiato.
Giorgio Morandi 1890-1964 | Courtesy Palazzo Reale, Milano
Diviso in 34 sezioni, l’itinerario espositivo segue passo dopo passo l’evoluzione di Morandi, con accostamenti inediti pensati per metterne in luce il modus operandi e le trasformazioni stilistiche. Si parte dal 1913 e dai contatti del maestro con le avanguardie del Novecento, che lo porteranno ad assimilare in modo molto personale lo spazio cubista, secondo una traiettoria che unisce Giotto e Cézanne. Punto di arrivo è il 1963, un anno prima della morte del pittore, con una pittura rarefatta e portata all’estremo della verosimiglianza formale che rappresenta la sintesi di cinquant’anni di scavo. L’intera esperienza morandiana si muove tra questi due poli: un confronto precoce con le novità artistiche internazionali - contro il luogo comune che lo vuole isolato in una realtà di provincia - e la formulazione di un linguaggio capace ancora oggi di esprimere le inquietudini della modernità.
A metà del percorso, un’installazione video creata in collaborazione con il Museo Morandi di Bologna invita i visitatori a entrare nell’esistenza quotidiana dell’artista, e precisamente nella camera-studio bolognese di Via Fondazza, oggi museo, dove Morandi visse e lavorò fino ai suoi ultimi giorni, che scopriremo insieme ai frammenti audio di un’incisiva radio-intervista rilasciata a Peppino Mangravite, artista e docente alla Columbia University.
In questa intervista Morandi osserva come “le immagini e i sentimenti suscitati dal mondo visibile, che è un mondo formale”, siano “inesprimibili a parole”. L’arte ha il compito di “far cadere quei diaframmi”, “quelle immagini convenzionali” che si frappongono tra l’uomo e la realtà. Il suo universo simbolico composto da oggetti comuni, scelti per la loro immutabilità,
immunizzati dalla realtà e sospesi dalla loro funzione, già preparati da una sorta di “prima pittura” con la polvere posata dal tempo o con l’aggiunta di velature di vernice, è il pretesto per scavalcare quel diaframma, svelando quanto di astratto è nella realtà. Anche i motivi dei paesaggi - o “paesi”, come preferiva chiamarli - sono sempre desunti dalla realtà visibile: “lavoro costantemente dal vero”, ha spiegato l’artista.
Giorgio Morandi 1890-1964 | Courtesy Palazzo Reale, Milano
E a chi trovava i suoi quadri ripetitivi, nel 1960 Morandi rispose così: “Penso di essere riuscito a evitare questo pericolo dedicando più tempo a progettare ciascuno dei miei dipinti come una variazione sull’uno o l’altro di questi pochi temi”.
Un importante contributo alla comprensione della mostra arriva infine dal catalogo Giorgio Morandi, edito da 24 Ore Cultura, che al saggio “Morandi ieri e oggi” della curatrice Maria Cristina Bandera affianca interventi volti a tracciare le relazioni che l’artista intrattenne con importanti storici dell’arte, come Roberto Longhi, Cesare Brandi, Carlo Ludovico Ragghianti, e collezionisti (Luigi Magnani, Pietro Rollino, Francesco Paolo Ingrao, Emilio Jesi e Lamberto Vitali, curatore del catalogo generale dell’opera di Morandi).
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